Siamo abituate a pensare che le storie di successo siano storie di povertà che si trasforma in ricchezza, ma non è sempre così. Anzi, nel caso di Elsa Schiaparelli – uno dei nomi più prestigiosi della nostra moda, nonché inventrice del rosa shocking – si potrebbe quasi dire il contrario.
Elsa nasce a Roma, da una ricca famiglia di intellettuali piemontesi. Il padre è un importante accademico, la madre un membro dell’aristocrazia napoletana – cosa che in futuro le darà un vantaggio rispetto alla “rivale” Coco Chanel, di umili origini. Elsa potrebbe avere una vita agiata e tradizionale, studiando e contraendo un buon matrimonio in giovane età, ma il suo spirito è troppo libero e la sua vena creativa troppo fertile. Siamo nei primi anni del ‘900 e il sogno di Elsa è quello di fare l’attrice. Peccato che questo mestiere, come tutti quelli legati al mondo dello spettacolo, sia considerato troppo frivolo, così la famiglia glielo impedisce. Elsa ha meno di vent’anni, non riesce ad imporsi, tuttavia decide di dedicarsi alla sua seconda passione, la poesia, e pubblica nel 1911 la raccolta di poesie Arethusa, che ottiene un buon riscontro della critica. Il problema? Che il contenuto delle poesie è considerato scabroso, al punto da spingere la famiglia a “esiliarla” in un collegio svizzero. A questo punto, però, Elsa rifiuta di accettare passivamente la sua condanna, e fa sciopero della fame finché la famiglia non la riaccoglie.
La giovane si trasferisce a Londra, una città forse più adatta al suo spirito moderno. Lì conosce il suo primo marito, dal quale, nonostante il matrimonio termini in fretta, ha una figlia, Yvonne. La famiglia si trasferisce a New York per mettersi al riparo dai disordini della Prima Guerra Mondiale, e durante la traversata in nave Elsa incontra la persona che cambierà la sua vita: Gabrielle Picabia, moglie del pittore francese Francis Picabia, che la introdurrà alla corrente dadaista. Proprio il dadaismo sarà la principale fonte di ispirazione della Elsa stilista, ma andiamo con ordine, perché a questo punto cominciano le prime vere difficoltà.
Il matrimonio di Elsa naufraga velocemente, Yvonne si ammala di poliomielite (una malattia gravissima quasi del tutto sconfitta dai vaccini odierni) e la donna si trova per la prima volta ad avere difficoltà economiche tali da spingerla a cercare un lavoro. Lo trova nell’atelier della stilista Nicole Groult, tra le promotrici dello stile androgino detto garçonne.
Elsa si trasferisce nuovamente, questa volta a Parigi, la capitale della moda. Manda la figlia Yvonne, ora guarita, in un collegio, e si dedica totalmente alla sua nuova passione per la moda, che le dà subito ottimi frutti. Nel 1927 apre il suo primo atelier, Pour le Sport, dove disegna e cuce abiti fantasiosi e colorati, che rompono tutte le regole della moda dell’epoca, ispirandosi alle forme e alle tinte del dadaismo. Sono abiti per donne moderne, di carattere, sfrontate e coraggiose. Non per niente il suo stile viene considerato agli antipodi di quello dell’altro astro nascente della moda, la sobria e raffinata Coco Chanel. Entrambe, però, hanno la stessa fondamentale intuizione: il futuro della moda sta nel prêt-à-porter, cioè la produzione di abiti in taglie standard già pronti alla vendita.
Nel 1933 Elsa ha già una succursale a Londra e apre un nuovo atelier a Parigi, questa volta dedicato ai profumi. Anche qui inanella da subito tre grandi successi, le fragranze Schiap, Salut e Souci. La Maison si trasferisce in un edificio di cinque piani, mentre l’estro di Elsa continua a incontrare il genio di artisti come Salvador Dalì, Jean Cocteu e Jean Hugo, coi quali collabora spesso – e il gusto di donne dello spettacolo del calibro di Ginger Rogers, Vivien Leigh, Lauren Bacall, Greta Garbo e Katherine Hepburn. Elsa ha anche un’altra fondamentale intuizione, cioè – in un mondo diretto verso il prêt-à-porter – che la sfilata non debba più essere una vetrina, ma uno spettacolo, un evento mondano.
La Seconda Guerra Mondiale, però, cambia di nuovo le carte in tavola. Elsa torna a New York e alla fine del conflitto, quando rientrerà a Parigi, la sua fama sarà rimasta intatta, ma non il suo successo. Dopo una guerra lo spirito e le priorità sono altre, specie in Europa, ma Elsa non si lascia abbattere e decide di impiegare la sua creatività sfrenata anche al cinema e in teatro, dove disegna costumi iconici come quelli del film Moulin Rouge, diretto da John Huston. Elsa rimane ben al timone della Maison Schiaparelli fino al 1954, quando il marchio passa in altre mani, che l’hanno portato fino a noi.
Elsa Schiaparelli – in modo opposto, eppure simile nello spirito a Coco Chanel – ha rivoluzionato l’immagine della donna. L’ha spinta a esprimersi in ogni sfumatura, a non vergognarsi più di essere appariscente ma anzi, di esserne fiera, e ha infuso in ogni creazione il suo spirito indomito, moderno, fantasioso e inarrestabile.
Source: freedamedia.it
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