Fonte: cercoiltuovolto.it – Link Video Youtube
Negli anni ’90 il new age faceva di Gesù una specie di guru con cui si migliora il proprio destino in questa vita e si raggiungono i propri scopi… Questo è un inganno e una assolutizzazione del mondo, del benessere e del proprio ego. Il vero assoluto è l’amore – non uno qualsiasi, ma quello vero – il quale chiede di decentrarci da noi stessi. Nel Vangelo di questa domenica seguiamo Gesù che punta decisamente in direzione di Gerusalemme, ossia verso la sua Passione, Morte e Resurrezione. Il suo orientamento è l’amore, per la salvezza degli uomini. Così, seguendolo in questa sua strada, capiamo cosa succede in questo testo. In primis c’è qualcuno che lo rifiuta – i Samaritani che non lo accolgono. E i discepoli chiedono vendetta…
L’amore non si scoraggia e Gesù continua a camminare. Ma va seguito e così emergono altri problemi.
Un tale dice a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada» – sembrerebbe una cosa buona, ma Gesù deve chiarire dove va: la destinazione non è un posto su questa terra. Un atto cristiano non è veramente tale se non ha una dimensione escatologica, un orientamento verso il Regno dei cieli. San Paolo dice: «Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini» (1Cor 15,19). Tutti coloro che pensano che, seguendo Cristo, su questa terra torneranno i conti, si sbagliano di grosso. Questo mondo o lo relativizzi e lo capisci come il preludio della pienezza, che è il cielo, altrimenti si è nell’inganno e arriveranno molte delusioni.
«Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». Chi pretende di amare per arrivare a una tana o a un nido, è solo un utilitarista. L’amore non fa calcoli…
Una seconda persona chiede a Gesù di andare a seppellire il padre prima di seguirlo. Gesù dà una risposta terrificante: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Seppellire i morti è un atto di misericordia, ma chiudere il rapporto con il paterno e con le relazioni parentali, in fondo, è un atto senza fine. Questo compare anche nel terzo caso – l’uomo che chiede di congedarsi prima dai suoi. Tutti hanno un contenzioso con la propria infanzia e i conti non si chiudono mai del tutto. Non si riesce mai a finir di seppellire il padre. Non ci si congeda mai del tutto da quelli di casa.
O si chiude il capitolo dell’infanzia o quest’ultima resterà lì a ingombrare la vita e c’è sempre ancora qualcosa da aggiustare o da chiarire. Così non si riesce a diventare adulti. Come uno che ara un campo guardando all’indietro. Non farà un buon lavoro…
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