L’arrivo dei sacchetti biodegradabili e compostabili per imbustare frutta e verdura, carne, pesce, affettati è scattato ieri 1° gennaio. Al loro posto ci saranno shopper biodegradabili e compostabili ma saranno a pagamento.
Una novità che in molti non perdono tempo ad annunciare come l’ennesima stangata per i consumatori, ma vero è che almeno la novità consentirà il ricorso a sporte riutilizzabili come stanno facendo in altri Paesi.
Secondo la Legge n.123 del 3 agosto 2017, dal 1 gennaio 2018, anche i sacchi leggeri e ultraleggeri (quelli con spessore della singola parete inferiore a 15 micron) con o senza manici usati per il trasporto di merci e prodotti sfusi o come imballaggio primario in gastronomia, macelleria, pescheria, ortofrutta e panetteria, dovranno essere biodegradabili e compostabili secondo la norma Uni En 13432, con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile di almeno il 40% (che dovrà diventare il 50% a partire dal 1 gennaio 2020 e il 60% dal 1 gennaio 2021) e dovranno essere distribuiti esclusivamente a pagamento. Biodegradabilità, compostabilità e contenuto di materia prima rinnovabile dovranno essere certificati da organismi accreditati.
Così come gli shopper per asporto merci, le nuove buste non potranno essere distribuite gratuitamente e il prezzo di vendita risulterà necessariamente sullo scontrino o sulla fattura di acquisto.
Sono previste multe salate, infine, per i commercianti che non rispettano la vigente normativa.
Perché solo in Europa si stima un consumo annuo di 100 miliardi di sacchetti, gran parte dei quali vanno dritti in mare e sulle coste (Fonte EPA). Il che comporta tutti i problemi di inquinamento ambientale e marino di cui già siamo tristemente a conoscenza e tutte le dannose conseguenze.
L’Italia è stato il primo paese europeo ad approvare, nel 2011, la legge contro gli shopper non compostabili e, come afferma Legambiente, ad oggi, “anche se la misura non è del tutto rispettata, c’è stata una riduzione nell’uso di sacchetti del 55%”. Se fosse esteso a tutti i Paesi del Mediterraneo e non solo, i risultati in termini sarebbero molto più rilevanti. La messa al bando degli shopper non compostabili è attiva in Italia, Francia e Marocco, mentre altri Paesi hanno introdotto delle tasse fisse (Croazia, Malta, Israele e alcune zone della Spagna, della Grecia e della Turchia), la Tunisia ha bandito le buste di plastica non biodegradabili nelle grandi catene di supermercati e Cipro metterà in atto la normativa europea a partire da quest’anno.
Non ci sta una gran fetta di consumatori, che, soprattutto tramite i social, fanno sentire la propria voce. Anche se di pochi centesimi, un “sovrapprezzo” su buste da utilizzare per fare la spesa viene visto come un’ulteriore gabella che non è giusto paghi il compratore finale.
Ad accogliere i timori dei consumatori ci pensa il Codacons, che senza mezzi termini parla di una “tassa sulla spesa”.
“Si tratta di un balzello inutile che non ha nulla a che vedere con l’ambiente e con la lotta al consumo di plastica – spiega l’associazione dei consumatori. Al contrario la misura è una vera e propria tassa introdotta dal Governo che peserà in modo non indifferente sui consumatori, determinando nuovi aggravi a loro carico. È assurdo e gravissimo che i costi di provvedimenti pseudo-ambientali siano scaricati interamente sugli utenti, trasferendo su di essi spese che dovrebbero essere solo a carico delle aziende e dell’industria”.
Decisamente più moderati, invece, i toni di Legambiente. “L’innovazione – dichiara Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – ha un prezzo ed è giusto che i bioshopper siano a pagamento, purché sia garantito un costo equo che si dovrebbe aggirare intorno ai 2/3 centesimi a busta. Così come è giusto prevedere multe salate per i commercianti che non rispettano la vigente normativa. In questi anni gli italiani hanno apprezzato molto il bando dei sacchetti non biodegradabili, siamo sicuri che accoglieranno bene questa importante novità riguardante gli shopper leggeri e ultraleggeri finalmente compostabili”.
Una via di mezzo? Ci auspichiamo che si possano presto usare le sporte riutilizzabili e magari nel frattempo, se proprio siamo scontenti di questa misura, rivalutare la frutta e la verdura a km 0 del nostro fruttivendolo di fiducia.
Source: greenme.it
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