Categories: Donne e Moda

Elizabeth Arden, che cambiò per sempre l’idea del make-up

Alcune cose che noi diamo per scontate, o che addirittura consideriamo superficiali, sono state in realtà una parte importante della rivoluzione femminista.

Il rossetto rosso, per esempio. Sapete che è stato sdoganato dalle suffragette di New York nei primi del ‘900? A quel tempo si truccavano soprattutto le prostitute, non era accettabile che le “donne per bene” facessero altrettanto, e proprio quella tinta sfacciata divenne quindi un messaggio di sfida contro il patriarcato.

Questa associazione, però, non nacque dal nulla. A suggerirla fu una donna di nome Elizabeth Arden, titolare dell’omonima azienda di cosmetici. State già pensando a una trovata pubblicitaria? Assolutamente no. Elizabeth era una donna tutta d’un pezzo, determinata ad avere successo quanto a lottare per l’emancipazione, come dimostra la sua militanza nei vari gruppi femministi di quegli anni.

Prima di diventare un’imprenditrice milionaria nel campo della cosmetica, Elizabeth si chiamava Florence Nightingale Graham, ed era la quinta di cinque figli, in una famiglia che riusciva a stento a sfamarsi. Florence cominciò a lavorare molto presto e appena le fu possibile iniziò a studiare da infermiera, perché affascinata dalle lozioni curative, come le creme solari.

Nel 1908 si stabilì a New York City, e ancora molto giovane trovò posto come assistente di un’estetista, dalla quale apprese le basi del mestiere nel corso di due anni. Insieme alle sue competenze, però, crescevano anche i suoi sogni.

Insieme a una collega, Florence aprì un salone sulla Fifth Avenue, con una base di 1000$. La partnership non durò a lungo, ma lei ormai era sicura che il suo posto fosse nell’industria della bellezza, è che proprio lì si nascondesse qualcosa che avrebbe cambiato per sempre l’immagine che il mondo aveva delle donne. Florence, curiosamente, era una conservatrice, e di fatto continuò a supportare il Partito Repubblicano fino alla morte, ma era pur sempre un’imprenditrice, e non poteva che capire la necessità delle donne di farsi finalmente prendere sul serio, tanto nella vita comunitaria quanto in quella lavorativa.

Così, mentre la sua squadra di chimici elaborava le lozioni per il viso che sarebbero diventate il suo marchio di fabbrica, Florence – che ormai si faceva chiamare Elizabeth, come il suo salone – portò avanti una campagna per liberare il make-up dai pregiudizi. Sentirsi padrone del proprio aspetto doveva essere un diritto di tutte,  non uno stigma. Iniziò a truccare le donne lavoratrici, proprio mentre le attrici sdoganavano il messaggio al cinema, e fu così che ombretti e mascara entrarono nelle case.

Durante una marcia femminista del 1912, fu lei stessa a fornire i rossetti rossi alle 15.000 suffragette, che scelsero di indossarli proprio per affermare la loro libertà.

Durante la guerra, poi, per le donne il rossetto rosso divenne sinonimo di combattività, ed Elisabeth creò una linea di prodotti specifici per donne impegnate militarmente.

Il marchio Elizabeth Arden si espanse in tutto il mondo. Prima in Francia, a Parigi, poi in Sud America e Australia. Nel 1930 le cose andavano così bene da fatturare 4 milioni di dollari l’anno nonostante la Grande Depressione.

I prodotti in formato da viaggio? Li ha diffusi lei. I trattamenti completi, le Spa? Tutto inventato da lei. Già che c’era si appassionò di cavalli, e anché lì, eccelse. Nel 1945 finì addirittura su una copertina del TIME per il modo in cui riusciva a dominare nel mondo delle corse, settore tradizionalmente maschile.

La seconda ondata dei moti femministi – quelli degli anni 70, per intenderci – gettò uno sguardo critico sul make-up, che era ormai un elemento portante dell’oggettificazione femminile, ma oggi le donne si stanno riunendo su un terreno più liberale, che dice fondamentalmente: truccati o non truccarti, vedi tu, fai quello che ti fa star bene!


Se siamo arrivate a questo, e soprattutto se possiamo godere di uno dei divertimenti maggiori di essere donna, lo dobbiamo anche ad Elizabeth Arden.

Source: freedamedia.it

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