Darren Curnoe, antropologo e biologo evoluzionista con grande interesse per la preistoria, nonché scrittore e divulgatore, ha recentemente pubblicato una serie di osservazioni interessanti circa le nostre convinzioni sul ruolo della donna nel Paleolitico.
Prendendo in considerazione la cultura popolare – dalla più antica alla più contemporanea – e la divulgazione scientifica sul tema, Curnoe osserva che, nel nostro immaginario, quando pensiamo all’età della pietra, pensiamo inevitabilmente alla figura dell’uomo predatore, cacciatore, dell’uomo che costruisce utensili per sopravvivere. Da un punto di vista più strettamente scientifico ci è anche stato detto che sono state proprio queste attività maschili, dalla caccia all’invenzione, ad aver prodotto delle mutazioni nel nostro cervello, che ci hanno distinto in modo sempre più considerevole dai primati, facendoci evolvere in ciò che siamo oggi. Risultato: per quanto sia ovvio che senza donna l’Homo Sapiens non sarebbe mai esistito, siamo ancora consciamente o inconsciamente convinti che i processi evolutivi siano stati determinati dall’uomo.
Un altro esempio di questo pregiudizio circa il ruolo della donna nel Paleolitico? La canonica definizione della società paleolitica di “cacciatori – raccoglitori”, fortemente criticata, già negli anni ’70, da alcune archeologhe femministe che proponevano di invertire i termini. Società di “raccoglitori – cacciatori” secondo loro rappresentava meglio un’organizzazione in cui erano le donne a procurare in realtà la maggior parte del cibo, e non il contrario.
In generale parlare di generi e ruoli in relazione a società antiche non è semplice, ma è importante per capire alcune cose (anche pregiudizi) che oggi riteniamo scontate e banali, per capire chi siamo e come siamo arrivati fino a qui. Riflettere sul genere, a sua volta, vuol dire domandarsi chi svolgeva determinate attività: ad esempio chi incideva i muri delle caverne? Chi cacciava? Chi costruiva gli utensili di pietra?
Per anni, il fatto di non saper rispondere a queste domande, ci ha fatto ritenere che la risposta fosse: gli uomini. Ma non è corretto. Non è del tutto sbagliato, perché ovviamente anche gli uomini dipingevano, cacciavano e costruivano armi di pietra: il punto, però, è che non erano SOLO gli uomini a farlo.
Grazie ad alcune analisi, sappiamo, ad esempio, che 12.000 anni fa, in diverse società paleolitiche, erano le donne ad affilare le pietre con cui poi venivano costruite le armi. Le donne poi si occupavano di lavorare il cibo: fare impasti e cucinare il pane.
Per quanto riguarda l’arte, invece, dopo aver dato per scontato che i dipinti delle principali caverne, come quella di Lascaux in Francia o quella di El Castillo in Spagna, fossero stati realizzati da una mano maschile, nel 2013 l’archeologo Dean Snow, della Pensylvania State University, ne ha studiato e comparato a lungo i disegni, e ha affermato che almeno i tre quarti di questi erano stati realizzati da donne. “A lungo la letteratura su questi temi è stata interessata da un grosso pregiudizio maschile. Sono state fatte un sacco di deduzioni ingiustificate riguardo a chi avesse realizzato queste cose e perché” ha detto Snow.
E che dire delle veneri paleolitiche, cioè le statuine preistoriche che raffiguravano soggetti femminili con ventri molto grossi e attributi sessuali pronunciati? Gli archeologi ne hanno dato molteplici interpretazioni: c’è chi pensa che rappresentino la fertilità o la maternità, chi ritiene che celebrino la vita della donna nella sua interezza e chi, ancora, presume che possano essere le prime forme di pornografia che siano mai esistite. Quello che è certo, però, è che queste piccole statue ci ricordano che i canoni di bellezza mutano nel tempo e soprattutto ci costringono a fare i conti la necessità di ridefinire la femminilità e il suo ruolo sociale nell’antichità, per muovere un altro passo nella direzione opposta ai pregiudizi.
Source: freedamedia.it