Solo in questo primo scorcio di estate 2017, da metà giugno ad oggi, sono andati in fumo ben 26.024 ettari di superfici boschive, pari al 93,8% del totale della superficie bruciata in tutto il 2016. Le regioni italiane più colpite sono la Sicilia con 13.052 ettari distrutti dal fuoco – con uno stillicidio di roghi in quasi tutte le province –, seguita dalla Calabria con 5.826 ettari, la Campania 2.461, Lazio con 1.635, la Puglia 1.541, la Sardegna 496, l’Abruzzo 328, le Marche 264, la Toscana 200, l’Umbria 134 e la Basilicata 84. Sono questi i numeri da capogiro, aggiornati al 12 luglio, elaborati da Legambiente sulla base dei dati raccolti dalla Commissione Europea nell’ambito del progetto Copernico e che vanno a comporre il “Dossier Incendi” realizzato dall’associazione ambientalista, che fa il punto sull’emergenza roghi. Un’emergenza del tutto prevedibile dato l’annuale opera da parte di ecomafie e piromani, aggravata dal caldo torrido e dalla siccità, e che poteva essere affrontata per tempo con efficaci attività di prevenzione che sono mancate. Nel dossier, Legambiente fa il punto sui roghi che stanno devastando la Penisola, analizzando nel dettaglio problemi, criticità, ritardi gestionali; facendo il punto sugli incendi appiccati dagli ecomafiosi e lanciando una serie di proposte a partire dalla definizione di una politica di adattamento ai cambiamenti climatici, rafforzando i controlli grazie anche alla nuova legge sugli ecoreati e aggiornando il catasto.
Il dato più rilevante che emerge dal report è che la gestione dell’emergenza incendi è stata segnata fino ad ora da troppi e ingiustificati ritardi a livello regionale e nazionale a partire dalle Regioni, che si sono mosse con troppa lentezza come dimostrano quelle più devastate dalle fiamme. Ad oggi Campania e Lazio non hanno ancora approvato il Piano AIB 2017 (piano antincendio boschivo) e le relative modalità attuative per organizzare la prevenzione, il lavoro a terra, e gli accordi con i Vigili del Fuoco e con la Protezione Civile. Calabria e Sicilia lo hanno fatto in parte, con grande ritardo, e la Sicilia per altro non ancora stipulato la convenzione con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Unica eccezione la Puglia che si è mossa su entrambi i fronti per tempo, ma non si hanno notizie dell’attivazione dei Centri Operativi Provinciali (COP). Ma il Piano AIB da solo non basta a scongiurare devastazioni e atti dolosi, se non è accompagnato da un’efficace macchina organizzativa e da politiche di gestione forestale sostenibili come dimostra la situazione reale.
Ai ritardi, va aggiunta il numero insufficiente delle squadre di operai forestali e soprattutto l’assenza di strategie e di misure di adattamento al clima. In questo quadro si inserisce anche il processo di riorganizzazione delle funzioni dell’ex Corpo Forestale ora assorbito nell’Arma dei Carabinieri e i ritardi nazionali dovuti al fatto che il Governo e i Ministeri competenti non abbiano ancora approvato i decreti attuativi necessari al completamento del passaggio di competenze, personale, strumenti e mezzi per quanto riguarda l’antincendio boschivo, in modo da garantire su tutto il territorio squadre operative per gestire l’emergenza e svolgere le attività di prevenzione.
“Per sconfiggere gli incendi – dichiara Stefano Ciafani, Direttore generale di Legambiente – serve una sinergia e un impegno effettivo da parte di tutti i diversi soggetti, che hanno un ruolo a livello nazionale e territoriale nell’antincendio boschivo. Per quanto la Protezione Civile nazionale stia facendo da settimane un ottimo lavoro e stia mettendo in campo un impegno notevole su tutti i fronti di incendio principali, è fondamentale che venga rafforzata, che non venga lasciata sola e che si lavori in piena sinergia fino ad ora mancata. È fondamentale che vi sia una concreta assunzione delle proprie responsabilità, in primis da parte di Regioni e Governo, altrimenti il fuoco rischia di avere la meglio. In questa partita è, inoltre, fondamentale che si definisca una concreta politica di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, ma anche più controlli punendo piromani ed ecocriminali, e in questo la legge sugli ecoreati ha portato un importante contributo e introdotto tra i nuovi delitti ambientali nel codice penale anche quello di disastro ambientale che prevede fino a 15 anni di reclusione con aggravanti”.
