Più vado avanti, più mi addentro nel tema, e più mi rendo conto che il patriarcato attraversa tutti e tutte. E tutti quanti siamo costretti a prendere una posizione davanti a questa ingiustizia, che sulla base di una differenza biologica genera una differenza sociale.
Ormai da qualche giorno, Michela Murgia, scrittrice e attivista, sta portando avanti sulle bachece dei suoi social, un’indagine importante. Ogni mattina fotografa le prime pagine dei principali quotidiani del Paese, ed evidenzia il numero di firme femminili, paragonandolo a quelle maschili. Il risultato di questa analisi è pessimo: non solo gli editoriali firmati da giornaliste sono pochissimi – nel caso del Corriere della Sera praticamente nulli – ma il loro contenuto è sempre di un certo tipo, considerato tradizionalmente “femminile”.
In un post pubblicato su Facebook il 12 maggio Murgia osserva che gli articoli di opinionismo politico o quelli alla cui base c’è una riflessione sulla realtà, il costume o la cronaca, sono quasi al 100% firmati da uomini, come se solo gli uomini avessero l’autorevolezza necessaria a spiegare le cose e informare in modo intelligente sul mondo. Le donne, prosegue Murgia, firmano interviste a quegli uomini che soli possono spiegarci le cose. È facile pensare subito al libro di Rebecca Solnit, Gli uomini mi spiegano le cose, in cui l’autrice mette bene in luce quel volto del patriarcato che non consiste in una supremazia fisica, ma nella presunzione da parte degli uomini, di dover spiegare alle donne cose che loro già sanno; una presunzione evidentemente alimentata dai ruoli che la società ancora ci impone. Dalla convinzione, ad esempio, che se sei una una brava giornalista che scrive di economia sia necessario fare commenti riguardo al fatto che sei anche bella.
Se consideriamo il numero complessivo dei giornalisti italiani il 41,6% è rappresentato da donne, mentre il 58,4% da uomini. Non sono dati in sé negativi, ma lo diventano nel momento in cui lo squilibrio in termini di salario e ruoli di rilievo è così elevato. I nomi di spicco delle giornaliste donne in Italia li conosciamo tutti: si contano quasi sulle di una mano. E le altre? Non chiederselo significa continuare a tenerle ai margini, facendo finta che non esistano.
Per questo continuerò a farlo tutto l’anno, nella speranza che ogni lettore e ogni lettrice guardando le prime pagine dei quotidiani inizi mentalmente a cerchiare le firme e a farsi la più ovvia delle domande: dove diavolo sono le donne?
Source: freedamedia.it