Una delle ragioni fondamentali per cui è giusto contrastare gli stereotipi di genere è che, spesso, fungono da giustificazione alla violenza, sia psicologica sia fisica. E, seppur nella maggior parte dei casi le vittime siano donne o minori, è importante tenere a mente che – come ricorda anche Maschile Plurale – la violenza di genere ci riguarda tutti. E non è sempre facile da riconoscere per chi la subisce e per chi vi assiste – soprattutto quando coinvolge noi stessi e/o i nostri cari. Al di là della diffusa e deprecabile tendenza sociale a minimizzare la violenza di genere e colpevolizzare le donne abusate, fatto che già di per sé costituisce uno dei maggiori freni alla querela, denunciare di aver subito violenza è il punto d’arrivo di un percorso personale doloroso e difficoltoso.
La paura, il senso di colpa e di umiliazione; la sofferenza nel mettere fine a un rapporto o nel dividere una famiglia; le resistenze ad abbandonare una persona, un’idea o un’immagine di sé cui si è, proprio malgrado, abituati; il senso di solitudine e di impotenza; il terrore di non riuscire a ricostruirsi una vita personale e professionale, o a tutelare quella dei propri figli: queste sono solo alcune delle questioni che una persona si trova a fronteggiare nell’uscire da una relazione malata o nel superare un trauma subito. Per trovare la forza e il coraggio necessari a liberarsi, le vittime hanno bisogno di un’assistenza esterna qualificata. Per questo sono stati inventati i Centri Antiviolenza: in Italia esistono dal 1991 e sono un servizio radicato e attivo quotidianamente sul territorio nazionale, grazie al lavoro di associazioni, cooperative sociali, onlus, fondazioni, e al sostegno di comuni e istituzioni regionali. Una rete di aiuto e presa in carico delle vittime di violenza, con case-rifugio e operatori – quasi unicamente donne – che forniscono assistenza psicologica e legale gratuita.
È nostra responsabilità informarci sulle caratteristiche e sulle dinamiche del fenomeno della violenza di genere, conoscere i contatti utili di pronto intervento e sapere dove si trovano queste preziosissime strutture di assistenza: non solo per noi stessi, ma anche per aiutare un’amica o una conoscente.
I Centri Antiviolenza sono strutture socio-sanitarie territoriali in cui vengono accolte donne, ma anche minori e uomini, vittime di violenza: psicologica; fisica; sessuale; domestica o sul lavoro; assistita, ossia abusi in cui i minori sono spettatori di violenza domestica. Offrono diversi servizi, di cui i principali sono:
Le associazioni e gli enti che gestiscono i Centri si occupano di orientare e accompagnare le vittime nella ricerca di una nuova professione o un nuovo lavoro. Spesso, inoltre, si dedicano ad attività di formazione; sensibilizzazione; prevenzione; raccolta e analisi dati.
I Centri Antiviolenza esistono in Europa fin dal sedicesimo secolo: erano rifugi per donne maltrattate, ragazze gravide non sposate e prostitute che volevano cambiare vita. Dagli anni Settanta del Novecento, grazie al movimento femminista, il fenomeno della violenza domestica e di genere inizia a essere riconosciuto: in Italia, con la riforma del diritto di famiglia e la legge sul divorzio, le donne hanno potuto iniziare a denunciare gli abusi. Nel 1991 si è costituita la prima, ma informale Rete dei Centri Antiviolenza; nel 2006, a Roma, 56 centri autonomi, al fine di dotarsi di principi identitari e criteri metodologici comuni, hanno firmato la Carta dei Centri Antiviolenza. Nel 2009, il Dipartimento delle Pari Opportunità ha istituito il 1552, il Telefono Rosa, per tutelare vittime di violenza e di atti persecutori. Nel 2011 la Convenzione di Instambul, voluta dal Consiglio di Europa, ha imposto al nostro Dipartimento nuovi standard per proteggere le vittime e punire gli aggressori. L’idea alla base della Convenzione è il riconoscimento della violenza contro le donne come forma di discriminazione e come violazione dei diritti umani.
Dal punto di vista giuridico, non esiste ancora una normativa nazionale che regolamenti i Centri, ma per fortuna iniziano a essere molte le leggi e finanziamenti regionali. L’associazione più importante in Italia è D.i.Re, Donne in Rete contro la violenza, una rete di 80 centri nata nel 2008. Esistono poi, a livello europeo, la WAVE, Woman Against Violence Europe, e a livello mondiale, GNWS, Global Network Women’s Shelter.
In caso di pericolo immediato o di violenza subita, chiama – o chiedi a qualcuno di chiamare per te – le Forze dell’Ordine:
Carabinieri – 112;
Polizia di Stato – 113.
Se hai subito percosse o altri soprusi fisici, e presenti ferite e traumi, chiama l’Emergenza sanitaria – il 118; oppure vai al Pronto Soccorso più vicino o da un medico di fiducia e fatti rilasciare un referto medico che documenti l’accaduto, con data, ora e circostanze – potrebbe costituire una prova scritta in caso di processo penale.
O ancora, contatta il Centro Antiviolenza più vicino a casa tua.
Per trovarlo puoi consultare il portale di D.i.Re: qui c’è la pagina con tutti i Centri della rete, divisi per regione.
Qui invece c’è Comecitrovi, una mappa interattiva di tutti i centri sul territorio italiano, creata dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna.
Oppure puoi chiamare il Telefono Rosa componendo il 1522: è un numero verde di pubblica utilità attivo 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno; le operatrici telefoniche del call center offrono, nel rispetto dell’anonimato, un sostegno psicologico e giuridico alle vittime di violenza di genere e e stalking; il servizio è accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un’accoglienza in multilingue – in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo.
Esiste inoltre uno sportello antiviolenza online di REAMA, la Rete per l’Empowerment e l’Auto Mutuo Aiuto; e uno sportello per uomini, il Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti, la prima struttura in Italia che si occupa di prendere in carico uomini autori di comportamenti violenti.
Se hai subito violenza, dal punto di vista legale puoi agire nei seguenti modi:
Se hai difficoltà economiche, nessun problema: grazie alla Convenzione di Instambul, puoi comunque affrontare le spese legali grazie al patrocinio gratuito senza limiti di reddito.
Inoltre, nel caso del ricovero e della permanenza in casa rifugio, non ci sono spese per la vittima: generalmente il Comune di residenza si fa carico della retta. Esiste anche la possibilità, per alcune lavoratrici, di richiedere un congedo retribuito di tre mesi.
Sei preoccupato per te o per una persona a te vicina? Fai il test “Sono a rischio violenza?” di D.i.Re: potrebbe aiutarti a capire meglio la gravità della sua situazione, o altrimenti a riconoscere i segni di una relazione violenta in chi ti sta accanto. Se poi vuoi provare ad aiutare qualcuno ma non sai come affrontare l’argomento, segui gli inestimabili consigli della sezione Domande/Risposte del sito – vedi, ad esempio, questo articoletto.
Speriamo che il governo decida al più presto di regolamentare con norme e finanziamenti l’attività dei centri, in modo da assicurare i fondi necessari al prosieguo di questi servizi; e che si adoperi per un inquadramento legislativo del fenomeno femminicidio e violenza di genere più coerente ed efficace di quello attuale, affinché, come dispone la Convenzione di Instambul, fornisca maggiori tutele per donne italiane e straniere, residenti e migranti.
Source: freedamedia.it
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