Se l’è chiesto l’Università di Oxford, che ha intervistato un campione di 1300 persone, tra uomini e donne, per tentare di tracciare un Indice di Toccabilità. A campione, sono stati scelti 5 Paesi: Italia, Finlandia, Regno Unito, Russia, Francia. Alcuni risultati sono prevedibili e confermano i luoghi comuni, altri invece li ribaltano.
In un primo esperimento, ai partecipanti è stato chiesto di definire la quantità e qualità del contatto fisico che intercorre abitualmente tra loro e 14 o 15 membri della loro rete sociale, dai famigliari ai colleghi di lavoro, fino alle conoscenze occasionali.
In seguito sono state mostrate loro diverse silhouette umane, fronte e retro, ognuna corrispondente a una diversa categoria della rete sociale, ed è stato chiesto loro di colorare ogni area del corpo con un colore diverso a seconda di quanto è gradito il contatto in quel punto da parte di quella determinata categoria. In questo modo, i ricercatori hanno ottenuto una sorta di mappatura del contatto fisico relativa ai vari tipi di relazioni.
I risultati, da questo punto di vista, non hanno stupito. Le mani, per esempio, sono zona franca per quasi tutti, mentre l’area genitale è riservata ai partner. Anche i fianchi sono un punto delicato, riservato solitamente alle persone con le quali abbiamo un forte legame emotivo. Decisamente poco sorprendente, no? Ma Robin Dunbar, uno degli autori dello studio, si è detto invece stupito da quanto gli uomini siano risultati restii al contatto in generale, molto più del previsto. A quanto pare, in molti non sopportano nemmeno di essere toccati dietro la nuca da un altro uomo col quale non sono in confidenza, tanto che la zona è stata definita più volte “tabù”. D’altra parte, se tra ragazze è normale tenersi la mano, quanto spesso lo vedete fare ai ragazzi? Il seguente schema mette a confronto la “toccabilità” maschile e femminile:
Un altro dato emerso è che tendiamo a sopportare meglio il contatto con le persone che vediamo spesso, anche se non siamo intimi, mentre la tolleranza si abbassa notevolmente vedendosi meno. Questo spiega, almeno in parte, perché non sia poi così strano essere “toccacciosi” tra colleghi di lavoro – nel limite del consenso individuale, ovviamente.
Più curiosità, invece, arrivano dal versante geografico. Mentre non esistono differenze culturali significative rispetto a dove le persone preferiscono non essere toccate e da chi, i vari Paesi hanno mostrato una predisposizione diversa al contatto fisico in generale. I russi, per esempio, hanno un Indice di Toccabilità nella norma, ma sono “conservatori” nel definire chi può toccarli dove. Al contrario, gli inglesi danno accesso a più aree del corpo alle persone che conoscono, ma risultano – in linea con la loro fama – il Paese con l’Indice di Toccabilità più basso tra quelli esaminati.
La sorpresa, per i ricercatori, sono stati Finlandia e Italia. La Finlandia, infatti, è risultata più “toccacciosa” delle aspettative (il suo Indice di Toccabilità è il più alto), mentre al contrario l’Italia si è dimostrata molto restia al contatto fisico. Infatti, nonostante il luogo comune ci voglia invadenti e affettuosi, il nostro Indice di Toccabilità risulta il più vicino in assoluto a quello del Regno Unito. Questo spiega il mio fastidio verso i baci e gli abbracci degli zii che non vedo mai, almeno.
Già nel 1960 una ricerca analoga aveva analizzato il comportamento che due buoni amici tenevano in un bar, davanti a un caffè, nei vari Paesi del mondo. Nell’arco di un’ora i due amici inglesi non si erano toccati affatto, mentre quelli americani 2 volte. Nello stesso arco di tempo, i francesi si erano toccati 110 volte e i portoricani ben 180.
Comunque, al di là del sacrosanto diritto di ognuno di veder rispettati i propri confini individuali, gli studiosi confermano tutti l’importanza primaria del contatto fisico nel costruire relazioni umane, non solo sentimentali. Uno studio di settore ha provato che le le squadre dell’NBA i cui giocatori si toccano più spesso, tendono anche ad avere risultati migliori. Invece lo psicologo Robert Kurzban, giocando al dilemma del prigioniero (in cui si può scegliere se aiutare un compagno o tradirlo in cambio di una somma di denaro), ha notato che stabilire un contatto fisico con gli altri partecipanti, per quanto breve, cambia sensibilmente le sorti del gioco.
Attraverso il contatto si stabilisce empatia, si trasmettono gentilezza e compassione, si infondono tranquillità e coraggio. È uno strumento prezioso e potente, che per tanto va usato con attenzione. A meno di non voler ricevere in cambio uno schiaffo, ovviamente. In un certo senso, è contatto anche quello.
Source: freedamedia.it
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