Numeri, ritardi e analisi Regioni: Intanto l’Italia continua a bruciare: tra il 1 gennaio e il 12 luglio, sono arrivate ben 764 richieste, raggiungendo il record decennale, da parte delle Regioni al COAU, per l’intervento dei mezzi della flotta aerea dello Stato, composta da 14 Canadair, 3 elicotteri del Corpo Nazionale dei vigili del fuoco e 3 elicotteri della Difesa (Dati Protezione Civile). E la Penisola continua ad andare in fiamme soprattutto per mano di piromani ed ecomafiosi: solo nel 2016 sono andati in fumo 27 mila ettari di boschi e aree verdi, per colpa di 4.635 incendi (tra dolosi e colposi) – fonte Rapporto Ecomafia 2017 – con inestimabili danni agli ecosistemi colpiti. Un trend quasi raddoppiato rispetto al 2015 (2.250 incendi). Nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, nel 2016 si siano concentrati nell’ultimo anno più del 58% dei roghi. Le fiamme in queste settimane hanno raggiunto anche diverse aree protette, sempre più fragili e vulnerabili e in sofferenza per il ritardo nell’aggiornamento de piani AIB dei parchi e delle riserve naturali dello Stato che deve predisporre il Ministero dell’Ambiente, attraverso gli Enti Parco, e che poi devono essere assunti, d’intesa con le Regioni interessate, in apposita sezione nei rispettivi Piani AIB delle rispettive Regioni. Allo stato attuale risultano 13 piani AIB vigenti, otto con l’iter non ancora concluso e due Parchi (Stelvio e quello del Cilento e Vallo di Diano) con il piano antincendi recentemente scaduto e da aggiornare. Tra le aree protette più colpite e danneggiate: quella del Vesuvio (nella morsa degli abusivi che usano il fuoco come ritorsione), Majella, Gargano, Alta Murgia, Pollino Sila, Aspromonte con ingenti danni al patrimonio di biodiversità e rischi per l’incolumità delle persone e dei beni.
Nel dossier Legambiente, fa poi il punto sui ritardi delle cinque Regioni più colpite dalle fiamme. Il Lazio, con il 35,2% (605.859 ettari) di superficie regionale forestale, ad oggi è quarta regione per estensione dell’area interessata da incendi (1.635 ettari), non ha ancora approvato il piano AIB 2017 e solo a giugno ha definito e sottoscritto l’apposita convenzione con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, per lo svolgimento delle essenziali funzioni ad esso delegate, per una somma complessiva circa 2.300.000,00 euro. La Campania, che ha ben il 32,7% della superficie regionale coperta da boschi e foreste, con un’estensione totale di 445.274 ettari e ad oggi gli ettari percorsi dal fuoco sono ben 2461 (al 12 luglio), oltre a non aver approvato il Piano AIB 2017, non ha neanche definito e sottoscritto l’apposita convenzione con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, per lo svolgimento delle essenziali funzioni ad esso delegate. Solo in questi ultimi giorni ha emanato le ordinanze sugli incendi boschivi, trasferendo le competenze dall’assessorato all’agricoltura a quello alla Protezione Civile, senza però accompagnare il passaggio con un trasferimento di uomini e mezzi. Ad oggi, inoltre, non risulta fatto anche il passaggio in cui avrebbe dovuto indicare il numero degli operatori impegnati nella lotta attiva agli incendi boschivi con relative fasce di età e in regola con la certificazione di idoneità fisica. Nessuna notizia sull’attivazione dei Centri Operativi Provinciali (COP) per aumentare efficacia ed efficienza nel coordinamento degli interventi a scala territoriale locale. Da segnalare i gravi ritardi di Sicilia e Calabria, nell’approvare il piano antincendio 2017. La Sicilia, che ha 338.171 ettari di foreste e boschi, il 13,1% della superficie regionale, se da una parte ha approvato, lo scorso 10 maggio 2017, il Piano AIB 2017, ad oggi però non ha ancora provveduto a definire e sottoscrivere l’apposita convenzione con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; inoltre non si hanno notizie sull’attivazione dei Centri Operativi Provinciali (COP) per aumentare efficacia ed efficienza nel coordinamento degli interventi a scala territoriale locale. La Calabria, che ha il 40,6% della sua superficie regionale con circa 613.000 ettari di boschi e foreste, di cui, tra metà giugno e inizio luglio, ne sono bruciati 5826, ha approvato il Piano AIB 2017 il 12 giugno 2017 e solo il 4 luglio scorso ha definito e