Gli scontri brutali e gli anni vissuti sotto l’Isis hanno causato pericolosi danni psicologici ai bambini di Mosul, come mostra una nuova ricerca di Save the Children, l’organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare la vita dei bambini e garantire loro un futuro, a ogni costo. I bambini sono così profondamente segnati dai ricordi di estrema violenza e deprivazione da vivere in una condizione di costante paura per la propria vita, incapaci di mostrare emozioni e afflitti da “incubi a occhi aperti”.
Tutti i bambini coinvolti nell’indagine hanno mostrato chiari segni di “stress tossico”, che può avere un impatto permanente sulla loro salute mentale e fisica e interrompere il loro sviluppo. La perdita di persone amate rappresenta la principale causa di sofferenza per i bambini: il 90% ha riportato la perdita di almeno un membro della famiglia a causa di morte, separazione durante la fuga o sequestro. Un trauma che, unito alle scene di grave violenza alle quali hanno assistito, dall’omicidio al bombardamento della propria casa, compromette la loro salute mentale: la maggioranza dei bambini – e, in particolare, il 78% delle femmine – ha raccontato di non riuscire a dormire o di avere incubi, spesso così vividi da tormentarli durante il giorno.
Quasi tutti i bambini con i quali gli esperti hanno parlato hanno presentato un comportamento “robotico”, rivelandosi incapaci di giocare o mostrare emozioni. Questo il quadro che emerge dallo studio realizzo da Save the Children, attraverso focus group che hanno coinvolto i bambini di un campo per sfollati interni a sud di Mosul, e che è la più ampia analisi sull’impatto del conflitto nella città sulla salute mentale dei più piccoli.
Ad aggravare la situazione le conseguenze del conflitto sulla salute mentale dei genitori, spesso altrettanto segnati dall’esposizione alla violenza e, quindi, non in grado di offrire conforto ai figli. Come ulteriore effetto, la violenza domestica nel campo è aumentata: oltre l’85% dei bambini ha identificato nell’essere picchiato – o nell’assistere agli abusi subiti da altri bambini – una delle maggiori fonti di rabbia e tristezza.
“Se venivamo catturati in strada durante la preghiera, potevamo essere frustati. Decapitavano o fustigavano la gente in strada ogni momento e poi appendevano i corpi a bastoni di metallo per giorni“, ha raccontato Jad, 13 anni, agli operatori di Save the Children. Come lui molti hanno detto di aver assistito alla morte di famigliari e di aver visto cadaveri e sangue nelle strade. Altri hanno riportato storie di parenti colpiti da cecchini o da ordigni, oppure esplosi sulle mine durante la fuga. Diffuso, inoltre, il terrore che l’Isis possa ancora attaccarli, persino nella relativa sicurezza del campo.
“E’ stato impressionante vedere quanto introversi e chiusi fossero diventati i bambini. Raramente sorridevano. è stata così dura che hanno perso la capacità di essere bambini”, afferma Marcia Brophy, operatrice specializzata in salute mentale per il Medio Oriente di Save the Children. “Il tempo trascorso sotto il controllo dell’Isis e la fuga per salvarsi hanno avuto un prezzo davvero terribile. Questi bambini non guariranno in settimane e neppure in mesi. Avranno bisogno di sostegno per i prossimi anni”.
Quando ai bambini è stato chiesto, nell’ambito della ricerca, di indicare una cosa o una caratteristica personale indesiderata da mettere in una borsa magica per potersene liberare, la guerra, le armi, la tristezza e l’Isis sono state scelte con maggiore frequenza. Quando è stato chiesto loro, invece, di mettere nella borsa magica qualcosa che li avrebbe aiutati a sentirsi meglio, hanno spesso avuto difficoltà nel rispondere. Di quelli che lo hanno fatto, la maggior parte ha scelto la felicità e i cari persi.
“I bambini in fuga da Mosul hanno vissuto molti orrori. Hanno patito fame e abusi dentro alla città. L’impatto di tutto questo sui bambini è chiaro: anche se riescono a sopravvivere restano segnati, spezzati. E al momento questo è il modo in cui ci appare il futuro di Mosul”, spiega Ana Locsin, Direttore di Save the Children in Iraq. “Gli aiuti salva-vita come ripari, cibo e acqua sono cruciali in questa crisi, ma il supporto psicologico per aiutare i bambini a riprendersi e a ricostruire dopo le traversie attraversate deve essere una priorità. Il mondo deve fare di più per riparare il danno” conclude Locsin.
Con un supporto adeguato, la maggior parte dei bambini potrebbe essere in grado di ricostruirsi una vita normale, ma è necessario aumentare l’aiuto psicologico sui più piccoli, per evitare che i danni subiti possano diventare permanenti. Lo stress tossico – la forma più pericolosa di risposta allo stress – rilevato nei bambini può, infatti, comportare conseguenze gravi non solo per la salute mentale, ma anche per quella fisica, portando all’aumento dell’incidenza di patologie cardiache, depressione, ansia, forme di diabete e abuso di sostanze. Il supporto psicologico per bambini e genitori è, però, sotto-finanziato in modo cronico, coi bisogni del programma 2017 coperti finora solo per il 2%.
L’intero Piano di risposta umanitaria delle Nazioni Unite 2017 ha ottenuto meno della metà dei fondi necessari1. Per questo motivo Save the Children chiede ai donatori internazionali di accrescere in modo urgente e significativo il supporto alla salute mentale e alla cura psicologica e al Governo dell’Iraq di aumentare l’investimento nella formazione di psicologi e consulenti dell’infanzia.
Source: www.agi.it
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