Ci piace ripetere che viviamo in una società superficiale, ma non è che negli anni Novanta ce la passassimo meglio. Soprattutto l’intrattenimento per ragazzi non era di certo il massimo, almeno in termini di varietà. Gli adolescenti proposti dalla tv erano quelli belli, ricchi e popolari di Beverly Hills – 90210 e i tentativi di proporre qualcosa di diverso, come Freaks&Geeks, non vennero capiti ed ebbero vita breve. C’era una fervente sottocultura alternativa legata alla musica, è vero, dal grunge dei Nirvana al fiorire del cantautorato femminile alla Björk, ma si trattava pur sempre di andare controcorrente in un fiume che, fidatevi, scorreva molto più forte di oggi.
Andando verso il Duemila, però, qualcosa iniziava a cambiare. Le emittenti dal pubblico più giovane, come MTV, iniziarono ad accorgersi che una larga fetta del loro pubblico non si sentiva più rappresentata dalle popstar e dagli adolescenti acqua e sapone tutti amori e aspirazioni a diventare popolari. Anzi, li trovavano ridicoli. In questo contesto, il 3 marzo 1997, andò in onda su MTV il primo episodio di Daria.
Daria nacque come personaggio della celebre serie animata Beavis and Butt-head, in cui due ragazzi stavano seduti sul divano, commentavano i video di MTV e…basta, praticamente. Ma era geniale, perché si trattava della tv dell’immagine che sfotteva se stessa, come avrebbe fatto uno spettatore che ne coglieva le ridicolaggini e le contraddizioni. Daria era un personaggio ricorrente, ma aveva potenziale, abbastanza da convincere MTV a produrre una serie solo su di lei.
Oggi una protagonista come Daria non sarebbe così insolita, ma all’epoca era il contrario di come la tv voleva dipingere le ragazze. Cinica, caustica, indifferente quasi a qualsiasi cosa, portava gli occhiali, indossava abiti e stivali troppo larghi e parlava sempre in tono monocorde. Non soltanto a Daria non importava un bel niente di essere popolare, ma nel suo mondo gli studenti fighi e popolari erano ridicolizzati, a partire da sua sorella minore Quinn, sempre attaccata al telefono per gestire impegni, pettegolezzi e potenziali fidanzati.
Se Davis and Butt-head faceva la parodia della tv, Daria faceva la parodia del liceo. Professori inetti, genitori ossessionati dal fare discorsetti alle figlie ma incapaci di capirle, cheerleader intelligenti come comodini e degni fidanzati quoterback, gruppi rivali da telefilm – niente sfuggiva allo sguardo acuto e dissacrante di Daria e della sua migliore amica Jane, un’aspirante artista asociale quanto lei. Insieme, loro due davano finalmente voce a tutte le adolescenti sfigate e felici di esserlo, che pensavano: “Non ho una bassa autostima, ho bassa stima negli altri”. E che in fondo erano insicure quanto se non più degli altri, ma perché non nasconderlo commentando programmi trash con la tua amica?
Com’era giusto che fosse, anche Daria, crescendo, si è ammorbidita. È diventata meno intransigente, ha imparato ad aprirsi agli altri, almeno un po’, ma è rimasta fedele a se stessa, cioè adorabilmente pessimista quando non mortifera.
Ora la sua serie compie vent’anni, mentre lei ne avrebbe 35. Uscirà ancora con Jane? Avrà accettato l’amicizia su Facebook di Tom, il suo primo ragazzo? Avrà continuato a scrivere? Non possiamo saperlo, ma pensare a lei ci ricorda tre cose. Una, che qualcuno ci capiva. Due, che una volta MTV era fico. E tre, che Daria ci ha lasciato dei preziosi consigli, il giorno del suo diploma:
“Restate fedeli a quello in cui credete, a meno fino a quando la logica e l’esperienza non vi proveranno che avete torto. Ricordate che quando il re sembra nudo, il re è nudo, che la verità e le bugie non sono ‘più o meno la stessa cosa’, e che non c’è niente, nessun momento o episodio della vita, che non possa essere migliorato con la pizza.”
Source: freedamedia.it
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