sottoscritto l’apposita convenzione con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, per lo svolgimento delle essenziali funzioni ad esso delegate, destinando la somma complessiva di circa 700.000,00 euro. Non ha inoltre ancora indicato il numero degli operatori impegnati nella lotta attiva agli incendi boschivi con relative fasce di età e in regola con la certificazione di idoneità fisica. La Puglia, con 491 ettari che rappresentano il 9,2% (179.040 ettari) della superficie regionale coperto da boschi e foreste, anche se è la regione che si è mossa con un po’ più di anticipo, approvando il piano AIB lo scorso 24 febbraio 2017, definendo e sottoscrivendo il 30 maggio l’apposita convenzione con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e stanziando la somma complessiva circa 2.000.000,00 euro; d’altra parte però ancora non risulta indicato il numero degli operatori impegnati nella lotta attiva agli incendi boschivi con relative fasce di età e in regola con la certificazione di idoneità fisica e non si hanno notizie dell’attivazione dei Centri Operativi Provinciali (COP). Nella prevenzione e la lotta agli incendi boschivi e per avere una macchina organizzativa efficiente, per Legambiente è fondamentale che si definisca al più presto una politica di adattamento ai cambiamenti climatici, attraverso adeguate politiche forestali. Occorre poi rafforzare il sistema dei controlli e degli interventi delle Forze dell’ordine nei confronti dei criminali che appiccano gli incendi. Oggi, oltre il delitto di incendio doloso di cui all’art. art.423 bis del codice penale, si può e si deve applicare la legge sugli ecoreati (la n.68/2015) e in particolare il reato di disastro ambientale secondo quanto previsto dall’art. 452 quater del codice penale, uno dei nuovi delitti introdotti dalla legge, che usa la mano dura contro chi attenta alla salubrità degli ecosistemi, incrementando le pene fino a 15 anni di reclusione più le aggravanti. A livello nazionale Legambiente chiede al Governo e a Ministeri competenti di approvare i decreti attuativi necessari al completamento del passaggio di competenze, personale, strumenti e mezzi per quanto riguarda l’antincendio boschivo. Alla presidenza del Consiglio e il Ministero degli interni di condividere con la Conferenza delle regioni una convenzione quadro che permetta al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco di semplificare la stipula, regione per regione, di specifiche convenzioni al fine di poter svolgere al meglio, per tempo e in piena efficienza i nuovi compiti assegnati, anche attivando personale ausiliario nei periodi critici.
Per Legambiente è, inoltre, urgente che le Regioni a partire da quelle tradizionalmente maggiormente colpite dagli incendi boschivi, prevedano un’adeguata e diffusa presenza nel territorio boschivo delle squadre di avvistamento e di spegnimento a terra degli incendi boschivi, comunicate a tutti gli Enti territorialmente competenti, e mettano a sistema e a valore l’enorme contributo del volontariato, che quando è stato messo in condizioni di operare, in sinergia e stretto contatto con il sistema complessivo, ha spesso fatto la differenza.
Inderogabile inoltre, al momento, che le Regioni, d’intesa con il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, potenzino i corsi di formazione per le figure che devono svolgere la funzione di direzione delle operazioni di spegnimento (DOS), anche utilizzando le competenze del personale ex CFS ora presente nel CUTFAA. Infine in questa partita, è di fondamentale il ruolo degli Enti locali nella realizzazione e aggiornamento costante del Catasto delle aree percorse dal fuoco, finalizzato alla predisposizione dei vincoli di uso dei suoli, al fine di impedire speculazioni economiche sulle aree dove si siano verificati incendi, così come previsto dalla legge 353/2000. Inoltre, il ruolo degli Enti locali appare prioritario nelle attività di prevenzione degli incendi attraverso la cura e tutela del territorio e delle aree boschive, attraverso lo studio e la predisposizione di misure di mitigazione del rischio, così come le attività di controllo e di avvistamento, necessarie per la realizzazione di interventi tempestivi di spegnimento.
Source: lanuovaecologia.it
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