“Giustizia per Berta Cáceres”. Sotto questo slogan, oggi in tutto il mondo saranno numerose le iniziative per ricordare l’ambientalista honduregna, assassinata un anno fa, il 2 marzo 2016. Un assassinio diventato un caso internazionale, in cui si intrecciano politica, forze armate e gli interessi economici delle multinazionali. In Italia, l’appuntamento è a Roma alle 17 per un sit-in davanti l’ambasciata dell’Honduras (via Giambattista Vico 40).
Leader e cofondatrice del Consiglio delle organizzazioni popolari e dei popoli nativi dell’Honduras (Copinh), Berta Cáceres è stata uccisa nella sua casa a La Esperanza, nella provincia di Intibucá. Da anni lottava contro la costruzione della diga di Agua Zarca, che continua a minacciare i diritti umani e l’ambiente dei popoli nativi Lenca. Per il delitto furono fermate otto persone, fra cui alcuni ex militari dell’esercito e addetti della società incaricata della costruzione della centrale idroelettrica. Ma nessuno è stato condannato e il governo non sembra affatto intenzionato ad andare a fondo nelle indagini. Una spiegazione si può trovare nello scoop pubblicato pochi giorni fa dal “Guardian”. Il quotidiano britannico, documenti alla mano, ha infatti svelato particolari inquietanti sull’omicidio: “È stata uccisa da uomini dell’intelligence militare honduregna legati a squadroni della morte, uno di questi killer era stato addestrato dagli Stati Uniti”. La prova, forse, che l’ambientalista stava disturbando interessi davvero troppo grandi.
“La scandalosa assenza di un’indagine efficace sui responsabili del brutale assassinio di Berta Cáceres – denuncia Amnesty International – costituisce un messaggio intimidatorio per le centinaia di persone che osano mettersi di traverso contro i potenti: se la tua azione, in favore dei diritti umani e ambientali, disturba le persone potenti sarai ucciso”. Nel 2015 Berta Cáceres aveva ottenuto il prestigioso Goldman, da sempre considerato una sorta di Nobel ambientale, proprio per la sua battaglia contro la costruzione della diga di Agua Zarca. Dopo il suo omicidio la scia di sangue non si è purtroppo fermata e altri militanti per l’ambiente e per i diritti umani, esponenti del Copinh in primis, hanno ricevuto intimidazioni e subìto violenze.
Per Bertita Zuniga Cacères, la morte della madre, come quella degli “eroi dell’ambiente”, non sarà però vana. “Continuerà a vivere nelle battaglie degli honduregni, che in suo nome si stanno moltiplicando.
Nonostante le differenze, le organizzazioni sociali e popolari si sono unite. E al grido di ‘Berta è tornata e sarà milioni!’ stanno gettando le basi per formulare un’agenda unitaria che garantisca una mobilitazione permanente”. Secondo un dossier dalla ong inglese Global Witness, sono ben 111 gli omicidi di ambientalisti consumati nel paese centroamericano fra il 2002 e il 2014. La gran parte sono avvenuti dopo il colpo di Stato del 2009, seguito da un’impennata di approvazioni di mega progetti idroelettrici e minerari.
Source: lanuovaecologia.it