Ci siamo chiesti tutti qualche volta cosa sono le emozioni. Potremmo definirle come “la colla della vita”, quella materia invisibile, ma resistente, che ci unisce ai nostri cari, che ci permette di essere partecipi della realtà, gioendo di essa, ammirandola, sorprendendoci al cospetto delle sue meraviglie e rattristandoci per le sue pene.
Poche condizioni sono avvolte dal mistero come le emozioni. È vero che fanno parte della nostra educazione, cultura, sesso o paese d’origine. Tuttavia, vengono già integrate con la nostra base genetica. Per dimostrare ciò, le università di Durham e Lancaster (Inghilterra) hanno realizzato un affascinante studio grazie al quale si è potuto constatare che i feti esprimono già dentro l’utero materno una piccola varietà di emozioni.
Tramite scanner a ultrasuoni, è stato possibile vedere che i feti sorridevano e mostravano anche espressioni associate al pianto. Tutto questo ci dimostra che persino in quell’universo tranquillo e silenzioso, qual è l’utero, l’essere umano “attiva” e allena questo linguaggio istintivo ed esistenziale che ne garantirà la sopravvivenza. Il sorriso lo aiuterà a dimostrare benessere e soddisfazione, mentre il pianto fungerà da efficace “sistema di allarme”, poiché tramite esso esprimerà i suoi bisogni più basilari.
Le emozioni ci conferiscono umanità e, anche se spesso commettiamo l’errore di classificarle in negative e positive, sono tutte necessarie e valide. In fin dei conti, compiono una funzione adattativa e nulla può essere così importante come comprenderle per usarle in modo “intelligente” in nostro favore.
Paolo sta lavorando alla sua tesi. Rincasa dall’università e va dritto in stanza per continuare il suo compito. Si siede davanti al computer e apre un cassetto per consultare alcuni documenti. Nel farlo, vede che in fondo a questo cassetto e proprio sulla carpetta di cui ha bisogno c’è un grande ragno. Lo chiude subito, terrorizzato. Poco dopo nota che gli è salita la temperatura corporea e che ha il battito cardiaco accelerato. Gli manca l’aria e gli si sono rizzati i capelli dallo spavento.
Qualche minuto dopo, dice a se stesso che è una stupidaggine, che deve proseguire il suo lavoro senza perdere tempo. Apre di nuovo il cassetto e si accorge che il ragno non è poi così grande come lo aveva percepito, anzi è piuttosto piccolo. Prova vergogna per la sua paura irrazionale, prende il ragno con un foglio e lo lascia in giardino, soddisfatto e ridendo di se stesso.
Questo semplice esempio ci dimostra che nel giro di pochi minuti siamo capaci di sperimentare un ampio ventaglio di emozioni: paura, vergogna, soddisfazione e divertimento. A loro volta, tutte esse hanno definito tre dimensioni molto chiare:
L’aspetto più complesso dello studio delle emozioni è che sono molto difficili da misurare, descrivere o predire. Ogni persona le sperimenta a modo suo, sono entità soggettive molto particolari ed esclusive. Tuttavia, gli studiosi hanno le idee molto più chiare per quanto riguarda la risposta fisiologica, perché in questo caso, a prescindere dall’età, dalla razza o dalla cultura, reagiamo tutti allo stesso modo; ad esempio, l’adrenalina media in ogni esperienza associata alla paura, al panico, allo stress o al bisogno di fuga.
Le emozioni compiono una finalità ben precisa: ci consentono di adattarci a quello che ci circonda per garantire la nostra sopravvivenza. Lo aveva già detto a suo tempo Charles Darwin dimostrandoci che anche gli animali hanno ed esprimono emozioni e che tale dono permette, a noi e a loro, di progredire come specie e collaborare per riuscire nell’intento.
Darwin è stato probabilmente una delle figure che ci ha spiegato meglio cosa sono le emozioni e quale funzione hanno. Tuttavia, lungo il corso della storia troviamo anche altri nomi, altri approcci e altre teorie orientate a darci delle risposte al riguardo.
Il Libro dei riti è una enciclopedia cinese del primo secolo a cui dovremmo dare tutti un’occhiata almeno una volta nella vita. Fa parte del canone confuciano e spazia da temi cerimoniali, sociali a, soprattutto, aspetti della natura umana. Se facciamo riferimento a questo testo, è perché in esso ci viene spiegato anche cosa sono le emozioni. Ma c’è di più, questa opera ci descrive già quali sono le emozioni di base: allegria, ira, tristezza, paura, amore e repulsione.
