Il dolore dei senza nome. Di coloro che sono stati battezzati con un’etichetta. Il dolore delle persone che hanno impressa la lettera scarlatta della diagnosi della malattia mentale e che le condanna ad un’esistenza piena di incomprensioni. Il dolore di coloro che sono stati marchiati come pericolosi, strani, eccentrici, dannosi ed incompresi dalle persone che non si sono disturbate a conoscerli.
Sono quelle che vengono indicate per strada. Lo scemo del paese, la vicina eccentrica della porta accanto, il signore strano della via. Non sono persone, sono un cumulo di disprezzi, la maggiore parte dei quali “guadagnati” negli anni, che li hanno privati dell’umanità agli occhi degli altri. Sono diagnosi vuote, persone prive di identità.
Forse siete così abituati ad ascoltare queste etichette che non vi siete mai fermati a pensare a come si sente chi le ascolta. Forse siete addirittura convinti che chi le ascolta ci ride su, perché le trova divertenti come voi. Ma pensate che tali persone probabilmente ridono perché non hanno la forza per farsi conoscere da chi li giudica al primo sguardo e che, essendo diversi, potrebbe offenderle. Come vi sentireste se foste voi a ricevere tali insulti o appellativi poco empatici?
Inizialmente i senza nome credevano di poter trovare, nel loro malessere, la risposta ad una diagnosi, un morivo per stare così male, di poter ricevere un trattamento e risolvere in questo modo i loro problemi. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, quell’etichetta, quella maledetta etichetta che li associa alla salute mentale è più un peso che una soluzione.
È un peso perché agli occhi della società diventano persone pericolose, aggressive, incontrollabili e di cui non fidarsi. Non c’è lavoro per loro, né speranze di una vita migliore, perché l’etichetta le condanna all’esilio dei diversi, dei dimenticati.
E non rimane niente, solo il dolore dei senza nome, di coloro che hanno visto i propri sogni, essendo etichettati, divenire speranze di carta. E la società finge di volerli reintegrare. Ma in che modo, se vengono solo giudicati e se questa non concede loro neppure l’opportunità di poter dimostrare quanto valgono o cosa possono fare.
“È patetico il fatto che non possiamo convivere con le cose che non capiamo. Che abbiamo bisogno di etichettare tutto e di spiegarlo e scomporlo. Anche se è inspiegabile”.
-Chuck Palahniuk-
Ma non finisce qua l’inferno dei senza nome. Si sentono anche emarginati dal sistema sanitario. Questo perché, anche se esistono trattamenti empiricamente validi per le diverse patologie, non si dà loro la possibilità di ricorrervi, riponendo la soluzione nei farmaci.
Un numero elevato di pazienti che soffrono di depressione non riceve il trattamento psicologico adeguato. Spesso questa patologia viene trattata semplicemente ricorrendo ai servizi di psichiatria o addirittura dai medici di base. Il trattamento della depressione, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, richiede tanto un trattamento farmacologico quanto una terapia psicologica.
Quando ci si lamenta dei tagli nel settore della sanità, ci si dimentica sempre di quelli che riguardano la salute mentale. Perché pensiamo che questi non ci riguardino, che si tratti di problemi di cui soffrono le persone strane, diverse. Ma non è così.
Bisogna ricordare che gli psicofarmaci possono essere di grande aiuto, ma da soli non sono la soluzione. Anche quando si tratta di depressione lieve e moderata, il trattamento psicologico garantisce migliori risultati, con una più lunga durata rispetto ai medicinali. È nei casi di depressione più gravi che i pazienti beneficiano maggiormente della combinazione di psicofarmaci e del trattamento psicologico.
Gli studi scientifici a riguardo indicano, inoltre, che il trattamento psicologico dovrebbe essere il primo a cui ricorrere quando si presentano problemi d’ansia, prima di assumere dei medicinali.
Ma quando parliamo dei senza nome, dei dimenticati, non possiamo scordare le uniche persone che non li giudicano e che rimangono sempre al loro fianco. Quelle persone che lottano giorno dopo giorno insieme a loro, affinché il mondo smetta di esser loro ostile. Non possiamo dimenticare che dietro ad ogni “malato”, si nasconde una famiglia che in molti casi si sente giudicata ed incompresa.
Perché molti di coloro che li giudicano con tali etichette, come se fossero innocenti, danno dei matti anche ai familiari dei senza nome. Alla famiglia non viene offerto nessun supporto o trattamento adeguato e, inoltre, vengono anche giudicati.
Iniziamo a chiamare per nome i dimenticati e smetteremo così di causar loro dolore. Informatevi riguardo ai diversi problemi mentali prima di ricorrere ai preconcetti, nella maggior parte dei casi sbagliati, su queste persone. Imparate, prima di giudicarli, a mettervi nei loro panni: non esiste un altro modo se volete aiutarli davvero.
Source: lamenteemeravigliosa.it
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