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Come sta reagendo l’Europa alla Brexit 

Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha parlato di negoziati “complessi, difficili, a volte conflittuali”, ma l’Unione europea non intende adottare un approccio punitivo nei confronti del Regno Unito nelle trattative che si apriranno formalmente a maggio sulla Brexit.

L’obiettivo è “limitare i danni”: avere “un divorzio il più tranquillo possibile”, come ha spiegato Tusk a Malta per presentare la bozza di linee guida dei negoziati che i leader dovrebbero adottare in un vertice straordinario il prossimo 29 aprile. In un tweet Tusk ha scritto che l’Europa a 27 non avrà un approccio punitivo. La brexit in sé è già sufficientemente punitiva.

Ma nel documento di nove pagine distribuito venerdì alle capitali, l’Ue invia un chiaro messaggio a Londra: i 27 non sono disposti a cedere di un millimetro sulle tre priorità che si sono dati:

  • garantire i diritti dei cittadini europei che risiedono nel Regno Unito
  • ottenere che Londra onori gli impegni finanziari assunti come membro del club
  • risolvere la questione irlandese

Contrariamente ai desiderata di Theresa May, fino a quando non ci saranno progressi sostanziali sulle tre priorita’ l’Ue non aprira’ discussioni sulle relazioni future con il Regno Unito e in particolare l’accordo di libero scambio chiesto dalla premier britannica. “Non ci saranno” negoziati paralleli, ha avvertito Tusk.

1. Evitare un vuoto legale per le imprese

Tusk a Malta ha illustrato le tre priorità dei 27. Nei negoziati sulla Brexit “dobbiamo pensare prima di tutto ai cittadini”, ha detto il presidente del Consiglio europeo. “Dobbiamo evitare un vuoto legale per le nostre imprese, che deriva dal fatto che dopo la Brexit le leggi dell’Ue non si applicheranno più al Regno Unito”, ha spiegato Tusk.

2. Londra ha impegni finanziari con l’UE per 60 miliardi

Inoltre “dobbiamo assicurarci che il Regno Unito onori tutti gli impegni finanziari che ha assunto come stato membro”. Secondo alcune stime, il conto degli impegni finanziari passati assunti da Londra potrebbe ammontare a 60 miliardi di euro.

3. In Irlanda soluzioni per evitare una nuova frontiera

Infine, sulla questione dell’Irlanda del Nord: servono “soluzioni flessibili e creative per evitare il ritorno di una frontiera fisica con l’Irlanda”, ha detto Tusk. In gioco c’è il processo di pace nord-irlandese, con Dublino che già evoca la possibilità di una riunificazione come quella avvenuta in Germania dopo la caduta del muro per tenere tutti gli irlandesi nell’Ue.

Ma il negoziato è molto più ampio e complicato. Sul piano territoriale il Regno Unito e i 27 dovranno trovare una soluzione per Gibilterra. Per la prima volta, l’Ue ha preso posizione a favore della Spagna nel conflitto territoriale che la oppone al Regno Unito, specificando che gli accordi post-Brexit non si applicheranno a Gibilterra senza il consenso di Madrid.

4. Equilibrio tra principi e obblighi

Sul resto – e in particolare le questioni economiche – i 27 si atterranno a una serie di principi: equilibrio tra diritti e obblighi; inseparabilità delle quattro libertà fondamentali del mercato interno; protezione dell’autonomia del diritto europeo; necessità di mantenere una parità di trattamento. “Un non membro non può beneficiare degli stessi benefici di un membro”, spiega un funzionario.

L’Ue affronta l’avvio dei negoziati sulla Brexit convinta di essere in posizione di forza. Senza un accordo consensuale per gestire l’uscita, il Regno Unito si troverebbe nella posizione di un paese terzo, a cui l’Ue applicherebbe le tariffe dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Peggio: Londra non ha le istituzioni e il personale per far funzionare la macchina amministrativa che era stata affidata all’apparato comunitario. Gli effetti sarebbero “catastrofici” sull’attività economica e la vita quotidiana dei cittadini, spiega un alto funzionario Ue.

5. Per Londra un mancato accordo sarebbe catastrofico

L’impatto si farebbe sentire in tutti i settori, dai trasporti al funzionamento delle centrali nucleari, oltre che sulle merci e i servizi che il Regno Unito esporta e importa dall’Europa e dai partner che hanno concluso accordi commerciali con l’Ue. Secondo il funzionario, “un “no deal” (un mancato accordo sulla Brexit, ndr) sarebbe negativo per l’Ue, ma sarebbe molto negativo per il Regno Unito”. Visto il peso dell’Ue nell’economia britannica, “questa è una relazione di interdipendenza asimmetrica”, spiega il funzionario.

Di conseguenza, anche i negoziati saranno asimmetrici: il Regno Unito ha molto più da perdere da un mancato accordo. I 27 hanno promesso di lavorare in modo costruttivo. Ma lo “scenario del “no deal” non puo’ essere escluso. Dobbiamo prepararci”, dice il funzionario. Il grande timore è che, a causa della pressione del suo stesso partito, May non voglia o non possa fare concessioni.

Dentro la Commissione – spiega un’altra fonte comunitaria – ci si prepara già a “una crisi drammatica verso la fine dell’anno”, probabilmente sul conto da 60 miliardi che il Regno Unito potrebbe essere costretto a pagare. La squadra di Jean-Claude Juncker – dice la fonte – valuta le possibilità di un mancato accordo sulla Brexit “a più del 50%”.

Source: www.agi.it

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