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Erasmus compie 30 anni. Tra studio e amori ha cambiato 3,5 milioni di giovani

L’hanno derisa, l’hanno addirittura insultata, ma lei, Sofia Corradi, non si è fatta abbattere: già alla fine degli anni ’60 bussava a tutte le porte perché gli studenti potessero andare all’estero a studiare. Un modo per spingere i giovani a scoprire altri Paesi, studiare le lingue, ma anche innamorarsi, conoscere il mondo, imparare la cultura della tolleranza. E oggi, a 30 anni di distanza dalla nascita di Erasmus, il programma di mobilità studentesca dell’Unione europea, con oltre tre milioni e mezzo di studenti in tutto il mondo coinvolti, si gode il successo. 

Dall’idea di Sofia Corradi all’appoggio di Francois Mitterand

Nato ufficialmente il 24 febbraio 1987, quando l’Europa era ancora divisa in due blocchi ed era in piedi il muro di Berlino, questo programma di mobilità degli studenti universitari all’interno dell’Unione ha formato nel corso degli anni una generazione di giovani più dinamici, con una spiccata attitudine europea e più pronti a trasferirsi all’estero per cogliere le occasioni di lavoro.

L’idea la ebbe nel 1969 Sofia Corradi, una pedagogista (oggi ribattezzata ‘mamma Erasmus’) che la propose alla Conferenza dei rettori delle università italiane. L’idea piacque, ma si dovette aspettare il 1986, quando il presidente francese Francois Mitterrand appoggiò la nascita di Erasmus, il cui nome deriva dall’umanista olandese Erasmo da Rotterdam che viaggiò per diversi anni in Europa.

Oltre 3,5 milioni di studenti coinvolti in 30 anni

Dal 1987 ad oggi gli studenti universitari complessivamente coinvolti a livello europeo hanno superato i tre milioni e mezzo. L’Italia ha contribuito a questo record per il 10%. Il nostro Paese, infatti, insieme a Spagna, Germania e Francia, è quello che ha il maggior numero di studenti in partenza verso le diverse destinazioni europee.

Le prime cinque università italiane per studenti in uscita sono:

  • Alma Mater di Bologna
  • Università degli studi di Padova
  • La Sapienza di Roma
  • Università degli studi di Torino
  • la Statale di Milano.

Le destinazioni più scelte dai ragazzi italiani sono:

  • Spagna
  • Francia
  • Germania
  • Regno Unito
  • Portogallo

Le università che accolgono più studenti dall’estero sono:

  • Bologna
  • Roma
  • Padova
  • Firenze
  • Milano

Sara Pagliai, coordinatrice dell’agenzia Erasmus Plus Indire, una delle tre agenzie che gestiscono il programma in Italia e tra le massime esperte del settore, conferma che l’Italia è nella top 5 in Europa sia come invio (di studenti all’estero) che come accoglienza. “Dall’87 ad oggi il programma è cambiato – spiega – Quando è nato riguardava solo le università, adesso dà delle opportunità di mobilità alle scuole, ai docenti che hanno la possibilità di fare formazione, di aggiornarsi, di visitare le scuole di altri Paesi, sia per breve periodo che lungo (fino ad un anno). Previsti, inoltre, progetti tra gli istituti, scambi di classe o incontri”. Questo ampliamento del programma di mobilità ha messo in circolazione in Europa oltre 6 milioni di persone.

Corradi, “mi insultarono per quella idea ‘balzana’”

La sua idea ora è condivisa in tutto il mondo, ma ci sono voluti anni di lotte. Sofia Corradi, ribattezzata ‘Mamma Erasmus’, ha raccontato all’AGI le ostilità che incontrò nell’ambiente universitario, lei giovane pedagogista, quando nel lontano 1958 concepì l’idea di far riconoscere in Italia gli studi compiuti all’estero dai nostri connazionali. “Mi mancavano tre esami e la tesi per laurearmi in legge e decisi di fare un anno di studio presso la Graduate School of Law della Columbia University – rievoca, nel trentesimo anniversario dell’Erasmus – Tornata in Italia chiesi che i miei studi di diritto fossero riconosciuti come equipollenti ai tre esami, ma la mia richiesta venne rifiutata con ironico disprezzo”.

Questa esperienza personale la portò a riflettere sulla positività del periodo di studio svolto all’estero e a maturare la convinzione che tale opportunità dovesse essere estesa alla generalità degli studenti. Fu l’inizio di Erasmus.

