Dall’introduzione della Tari nel 2014 a oggi i Comuni hanno commesso errori sul calcolo sulla tassa dei rifiuti applicata a box auto, cantine e garage, ma la buona notizia è che i contribuenti possono ora richiedere il rimborso. Lo ha stabilito il ministero dell’Economia e delle finanze che, con una circolare, ha specificato che “è corretto computare la quota variabile una sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica”. Qualora il contribuente “riscontri un errato computo della parte variabile della tassa sui rifiuti effettuato dal Comune o dal soggetto gestore del servizio può chiedere il rimborso del relativo importo in ordine alle annualità a partire dal 2014, anno in cui la Tari è entrata in vigore”.
Le richieste vanno fatte inviando al Comune (o al gestore del servizio) una raccomandata di andata e ritorno (o una Pec – mail di posta elettronica certificata) intimando il rimborso entro e non oltre i 30 giorni. È fondamentale, inoltre, indicare “il contribuente, l’importo versato e quello di cui si chiede il rimborso”, specificando anche la pertinenza che ha generato l’errore.
Ma dov’è nato l’errore? A generare confusione – spiega il Sole 24 Ore – sono stati “i criteri seguiti in una serie di Comuni, grandi e piccoli, per applicare la “quota variabile” del tributo. Accanto alla “quota fissa”, che va moltiplicata per i metri quadrati, la Tari prevede infatti una parte variabile, che cambia in base al numero degli abitanti dell’immobile e serve a parametrare il conto alla quantità di rifiuti prodotti. Secondo le stime dell’Aduc, ogni persona paga in media circa 40-50 euro per la Tari, ogni metro quadrato dell’abitazione e delle pertinenze, invece, ‘costa’ intorno ai 2 euro.
L’errore – sostiene La Stampa – è stato fatto sulla quota variabile relativa alle pertinenze. Questa quota, che conteggia il numero di persone che vivono nell’abitazione, è stata applicata a ogni pertinenza dell’abitazione. Invece deve essere contata una sola volta per tutto l’immobile. Facendo l’esempio dell’abitazione da 100 metri quadri con 4 persone e 3 pertinenze: la parte variabile (parametrata su 4 persone) doveva essere considerata una volta sola. Invece è stata calcolata una prima volta per la quota del garage, una seconda per la cantina e una terza nel box auto. Vuol dire 400 euro di troppo ogni anno. Ora la circolare parla chiaro: “Un diverso modus operandi da parte dei Comuni non troverebbe alcun supporto normativo, dal momento che condurrebbe a sommare tante volte la quota variabile quante sono le pertinenze, moltiplicando immotivatamente il numero degli occupanti dell’utenza domestica e facendo lievitare conseguentemente l’importo della TARI”.
Dalle istruzioni del ministero dell’Economia restano esclusi la possibilità di chiedere rimborsi anche per il 2013, quando era in vigore un tributo (la Tares) caratterizzato dalle regole poi ereditate dalla Tari, come spiega la stessa circolare. Fuori dal problema, e quindi dai rimborsi, è anche la “Tari puntuale”, applicata finora in meno di 300 Comuni che provano a misurare davvero la quantità dei rifiuti prima di calcolare la bolletta.
Per capire se siamo nella casistica di chi ha pagato più del dovuto, occorre verificare il bollettino di pagamento e andare a cercare le voci Pf (parte o quota fissa) e Pv (parte a quota variabile). In genere è in questo modo che viene espresso l’importo. Se la parte variabile è troppo elevata, il rischio errore è alto. Non tutti i Comuni però indicano nel dettaglio le varie parti della tariffa. In questo caso, va chiesto il dettaglio all’amministrazione. In alternativa si possono verificare i regolamenti comunali, anche per un incrocio dei controlli.
Source: www.agi.it