di Tino Colacillo
Energia pulita per duemila abitazioni. È questa la potenza sviluppata dalla centrale fotovoltaica inaugurata la settimana scorsa nel sito nucleare di Cernobyl. L’impianto, costato 1,2 milioni di euro e formato da 3.600 pannelli, è stato realizzato grazie a una joint venture fra l’azienda ucraina Rodina e la tedesca Enerparc Ag, la Solar Cernobyl. “Nessuno ha mai tentato qualcosa di simile prima d’ora, né qui né altrove nel mondo – ha detto Evgeny Variagin, amministratore delegato di Solar Cernobyl – Si tratta di un primo passo e siamo convinti che sarà un successo».
I pannelli fotovoltaici sono stati posizionati su 1,6 ettari di terreno contaminato, a un centinaio di metri dal sarcofago costruito sopra il reattore 4 esploso il 26 aprile 1986. Il progetto sfrutterà la rete di trasmissione dell’energia elettrica che Cernobyl aveva utilizzato fino al Duemila, anno di spegnimento dell’ultimo reattore. La piccola centrale solare, in realtà, potrebbe essere l’inizio di un progetto molto più grande. Il governo ucraino, infatti, ha messo a disposizione un’area di 2.600 km quadrati, fortemente contaminata e non adatta all’agricoltura e all’industria, sulla quale realizzare entro il 2019 un impianto di 100 MW.
“La costruzione di una centrale rinnovabile in un sito contaminato dalle radiazioni – commenta Sergio Ferraris, direttore di QualEnergia – oltre ad avere un alto valore simbolico può anche indicare per il nostro Paese una strada nel riutilizzo dei terreni contaminati”. La presenza di un’infrastruttura elettrica e la disponibilità di terreni e aree industriali difficili da riconvertire possono incentivare le aziende a investire sull’energia rinnovabile. “Questo processo – precisa Ferraris – dovrebbe avvenire sotto un rigoroso controllo pubblico e prevedere la bonifica dei siti prima di installare pannelli solari o impianti eolici. Speriamo che nella prossima bozza di decreto sulle fonti rinnovabili la bonifica, oggi assente nel testo, sia obbligatoria”. La riconversione di siti contaminati, inoltre, ridurrebbe il consumo di suolo per la creazione di impianti eolici e fotovoltaici in zone ad alta vocazione agricola e turistica o con forti vincoli paesaggistici.
Source: lanuovaecologia.it
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