L’esperimento Gerda ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (Lngs) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) ha raggiunto un importantissimo traguardo scientifico: è il primo e il solo esperimento che può vantarsi del titolo di esperimento “privo di fondo” nello studio del rarissimo, e ancora mai osservato, decadimento doppio beta senza emissione di neutrini.
Gerda, infatti, per l’intera durata della presa dati, circa 3 anni, non dovrebbe registrare alcun evento di fondo nell’intervallo di ricerca fissato dalla risoluzione energetica dei rivelatori. Dall’analisi dei dati raccolti nei primi 5 mesi di funzionamento, l’esperimento pone dunque, in queste condizioni, un limite inferiore al suo tempo di dimezzamento (cioè il tempo che deve trascorrere affinché la metà dei nuclei dia luogo al decadimento), pari a 5×1025 anni. I dettagli di questo risultato sono stati pubblicati su Nature.
“Gerda si è posto nelle condizioni ottimali per poter rivelare il decadimento doppio beta senza neutrini”, ha commentato Riccardo Brugnera, responsabile dell’esperimento per l’Infn e professore all’Università di Padova. “Questo risultato – ha sottolineato – è il coronamento di un lungo sforzo in cui i gruppi italiani dell’Infn hanno fornito importanti contributi all’esperimento, nell’hardware, nel software e nella selezione dei materiali più radiopuri”.
“L’esperimento sta continuando a raccogliere dati di ottima qualità e con elevate prestazioni – ha spiegato Luciano Pandola, coordinatore dell’analisi dati di Gerda e ricercatore dei Laboratori Nazionali del Sud dell’Infn – le condizioni ideali per poter sperare in una scoperta”. “Siamo quindi tutti ansiosi di vedere i risultati della prossima analisi sui nuovi dati”, conclude Pandola.
“Gerda si assicura con le sue prestazioni eccelse un posto in prima file tra tutti gli esperimenti in questo momento in funzione nel mondo per poter eventualmente rivelare il decadimento doppio beta senza neutrini”, ha ricordato Matthias Laubenstein, Infn Laboratori Nazionali del Gran Sasso, responsabile locale di Gerda. “E’ molto bello raccogliere ora i frutti del proprio lavoro che si è investito in tanti anni in questo progetto”.
Storicamente lo studio dei neutrini ha sempre prodotto importanti avanzamenti nella conoscenza della fisica delle particelle elementari. A riprova di ciò, il fatto che ben quattro premi Nobel siano stati assegnati per ricerche correlate con i neutrini. I neutrini sono particelle molto difficili da rivelare: hanno massa piccolissima, quasi nulla, e interagiscono pochissimo con la materia. Giocano però un ruolo centrale nel funzionamento delle stelle, nell’esplosione delle supernovae e nella formazione degli elementi durante il Big Bang.
Una loro proprietà fondamentale è al momento ancora sconosciuta: i neutrini sono particelle di Majorana? Vale a dire sono identiche alle loro antiparticelle, o non lo sono? Nel caso lo fossero, dovrebbe esistere il decadimento doppio beta senza neutrini: un processo proibito secondo il Modello Standard delle particelle elementari e ancora mai osservato sperimentalmente, ma previsto invece da molte altre teorie, come per esempio da quelle che cercano di spiegare l’assenza di antimateria nel nostro universo. Inoltre, se i neutrini fossero le particelle ipotizzate da Ettore Majorana 80 anni fa, sarebbero l’unica particella elementare, finora nota, in grado di acquisire massa senza bisogno del bosone di Higgs.
Gerda continuerà a funzionare fino a metà del 2019, quadruplicando i dati ottenuti finora e rimanendo “privo di fondo”. Alla fine dell’esperimento la sensibilità sul tempo di dimezzamento supererà i 1026 anni.
Source: www.agi.it
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