Siamo nel XIX secolo e William James, insieme allo studioso danese Carl Lange, ci spiegavano che le emozioni dipendono da due fattori: i cambiamenti fisici che avvengono nel nostro organismo in presenza di uno stimolo e la successiva interpretazione che ne facciamo.
In altre parole, per questi autori la reazione fisiologica si scatena prima dei pensieri o dei sentimenti soggettivi. Un dato che ha senz’altro delle sfumature e che ci offre una visione alquanto determinista.
Adesso ci spostiamo negli anni ’60, nella prestigiosa Università di Yale, per conoscere due scienziati: Stanley Schacter e Jerome Singer. Entrambi perfezionarono ulteriormente le teorie sulle emozioni esistenti in quel momento e diedero forma al loro noto e interessante modello.
Schachter e Singer ci hanno insegnato che le emozioni possono comparire, in effetti, dall’interpretazione delle risposte fisiologiche periferiche del nostro corpo, come ci avevano già spiegato William James e Carl Lange. Tuttavia, e in ciò consiste la novità, possono avere origine anche da una valutazione cognitiva. Questo vuol dire che anche i nostri pensieri e le nostre cognizioni possono scatenare una risposta organica e il successivo rilascio di una serie di neurotrasmettitori che attiveranno una determinata emozione e una risposta associata.
Se desideriamo sapere cosa sono le emozioni, dobbiamo imbatterci quasi obbligatoriamente nell’opera di Paul Ekman. Quando questo psicologo dell’Università di San Francisco iniziò a studiare l’argomento, credeva, alla pari della maggior parte della comunità scientifica, che le emozioni avessero un’origine culturale.
Dopo più di 40 anni di studio e analisi di gran parte delle culture che costituiscono il nostro mondo, però, formulò una tesi già proposta da Darwin ai suoi tempi: le emozioni basilari sono innate e sono il risultato della nostra evoluzione. Ekman, dunque, stabilì che l’essere umano è definito da un insieme di emozioni basilari e universali presenti in tutti noi:
In un secondo momento, alla fine degli anni ’90, ampliò questa lista dopo aver studiato più nel dettaglio le espressioni facciali:
La teoria di Robert Plutchik ci spiega cosa sono le emozioni da un punto di vista più evoluzionista. Questo medico e psicologo ci ha offerto un interessante modello nel quale vengono ben individuate e differenziate 8 emozioni di base. Tutte esse avrebbero garantito la nostra sopravvivenza nel corso della nostra evoluzione. A esse, però, si dovrebbero sommare altre emozioni secondarie e persino terziarie, sviluppate nel tempo per adattarci molto meglio ai nostri contesti.
Questo interessante approccio dà forma alla cosiddetta “ruota delle emozioni di Plutchik”. In essa possiamo apprezzare come le emozioni varino di grado e intensità. Ad esempio, l’ira è meno intensa della furia. Comprenderlo ci aiuterà a regolare un po’ meglio le nostre condotte.
Giunti a questo punto, bisogna considerare un aspetto. Non basta sapere cosa sono le emozioni. Non basta sapere quale neurotrasmettitore si cela dietro ogni stato emotivo, ogni reazione fisiologica o ogni sensazione. Sarebbe come avere il manuale d’uso di un macchinario, ma non saperlo usare a nostro vantaggio.
È essenziale trasformare la conoscenza teorica in conoscenza pratica. Gestire il nostro universo emotivo per favorire il nostro benessere, per potenziare la qualità delle nostre relazioni, della nostra produttività e creatività; in sostanza, la qualità della nostra vita.
Se lo scopo ultimo delle emozioni, come ci disse Darwin, è favorire il nostro adattamento, la nostra sopravvivenza e mutua convivenza, dobbiamo imparare a farle nostre senza temerle, senza nasconderle o dissimularle.
Un modo per ottenere tale apprendimento su questo strumento vitale è iniziarci all’intelligenza emotiva. Ne abbiamo sentito parlare tutti, abbiamo letto tutti qualche libro di Daniel Goleman e diversi articoli sull’argomento. Tuttavia: ne applichiamo davvero le principali strategie?
Fattori quali l’empatia, l’accettazione delle proprie emozioni, l’attenzione, la corretta comunicazione, l’assertività, la tolleranza alla frustrazione, l’ottimismo o la motivazione sono aspetti da non sottovalutare in nessun momento.
Premesso che sappiamo già che sono emozioni, rendiamole il miglior canale per costruire un autentico benessere, una vera felicità.
Source: lamenteemeravigliosa.it
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