PALERMO (ITALPRESS) – Confcooperative Sicilia, organizzazione principale del movimento cooperativo nell’isola, ha recentemente posto sotto la lente di ingrandimento la sua base sociale, individuando numerose cooperative che operano nella filiera del grano. “I dati sono incoraggianti – si legge nella nota – ed evidenziano decine di strutture tra cooperative di produttori, mulini, pastifici, centri di stoccaggio e di trasformazione. Questo trend positivo fa il paio con una rinata cultura del territorio da parte del consumatore sempre più avveduto e capace di apprezzare la qualità. Purtroppo le piogge di fine giugno hanno danneggiato la mietitura e le rese. La riduzione del prodotto però non ha effetti sul prezzo, come vorrebbero le leggi di mercato. Il motivo è presto detto: nell’Isola arrivano navi di grano comunitario ed extracomunitario a basso prezzo, mettendo a rischio l’intera economia”.
“Il grano ‘cattivò scaccia quello buono. Bisogna riportare le corrette informazioni al consumatore, valorizzando le distintività dei cereali siciliani – continua Confcooperative Sicilia – La cooperazione è la via maestra per difendere le varietà regionali, assicurando la giusta remunerazione nella filiera, dove il socio produttore sia protagonista ed il consumatore tutelato.Attraverso la cooperazione si concentra l’offerta, si tutela l’omogeneità del prodotto, si definisce la tracciabilità e la rintracciabilità. In ultimo, grazie all’aggregazione cooperativa, risulta più facile accedere al credito ed alle misure finanziarie comunitarie.
Consapevoli dell’importanza della valorizzazione delle produzioni, inoltre, abbiamo aderito al progetto per il riconoscimento della denominazione di Origine o Indicazione Territoriale Protetta per la pasta di grano duro siciliano”.
“Confcooperative, che fonda i principi statutari sulla mutualità e solidarietà- dichiara il Presidente regionale Gaetano Mancini – sarà pronta a garantire il prodotto genuino alle popolazioni affamate del mondo. Chiediamo però con forza alle istituzioni di garantire un prezzo minimo di 50 centesimi/chilo, al di sotto del quale non potrà esserci utile per gli agricoltori.
Questo prezzo alla fonte rappresenta il giusto equilibrio tra costi di produzione, sempre più alti, remunerazione ai soci e salubrità del grano”.
– foto: agenzia Fotogramma –
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