Perdonami, Teresa; io ho funestato la tua giovinezza, e la quiete della tua casa; ma fuggirò.
Nè io mi credeva dotato di tanta costanza. Posso lasciarti, e non morir di dolore; e non è poco: usiamo dunque di questo momento finchè il cuore mi regge, e la ragione non mi abbandona affatto.
Pur la mia mente è sepolta nel solo pensiero di amarti sempre e di piangerti.
Ma sarà obbligo mio di non più scriverti, nè di mai più rivederti se non se quando sarò certissimo di lasciarti quieta davvero.
Oggi t’ho cercato invano per dirti addio. Abbiti almeno, o Teresa, queste ultime righe ch’io bagno, tu ’l vedi, d’amarissime lagrime.
Mandami in qualunque tempo, in qualunque luogo il tuo ritratto.
Se l’amicizia, se l’amore – o la compassione e la gratitudine ti parlano ancora per questo sconsolato, non negarmi il ristoro che addolcirà tutti i miei patimenti.
Tuo padre stesso me lo concederà, spero-egli egli che potrà vederti, ed udirti , e sentirsi riconfortato da te; mentr’io nelle ore fantastiche del mio dolore e delle mie passioni, nojato di tutto il mondo, diffidente di tutti, camminando sopra la terra come di locanda in locanda, e drizzando volontariamente i miei passi verso la sepoltura- perchè ho veramente necessità di riposo – io mi conforterò intanto baciando dì e notte l’immagine tua: e così tu m’infonderai da lontano costanza da sopportare questa mia vita – e finchè avrò forze, io la sopporterò per te , e te lo giuro.
E tu prega – prega, o Teresa, dalle viscere del tuo cuore purissimo il cielo – non che mi perdoni i dolori, che forse avrò meritati, e che forse sono in separabili dalla tempra dell’anima mia – bensì che non mi levi le poche facoltà che ancora mi avanzano da tollerarli.
Con l’immagine tua farò men angosciose le mie notti, meno tristi i miei giorni solitari, que’ giorni ch’ io dovrò pur vivere senza di te.
Morendo, io volgerò a te gli ultimi sguardi, io ti raccomanderò ‘l mio sospiro; verserò sovra di te l’anima mia, ti porterò meco nella mia sepoltura attaccata al mio petto -e seppure prescritto ch’io chiuda gli occhi in terra straniera, e dove nessun cuore mi piangerà, io ti riehiamerò tacita mente al mio capezzale, e mi parrà di vederti in quell’aspetto, in quell’atto, con quella stessa pietà che io ti vedeva, quando una volta,
assai prima che tu sapessi di amarmi, assai prima che tu t’accorgessi dell’ amor mio – ed io era ancora innocente verso di te – mi assistevi nella mia malattia.
Di te non ho se non l’unica lettera che mi scrivesti quando io era in Padova; felice tempo! ma chi l’avrebbe mai detto?
Allora parevami che tu mi raccomandassi di ritornare – ed ora?
Scrivo il decreto, eseguirò fra poche ore il decreto della nostra eterna separazione.
Da quella tua lettera comincia la storia dell’amor nostro; e non mi abbandonerà mai.
O mia Teresa! E questi son pure delirii: ma sono insieme la sola consolazione di chi è insanabilmente infelice. Addio.
Perdonami, mia Teresa -ohimè, io mi credeva più forte! – scrivo male e di un carattere appena leggibile; ma ho l’anima lacerata, e il pianto su gli occhi.
Per carità non mi negare il tuo ritratto.
Consegnalo a Lorenzo e s’ei non me lo potrà far arrivare, lo custodirà come eredità santa che gli ricorderà sempre e le tue virtù, e la tua bellezza , e l’unico, eterno, infelicissimo amore del suo misero amico.
Addio – ma non è l’ultimo; mi rivedrai e da quel giorno in poi sarò fatto tale da obbligare gli uomini ad avere pietà e rispetto alla nostra passione; e a te non sarà più delitto l’amarmi-pur se innanzi ch’io ti rivegga, il mio dolore mi scavasse la fossa, concedimi ch’io mi renda cara la morte con la certezza che tu m’hai amato.
– Or si ch’io sento in che dolore io ti lascio! Oh! potessi morire a’ tuoi piedi; oh! morire ed essere sepolto nella terra che avrà le tue ossa-ma addio.
Ugo Foscolo, Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis, Il cuore regge e la ragione non mi abbandona.