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Fabio Mollo, il ‘Sud’ come luogo di partenza

25 marzo 2017

Nato e cresciuto nel quartiere ‘Gebbione’ di Reggio Calabria, dopo varie esperienze all’estero, il regista Fabio Mollo nel 2013 esordisce alla regia con un’ottima opera prima, ‘Il sud è niente’, girato nella sua Calabria e con la quale ha fatto il giro del mondo, partecipando a vari festival cinematografici internazionali.

Lo ritroviamo proprio in questi giorni con il suo secondo lungometraggio in sala ‘Il padre d’Italia’, dai contenuti importanti e con due attori-protagonisti di tutto rispetto: la coppia Ragonese-Marinelli.
Nell’intervista ci racconta di questo suo ultimo e interessante lavoro ma anche della sua attività di docente di regia cinematografica e dell’esperienza fatta nel ‘dietro le quinte‘ della serie ‘The Young Pope’ di Sorrentino.

 

“Il padre d’Italia”, oltre che averne firmato la regia, è stato scritto a 4 mani da te insieme alla sceneggiatrice Josella Porto. Da cosa nasce l’idea per il soggetto di questo film?

Alla base di tutto c’è il ragionamento sul concetto di ‘contronatura’, cos’è ‘andare contronatura’, su cosa è naturale, in cosa consiste il passaggio dall’essere figli all’essere genitori. E quindi come il concetto di ‘contronatura’ rientra in tutto questo. Siamo partiti da questo ragionamento e volevamo fare un film che raccontasse, appunto, questa fase delicata della mia generazione ma che lo facesse attraverso una commedia drammatica, ossia un film che facesse riflettere ma che lo facesse con il sorriso.  Dimostrare che esiste il coraggio di chi vede un futuro anche al di fuori di determinati schemi. Il film vuol parlare a chi considera essere genitore basandosi principalmente sull’amore, al di la del legame biologico e di chi riveste il ruolo.

Quando avete creato i personaggi-protagonisti all’interno della storia, avete subito pensato alla coppia di attori Marinelli-Ragonese?

Si abbiamo subito pensato a loro ed è stato un bellissimo regalo riuscire a lavorare con loro perchè sono due grandi attori che ammiravo già da tanto tempo e che mi auguravo un giorno di poter lavorare con loro. Ci sono riuscito al secondo film.

Questo lungometraggio si può definire un road-movie. Un viaggio che si svolge dal nord Italia verso sud, fino ad approdare nella tua terra d’origine che è la Calabria. Il tuo primo film è stato girato interamente in Calabria. Possiamo parlare di richiamo alle radici nei tuoi lavori?

Si, anche se nel caso di quest’ultimo lavoro non c’è un richiamo alle radici quanto più uno slancio verso il futuro. Quindi non necessariamente legato al posto da cui vieni ma più proiettato verso il luogo dove vai. Infatti ne ‘Il padre d’Italia’ il sud non è il posto da dove vengono ma il luogo verso dove vanno i protagonisti. Anzi, secondo me, è bello provare a sganciarsi da questa idea delle origini, nel senso che il sud viene spesso considerato come un luogo di ‘origine’ e basta. Invece proprio in questo film il sud diventa un luogo di partenza, dove l’impossibile ad un certo punto sembra potersi realizzare.

Tu hai anche seguito la lavorazione e il set di “The Young Pope” di Sorrentino durante le riprese della serie. A proposito di questo volevo, chiederti di questa tua esperienza fatta nel ‘dietro le quinte’ di questo progetto e che è sfociato nella realizzazione del tuo  documentario ‘The Young Pope – A tale of filmmaking’.

 

È stata una bellissima esperienza, una grandissima lezione di cinema durata un anno. Stare sul set con Sorrentino e permettermi di seguirlo durante il suo lavoro è stato un privilegio incredibile, mi ha permesso di imparare molto e di crescere professionalmente. Ovviamente è stata anche una bellissima sfida realizzare un documentario narrativo rispetto all’osservazione del ‘dietro le quinte’, è stato molto interessante.

Che differenza c’è tra il concepimento e la realizzazione di un documentario rispetto ad un lungometraggio?

La differenza che sta alla base è, prima di tutto, su quanto si imposta di reale e di fittizio in entrambi i casi. Ad ogni modo vanno trattati alla stessa maniera, sia che si tratti di un film-documentario o di un film di finzione.Vengono trattati con la stessa cura e con la stessa impostazione narrativa.

Hai già in cantiere un prossimo progetto?

Finita la distribuzione de ‘Il padre d’Italia’, inizierò a scrivere il prossimo film in estate.

Oltre al lavoro di cineasta, dal 2014 sei docente di regia cinematografica presso la Rome University of Fine Arts (RUFA) a Roma, è curatore di diversi laboratori di cinema. Com’è l’esperienza dell’insegnamento?

È un’esperienza che mi sta arricchendo tantissimo anche perchè mi mette in contatto con le future generazioni di registi, sceneggiatori. Un’esperienza molto impegnativa alla quale mi dedico con anima e corpo e che trovo molto stimolante. Gli studenti fanno un percorso triennale e spesso producono cortometraggi molto interessanti, è questa è una cosa che mi inorgoglisce moltissimo e mi rende felice per il futuro del cinema italiano.

Quindi, attraverso questa tua esperienza a fianco di giovani leve del cinema italiano di domani, sei positivo? Vedi un bel potenziale, delle valide idee?

Si assolutamente, io credo che di buone idee ce ne siano. Quello che un pò manca è il coraggio di provare a farle, a produrle queste storie. Questo è ancora un settore poco coraggioso dal punto di vista produttivo perchè, invece, di registi coraggiosi e con storie coraggiose ce ne sono.

Sogni nel cassetto?

Andare a vivere in campagna.

Source: www.corrierequotidiano.it

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