Solo i figli dei ricchi potevano permettersi di studiare all’estero

Ma è nel 1969 che Sofia Corradi comincia a “mettere letteralmente in croce” i membri della Conferenza dei Rettori italiani, suggerendo di “far sì che gli studenti italiani possano, dei quattro anni di università, frequentarne per esempio tre in un’università italiana e uno in un’università straniera”. “L’accoglienza fu più che negativa – sottolinea Corradi – addirittura mi insultarono e dissero che la mia era un’idea balzana”.

Secondo una nota dell’epoca del ministero degli Esteri, ricorda la pedagogista nel suo libro ‘Erasmus ed Erasmus plus, la mobilità internazionale degli studenti universitari’ poteva essere riconosciuta “se lo studente è residente all’estero perché ha la famiglia lì”, ma “non se all’estero ci è andato per studiare”. “Mi hanno fatto una resistenza che ha dell’incredibile – ricorda Corradi – i burocrati temevano che gli studenti andassero all’estero, forse perché avrebbero potuto fare un confronto con i nostri atenei e capire quanto eravamo arretrati”. “Ma io non ho mollato – prosegue – per anni ho distribuito promemoria a tutti, docenti, professori, rettori, e alcuni giornalisti hanno capito bene la posta in gioco della mia battaglia”.

Oggi che Eramus ha coinvolto oltre tre milioni e mezzo di studenti in tutto il mondo, Sofia Corradi si gode il successo del suo impegno. “Posso dire che il programma Erasmus nel suo complesso funziona bene – afferma la professoressa -. Qualche miglioramento può essere fatto nel senso di una sua piena applicazione. Qualche raro docente, magari un po’ egocentrico, ancora oggi fa da ostacolo al riconoscimento dei crediti guadagnati all’estero, mentre dovrebbe essere sicuro che gli esami vengano riconosciuti. Qualcun altro pretenderebbe di utilizzare i fondi per viaggiare lui stesso”.

Fenomeno culturale ‘celebrato’ anche al cinema

Chi va fuori a fare l’Erasmus non impara solamente una lingua straniera ma fa molto di più. Il programma incoraggia l’apprendimento della cultura ospitante e anche un senso di comunità tra gli studenti appartenenti a Paesi diversi. Per questa ragione è diventato un fenomeno culturale molto popolare tra i giovani, ed è stato celebrato anche in diversi film di successo come “L’appartamento spagnolo”, in cui i personaggi provenienti da varie nazioni d’Europa si incontrano a Barcellona, dove passeranno un anno studiando presso l’università locale.

Partire, studiare (e magari trovare anche l’amore)

L’Erasmus ha contribuito a far nascere amori, ci sono stati matrimoni. Secondo un focus pubblicato dalla Commissione nel 2014, basato sulle interviste a oltre 71mila persone tra studenti, ex e staff, il 37% dei giovani Erasmus ha un rapporto affettivo stabile con una persona non italiana. Senza contare che in 30 anni, grazie all’Erasmus, sono nati un milione di bimbi. E’ un dato ufficiale, fornito dalla Commissione europea, che indica quanto il programma abbia contribuito a unire profondamente giovani di diverse culture. A rivelarlo all’AGI è Sara Pagliai, coordinatrice dell’agenzia Erasmus Plus Indire, una delle tre agenzie che gestiscono il programma in Italia e tra le massime esperte del settore.

In crescita i finanziamenti ma ancora insufficienti

In Italia per il 2017 Indire gestisce circa 60 milioni di euro per la mobilità tradizionale degli studenti universitari in ambito europeo, una cifra in crescita rispetto agli altri anni, ma ancora insufficiente a coprire le richieste. Per le destinazioni extra Ue (tra le più richieste i Balcani occidentali e la Georgia) sono invece a disposizione 12 milioni di euro. Pagliai sottolinea che “il finanziamento per Erasmus in Europa su 7 anni è di 14 miliardi di euro per tutti i paesi, e questa è una cifra che sembra elevata ma in realtà rappresenta poco più dell’1% del budget della Ue. Inoltre, bisogna considerare che il programma ha avuto un impatto fortissimo sulla vita delle persone perché ha creato realmente percorsi di cittadinanza europei”.

Una spinta all’imprenditorialità

Dai dati emerge anche gli studenti dei paesi del sud Europa hanno maggiormente beneficiato delle mobilità, riducendo i tempi di disoccupazione. Sul fronte dei tirocini, ad esempio, il 51% degli italiani ha ricevuto un’offerta di lavoro dall’impresa europea in cui ha svolto l’apprendistato. L’esperienza di mobilità stimola anche l’imprenditorialità: in Italia il 32% degli studenti con tirocinio Erasmus è intenzionata ad avviare una start-up e il 9% l’ha già realizzata.

Source: agi.it/cultura

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