Italia: il no al glifosato crea lavoro? – Coldiretti: “Se tutte le industrie di pasta lo togliessero, avremmo 20mila posti in più”
“Se tutte le industrie italiane della pasta dicessero no al glifosato si creerebbero 20mila nuovi posti di lavoro in agricoltura”.
Così Coldiretti, in occasione della tre giorni #Stocoicontadini che si è tenuta a fine aprile a Bari. Il tema evocato dall’associazione è quello delle importazioni di grano dal Canada per produrre pasta di industrie italiane. A febbraio è stata approvata – con il favore di Coldiretti – una legge che obbliga le aziende a riportare nell’etichetta di pasta e riso l’origine della materia prima utilizzata.
Ad oggi molti produttori di pasta importano grana dal Canada, precisamente tra Manitoba e Alberta dove c’è il principale granaio del mondo, 1.500 chilometri di praterie coltivate a grano, dove è legale l’uso massivo di glifosato. Questo erbicida viene spruzzato sul terreno prima della semina al fine di eliminare le erbacce, dopo la semina quando il grano germoglia e alla crescita.
Il potente erbicida viene assorbito e finisce nei semi. Per il principio di precauzione, dal momento che alcuni studi rilevano una correlazione tra il cancro e l’esposizione al glifosato, l’Italia ne vieta l’utilizzo. Eppure, solo nel 2017 dal Canada sono arrivata 720milioni di chili di grano all’Italia, a fronte dei 4,3miliardi prodotti nel Belpaese.
Sbarrare la strada al glifosato, anche a quello proveniente dall’estero, potrebbe creare posti di lavoro secondo Coldiretti.
“Attualmente l’Italia può contare su un milione e 350mila ettari di coltivazioni di grano duro che con un aumento di altri 220mila ettari sarà in grado di garantire”, spiega la Coldiretti, “una raccolta in grado di sostituire le importazioni dal Canada con una produzione aggiuntiva di mezzo miliardo di chili di pasta con grano 100% italiano”.
A proposito della difesa dei prodotti alimentari italiani, la Coldiretti lancia un nuovo allarme sul falso made in Italy agroalimentare nel mondo. L’associazione rileva che negli ultimi dieci anni si è registrato un aumento record del 70%, facendo salire ad oltre 100miliardi il valore di questa truffa.
A preoccupare – continua la Coldiretti – è anche la nuova stagione degli accordi commerciali bilaterali inaugurata con il Canada (Ceta) che legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy piu’ prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali.