Source: agi.it
Le cameriere del Gran Caffè Rapallo non sono più le stesse. Hanno grembiule e gonna, certo e anche il fazzoletto al collo, ma invece di muoversi veloci tra i tavoli, scorrono placide lungo un binario e guai a chiedergli qualcosa fuori dai loro preset, perché non degnerebbero il cliente nemmeno di uno sguardo perplesso. Sì, preset, perché le due new entry nello staff dello storico bar sono due robot e vanno avanti in base ai movimenti impostati nella loro scheda madre, che non sono poi tanti: portare ai tavoli i vassoi con le ordinazioni stando attenti a non sbattere contro chi attraversa la loro strada.
Per la verità nemmeno il Gran Caffè Rapallo è più quello di una volta. Il locale amato da Ezra Pound, Ernest Hemingway ed Eugenio Montale è passato nel 2014 in mani cinesi e sul lungomare non si servono più le comannde di Pulitzer e Nobel, ma cucina cinese e italiana, oltre all’immancabile ‘sushi all you can eat’.
Il locale ha mantenuto all’esterno gli stessi tavolini, le stesse sedie e la stessa insegna, ma dentro è cambiato tutto. L’attuale proprietario, Gabriele Hu, nato in Cina, ma da genitori di solida tradizione nell’ospitalità in Italia – padre e nonno hanno smepre lavorato nella ristorazione nel nostro Paese – ha voluto introdurre in questo angolo di Liguria quello che altrove . e soprattutto in Cina – si avvia a diventare la normalità: bracia meccaniche che aiutano quelle umane tra bancone e tavolini.
“Nessun dipendente sarà licenziato” ha assicurato Hu all’edizione cartacea de La Stampa, che ha raccontato la svolta hi-tech dell’antico caffè, “sono una forma di intrattenimento, una cosa in più. Sia ben chiaro: nessuno verrà sostituito dai robot”.
E in effetti non sarebbe nemmeno possibile: gli Xiao Ai, come si chiamano gli automi (letteralmente ‘piccoli amori’, ma è anche il nome dell’assistente vocale sviluppato da Xiaomi per gli smartphone top di gamma dell’azienda cinese) non sono in grado di prendere le ordinazioni e devono essere messi a riposo se il locale è troppo affollato. I comandi in italiano, poi, sono ancora più elementari: nella versione cinese sono in grado di riprodurre musica e di scherzare (in maniera piuttosto basica) con l’interlocutore, mentre a Rapallo non possono servire più di 60 tavoli.
Gli Xiao Ai aspettano in cucina e quando la comanda è pronta viene indicato loro sul touch screen a quale tavolo portarla. Una volta che il cliente prende il vassoio, tocca un pulsante sulla mano del robot e quello continua nel suo lavoro. Si muove lungo un binario adesivo che traccia un percorso sul pavimento e ha sensori che gli permettono di fermarsi se qualcuno incrocia la sua strada.
Non è il livello di elaborazione dei robot che preparano i cocktail sulle navi da crociera della Royal Caribbean o dell’ormai celebre Sophia che sta sviluppando la capacità di ‘leggere’ le reazioni umane e interpretarle. Ma nemmeno di iCub, il robot messo a punto a Genova e che assomiglia in modo inquietante a un bambino.
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