Niente figli, siamo cinesi. Diciotto mesi (e due potenziali gravidanze) dopo la rinuncia ufficiale alla dottrina del Figlio Unico, le autorità di Pechino sono costrette a registrare, scoraggiate, il sostanziale fallimento di questa particolare forma di liberalizzazione.
Il tasso di incremento demografico resta fermo allo status quo ante, se non addirittura arretra rispetto persino a due anni fa. Il problema, secondo i dati degli uffici di statistica regionali che in questi giorni affluiscono verso la capitale, non è tanto quello delle province più arretrate come il Guanxi e il Gansu, dove pare che le minoranze etniche più povere si stiano adattando ai trend dei più ricchi Han. Preoccupa semmai che nella Cina più profonda il tasso di incremento della popolazione avanzi svogliatamente, crescendo di sole 0,2 nascite all’anno ogni mille abitanti. Un’autentica delusione se si paragona la situazione di oggi all’impeto procreativo che costrinse il Partito, appena iniziata l’era di Deng Xiao Ping, a imporre un freno agli entusiasmi. La Cina Popolare dell’epoca aveva trent’anni scarsi, quella di oggi sfiora i 70.
Tra le spiegazioni del fenomeno il fatto che proprio la politica del figlio unico, calata in una società sessista, ha indotto alla procreazione di maschi in numero sproporzionato. La famiglia contadina cinese tradizionalmente considera la femmina molto meno importante. Costretta a scegliere, sceglie l’uomo. Le bambine di allora, divenute oggi donne e potenziali mamme, sono pertanto molto poche, troppo poche per assicurare un adeguato ricambio generazionale. In più, dai tempi dell’apertura all’economia di mercato è cresciuto il numero delle donne che lavorano, che si impegnano al di fuori della famiglia e quindi, come in Occidente, sono meno propense a ricoprire la funzione di madri. E, quando lo diventano, si trovano di fronte alle sempre più alte spese per il mantenimento e l’istruzione della prole; senza considerare che resta valida la vecchia formula: meno figli, più divertimento.
Tanto è vero che in più di una provincia si fa strada l’idea, poco liberista e molto keynesiana, di introdurre una serie di misure pubbliche a sostegno di chi si decide a dare una mano al mantenimento del livello della popolazione. Sussidi economici, aspettative pagate per la maternità e la paternità, permessi straordinari per chi ha i figli malati. E la Cina incomincia a somigliare alla Svezia di una volta
Per approfondire:
Source: agi.it/estero
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