Diceva san Girolamo: «Non conoscere le Scritture significa non conoscere Cristo». Ascoltiamo ogni domenica la Parola di Dio, ma se dopo due giorni provi a chiedere quali erano le letture, molti non ricordano niente. Forse già all’uscita della Santa Messa… come mai?
Se mi presentano una persona questo non vuol dire che la conosco realmente, a meno che non inizi un vero scambio; altrimenti potrò avere al massimo una mezza impressione di quella persona, non di più. Così a molti cristiani, pur frequentando le liturgie, delle Scritture restano solo mezze impressioni.
Questa domenica ascoltiamo i primi quattro versetti del Vangelo di Luca uniti al racconto della liturgia nella sinagoga di Nazaret dove Cristo legge e commenta un brano di Isaia; Luca parla del «raccontare» gli «avvenimenti», e il brano si chiude con Cristo che dice: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Raccontare quel che è avvenuto e scoprire quel che si sta compiendo.
C’è un nesso fra vita reale e Parola di Dio. Nelle Scritture c’è depositata la storia e secondo Cristo quel che è stato detto secoli prima da Isaia serve a scoprire cosa sta accadendo.
Focalizzare questo a cosa serve? A evitare di ascoltare (e predicare) una collezione di idee, di valori, di astrazioni, per arrivare solo a speculazioni e ragionamenti, staccati dalla vita.
L’uomo, infatti, non viene salvato da un’idea, ma da una persona, Cristo, che non ha trasmesso concetti, ma si è incarnato. Se bastava capire, non veniva a farsi crocifiggere.
C’è differenza fra sapere cos’è un tumore e avere un tumore, o ragionare sulla paternità e trovarsi fra le braccia un figlio appena nato: le teorie sono ombra, inconsistenza. La vita è un’altra cosa, l’oggi è ben altro che una astrazione.
Cristo non dice: «Quel che abbiamo ascoltato è un valore importante», ma: «Oggi si è compiuto quel che avete ascoltato». Molti infatti sanno teoricamente cosa andrebbe fatto, ma non sanno farlo. Ci son quelli che han studiato teologia ma restano analfabeti affettivi incapaci di misericordia.
CONOSCERE LE SCRITTURE.
Cosa vuol dire «conoscere le Scritture»? Scoprire la mia esistenza in esse, e ritrovare le Scritture fra le pieghe della mia vita. Se un’omelia non dice in sostanza: «Oggi sta accadendo quel che avete ascoltato» ma rimanda a valori astratti, anche se sacrosanti, non è vita e non è liturgia. Magari sarà l’ennesima lezione di teoria, continuare a cercar di imparare a nuotare seduti in salotto.
La parola di Dio non va capita, va accolta, è diverso. Capisci un miserabile o accogli un miserabile, se non vedi tu la differenza, lui la vede di sicuro.
I concetti sono comodi, ti lasciano dove stai, li puoi maneggiare o mettere da parte quando vuoi. La storia invece ti viene addosso e non ti chiede il permesso, e se non la sai assecondare ne perdi il filo, perdendo in realtà il filo di te stesso. Anche la Parola viene per questo: per farci trovare il filo di noi stessi, del nostro passato e del nostro presente; e chi se la perde, perde il segreto dell’oggi.
Fonte: cercoiltuovolto.it – Canale Youtube
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