Ciclicamente si riaccendono le polemiche contro Facebook, accusata di ascoltare di nascosto le conversazioni degli utenti in modo da bersagliarli con pubblicità legate ai loro desideri espressi a voce alta. All’ultima ondata di critiche, nata da un tweet di Pj Vogt, presentatore di un podcast sulla tecnologia chiamato Reply All, ha risposto il vicepresidente delle pubblicità del colosso, Rob Goldman: “Non usiamo – e non abbiamo mai usato – il vostro microfono per le pubblicità. Semplicemente falso”. Il colosso ha sempre respinto questa accusa, ma il mondo della rete diffida: migliaia di persone giurano di aver visto scorrere sulle loro timeline pubblicità di prodotti di cui hanno solo parlato e che, assicurano, non hanno mai cercato sul proprio pc o telefono.
I run ads product at Facebook. We don’t – and have never – used your microphone for ads. Just not true.
— Rob Goldman (@robjective) October 26, 2017
Già in un post di un anno fa Facebook chiariva che il microfono non viene utilizzato: “Alcuni recenti articoli insinuano che noi ascolteremmo le conversazioni delle persone per mostrare loro pubblicità pertinenti. Questo non è vero. Noi mostriamo pubblicità basate sugli interessi delle persone e altre informazioni di profilo, non sulla base di quello di cui parlate. Utilizziamo i vostri microfoni solo con la vostra autorizzazione e se state utilizzando una specifica funzione che ne richiede l’uso. Come registrare un video o utilizzare funzioni aggiuntive”, si legge.
Ma il dubbio rimane, e la percezione degli utenti resiste di fronte alla presa di posizione del social network. Damian Le Nouaill, consulente tecnologico e imprenditore, sostiene che l’applicazione colpevole di registrare le conversazioni fatte in presenza di un telefono sarebbe Instagram, di proprietà di Facebook. Dopo aver parlato di un prodotto che avrebbe potuto volere, Le Nouaill si è visto comparire la promozione di quello stesso prodotto nella timeline di Facebook. Una volta controllate le impostazioni e autorizzazioni del proprio iPhone, ha verificato che l’unica app autorizzata ad accedere al microfono era proprio il social fotografico che, secondo Le Nouaill, darebbe a Facebook le informazioni necessarie per promuovere i prodotti perfetti per i nostri desideri.
Una spiegazione viene suggerita dal Telegraph, per il quale probabilmente la ragione per la quale vediamo pubblicità legate a temi di cui abbiamo parlato è solo una pura coincidenza. Infatti su Internet siamo bombardati da migliaia di contenuti, e a colpirci di più sono quelli a noi più familiari. Come quelli riguardanti qualcosa di cui abbiamo parlato da poco. Questo si chiama ‘fenomeno Baader-Meinhof’ – illusione della frequenza – cioè quel meccanismo che fa sì che a essere notate dal nostro cervello sono cose che in qualche modo sono già state parte di una percezione precedente.
Inoltre Facebook, come ogni servizio online, vive della sua capacità di far incontrare l’utente con le pubblicità che potrebbero colpirlo di più. Per fare ciò vengono usate informazioni estratte non solo dall’utilizzo dell’app stessa, ma anche dalla cronologia del browser e dalle domande fatte ai motori di ricerca.
Source: www.agi.it
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