Beirut – Dar seguito all’intenzione di Donald Trump di inserire la Fratellanza Musulmana nella lista delle organizzazioni terroristiche avrebbe una lunga serie di controindicazioni. In Giordania i diplomatici americani perderebbero l’opportunità di incontrare gli esponenti delle opposizioni. In Marocco si scuoterebbero equilibri politici delicatissimi, coinvolgendo persino i vertici del governo. In Tunisia si bollerebbe con il marchio del terrorismo un’organizzazione da molti indicata come un modello di democrazia emerso dalla primavera araba. L’Egitto potrebbe subire ricadute politiche molto pesanti.
All’interno dell’amministrazione americana sta infatti continuando a prendere corpo quello che si potrebbe chiamare “Ikhwan ban” (Ikhwan in arabo vuol dire per l’appunto “fratellanza”): l’idea di un ordine esecutivo che designi i Fratelli musulmani come gruppo terroristico, e non più come movimento politico transnazionale.
Del resto, il rapporto tra la Fratellanza Musulmana e il mondo occidentale è sempre stato costellato da facili equivoci, fin dal primo giorno.
I Fratelli Musulmani vengono fondati da Hassan al Banna nel 1928 in Egitto. Si oppongono sin dal 1936 al mandato britannico nel Paese, e alcuni suoi membri nel corso degli anni si rendono responsabili di atti violenti e omicidi. Vanno così incontro a varie ondate di repressione governativa (le più importanti nel 1948, 1954, 1965), fino alla rinuncia alla violenza nel 1970: da quel momento la Fratellanza – che nel frattempo apre uffici in gran parte dei Paesi a maggioranza musulmana sunnita, dal Marocco all’Indonesia – si dedica ad attività caritatevoli e fornitura di servizi pubblici, facendosi portatrice di valori da promuovere pacificamente, dal basso, la cosiddetta strategia gradualista.
Nel corso degli anni, i Fratelli Musulmani entrano nell’arena politica dei paesi del Medioriente, ottenendo seggi in parlamento. Dopo l’11 settembre, l’amministrazione di George W. Bush lancia delle attività investigative nei confronti di sostenitori della Fratellanza: le indagini vengono chiuse un paio di anni dopo per mancanza di prove, e portano alla rimozione di decine di persone dalla lista dei soggetti sanzionabili.
Il momento di maggior successo dei Fratelli musulmani coincide con l’elezione di Mohammad Morsi a presidente dell’Egitto nel 2012, e precede la loro fase più difficile. Il suo mandato dura infatti un anno, prima del colpo di Stato portato a termine nell’estate del 2013 dal generale Abdel Fattah Al Sisi, attuale presidente egiziano.
Da quel momento, tre paesi in particolare – Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti – decidono di inserire i Fratelli Musulmani nella lista dei gruppi terroristici. L’idea dell’amministrazione americana va letta anche alla luce delll’attività di lobbying di questi paesi, come scrive il New York Times, che dal 2013 al 2015 avrebbero fatto pressioni in questa direzione in ogni incontro bilaterale con Washington.
La designazione della Fratellanza a gruppo terroristico – promossa sopratutto dal Capo stratega di Trump, Steve Bannon, e da Frank Gaffney, fondatore del Center for Security Policy e consigliere di Trump – pone sia problemi di ordine concettuale che pratico: non c’è dubbio, come scrive Shadi Hamid sull’Atlantic, che la Fratellanza sia portatrice di valori illiberali e autoritari; si potrebbe persino sottoscrivere – per certe espressioni della Fratellanza – la definizione di “hate group”, data da Eric Trager, ricercatore del Washington Institute for Near East Policy.
Il punto, però, è che per attribuire ad un gruppo l’aggettivo “terroristico” è necessario che esso si renda protagonista di atti terroristici: e la Fratellanza da anni rifiuta esplicitamente la violenza, e non può essere equiparata a movimenti come Al Qaeda, Stato islamico, Al Shabaab o Boko Haram. Al contrario, la Fratellanza esprime tuttora partiti politici pacifici in Tunisia (Ennahda), Turchia (Akp), Kuwait (Hadas), Marocco (Jdp) e altri, con cui gli Stati Uniti hanno relazioni.
La scomunica di Daesh (acronimo arabo per Stato islamico) nei confronti della Fratellanza ha una data precisa, e un atto semiformale: la pubblicazione nel marzo 2016 di un numero specifico della rivista dello Stato Islamico, “Dabiq”, il cui titolo recitava “I Fratelli musulmani apostati”.
Sono due le ragioni principali dell’ostilità dei gruppi terroristici alla Fratellanza:
Le controindicazioni pratiche della possibile designazione della Fratellanza a gruppo terroristico non sono poche.
Source: agi.it/estero
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