Per la cottura sottovuoto, infatti, si utilizzano recipienti in vetro ma, sempre più spesso, degli specifici sacchetti di plastica, che alimentano qualche dubbio sull’eventuale rilascio di sostanze nocive.
È sufficiente impiegare questi materiali unicamente per l’utilizzo per i quali sono stati realizzati, evitando di surriscaldarli? E quali materiali sono utilizzati per creare gli involucri per le cotture sottovuoto?
Prima di rispondere a queste domande, è bene conoscere cosa sia questa cottura sottovuoto e, soprattutto, perché in molti la scelgono.
La cottura sottovuoto è una metodo di cottura a bassa temperatura, con cui si cucinano gli alimenti chiusi in dei speciali sacchetti di plastica a temperature che si aggirano tra i 50° e i 100°.
Il cibo viene assemblato crudo anche con la presenza di eventuali condimenti nel sacchetto che verrà poi svuotato dall’aria interna tramite una macchina professionale. Viene poi cotto in immersione per un tempo variabile che può essere anche di molte ore: l’assenza di aria permetterà al calore di diffondersi omogeneamente.
La cottura sous vide consente di:
Vanno sempre seguite le indicazioni dei produttori. Se proprio non volete fare a meno di utilizzare altra plastica per cucinare e volete sperimentare la tecnica della cottura sottovuoto, sappiate che quegli speciali sacchetti sono prodotti per resistere a temperature fino a 115-120 gradi centigradi, quindi di gran lunga maggiori rispetto a quelle previste nella cottura sottovuoto.
Le plastiche adottate i poliammidi (PA) e polietilene (PE), materiali privi di PVC e BPA che resistono anche ai processi di abbattimento rapido a basse temperature e alla successiva rigenerazione a caldo.
I sacchetti goffrati (per intenderci quelli che hanno il disegno a quadretti), sono in genere più adatti alle temperature inferiori.
Detto ciò siamo in una botte di ferro? Di quello che dobbiamo essere sicuri, dicono gli esperti, sono le indicazioni e le limitazioni d’uso fornite dai produttori. Tutti i materiali usati per le cotture e la gestione degli alimenti devono sempre soddisfare i requisiti di sicurezza e di idoneità nel contatto con gli alimenti e la plastica da impiegare in cottura deve poter reggere le temperature e, soprattutto, non deve rilasciare sostanze tossiche.
Qui trovate la nostra tabella per riconoscere le materie plastiche usate per gli alimenti.
Infine, come chiosa la tossicologa dell’Università di Bologna Patrizia Hrelia: “Probabilmente sono più pericolose le sostanze che si rilasciano quando si cuoce ad alte temperature, come avviene nelle fritture, nelle cotture al forno e alla griglia, ma anche durante i processi di trasformazione industriale. In questo caso, abbiamo a che fare coi contaminanti di processo, come i policiclici aromatici se si cuoce la carne alla griglia, o l’acrilammide, che invece si forma dai carboidrati tostati o cotti a temperatura elevata”.
E non solo: la cottura sottovuoto fa per esempio meno male rispetto alle grigliature.
Alla luce di ciò, quindi, e sulla base delle conoscenze attuali, pare che non ci siano rischi concreti per la salute nell’utilizzo dei sacchetti in plastica per il sottovuoto. Rimane, però, il dubbio degli eventuali danni a lungo termine e la nostra certezza concreta che alla plastica (anche) in cucina è sempre da preferire contenitori per alimenti in acciaio inox, in vetro, in terracotta, in ceramica…
Source: greenme.it
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