Source: freedamedia.it
Si parla molto di calcio al femminile e della nuova, straordinaria, avventura delle azzurre ai Mondiali, iniziata da pochi giorni. Il loro ritorno in campo (dopo vent’anni di assenza) ha dato non solo nuova visibilità al calcio giocato dalle donne, ma ha acceso anche un riflettore su una realtà ormai consolidata da tempo: quella delle tifoserie femminili. Ebbene sì. Anche se non se ne parla quasi mai, le donne sono da tempo presenti sugli spalti per le loro squadre del cuore: si organizzano in gruppi, frequentano gli stadi, non si perdono una partita.
Che siano giocate da uomini o donne, le partite di calcio hanno riscosso da sempre un grande successo tra le donne. Il primo club di tifose risale agli anni ’70 con il Milan Club Stella Saronno (che, come si legge sul sito, “viene fondato appositamente il giorno della festa di S. Agata, patrona delle donne“), a cui segue il gruppo delle tifose del Pescara fondato da Nella Grossi, che oggi è la presidente dell’Anfissc, l’associazione che raccoglie le tifose italiane (esistono quaranta club di supporter al femminile). Nel 2018, l’autrice Marta Elena Casanova ha spiegato il fenomeno del tifo al femminile nel libro: Tifose. Le donne del calcio, dove racconta la vita delle donne che, unendosi attraverso la passione del calcio, sostengono le proprie squadre dagli spalti:
Le donne sono appassionate di calcio da decine di anni. Ed è un fenomeno destinato a crescere, calcolando che una su quattro attualmente si interessa fortemente al calcio.
Questi gruppi al femminile non solo rappresentano le donne che amano il calcio, ma contrastano anche l’antico pregiudizio secondo cui le donne non capiscono di calcio (abbiamo presente la vecchia storia per cui non capiamo il fuorigioco? Ecco). Sebbene il binomio calcio/donne sia ancora difficile da digerire per molti, la storia ci racconta una realtà diversa: in Europa si parla di partecipazione femminile alle partite già da fine ‘800, e anche nel nostro paese, agli inizi del ‘900, il calcio era un gioco molto apprezzato dal pubblico femminile, che ha seguito con passione le partite fino alla formazione di veri e propri club di tifose, negli anni ’70. Grossi spiega:
Inizialmente sono nati quasi in maniera giocosa. Però, certo, c’era anche la voglia di ribadire: siamo donne, ma non per questo non capiamo niente di calcio. Nessuno tra i gruppi che ho analizzato io, però, è nato per protesta. (…) Quando ti senti sempre dire che sei donna, che non capisci nulla di calcio, hai voglia di ribadire come non sia così. Comunque, questi gruppi non restano isolati, ed entrano in contatto con gli altri, quelli misti o esclusivamente maschili.
Chi non va allo stadio, segue comunque le partite da casa; l’amore per il calcio – così come quello per lo sport in generale – non fa distinzioni di sesso, e i gruppi di tifose lo ribadiscono, manifestando liberamente la loro passione e contribuendo a scardinare pregiudizi che ancora interessano le donne e lo sport – il calcio in particolare. Inoltre, le tifoserie femminili promuovono un modo di essere tifosi che si fonda sull’amicizia e la solidarietà.
FIAT sostiene le azzurre nella loro avventura ai Mondiali e l’idea dello sport come uno spazio inclusivo, in grado di unire – anziché dividere – e soprattutto capace di abbattere anche i pregiudizi più difficili da scardinare. Luca Napolitano, Head of EMEA Fiat & Abarth Brand, ha commentato così l’avventura di Fiat a fianco della Federazione Italiana Giuoco Calcio:
Fiat vuole scendere in campo in prima persona per tifare la squadra di tutti gli italiani. Fiat e FIGC hanno appena compiuto 120 anni e continuano a lavorare insieme per affrontare le sfide del prossimo futuro e per continuare a portare l’Italia con successo in tutto il mondo.
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