La ricerca, presentata a Barcellona nel corso del congresso di cardiologia, in pratica mette in discussione ciò che finora avevano raccomandato tutte le linee guida di prevenzione della salute cardiaca. Ma come si è arrivati a questa nuova ipotesi secondo cui è una dieta ricca di glucidi a dover essere associata a un maggior rischio di mortalità?
Ebbene, secondo Mahshid Dehghan, ricercatrice della Population Health Research Institute della McMaster University, dallo studio PURE (Prospective Urban Rural Epidemiology) si evince che la riduzione dei grassi “non migliorerebbe la salute delle persone”. Di contro, i vantaggi deriverebbero dalla riduzione dei glucidi, ossia i carboidrati sotto il 60% dell’energia totale, “e aumentando l’assunzione di grassi totali fino al 35%”.
PURE ( Prospective Urban Rural Epidemiology) è uno studio osservazionale condotto dall’Università di Hamilton, in Ontario, che vuole esaminare l’impatto dell’urbanizzazione sulla “prevenzione primordiale” (come attività fisica o cambiamenti nell’alimentazione), sui fattori di rischio (obesità o ipertensione) e l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Lo studio è stato condotto per 12 anni su più di 154 mila persone tra i 35 e i 70 anni, arruolati tra il 2003 e il 2013 in 18 paesi ad alto, medio e basso reddito dei cinque continenti.
I ricercatori hanno analizzato il consumo di carboidrati e dei diversi grassi del campione con questionari validati a livello nazionale e relativi allo stile di vita e alla nutrizione, suddividendo poi i partecipanti in classi a seconda della dieta seguita. Hanno poi confrontato i dati con quelli relativi agli eventi e alla mortalità cardiovascolare: in totale 5796 decessi e 4784 eventi. Nella fascia alta del consumo di grassi, i partecipanti hanno mostrato una riduzione del 23% del rischio di mortalità totale, una riduzione del 18% del rischio di ictus e del 30% del rischio di mortalità per cause non cardiovascolari.
Ogni tipo di grasso era associato alla riduzione del rischio di mortalità: meno 14% per i grassi saturi, meno 19% per i grassi monoinsaturi, meno 29% per quelli polinsaturi. Una maggiore assunzione di grassi saturi è stata anzi associata a una riduzione del 21%.
In pratica, lo studio ha associato minori rischi all’assunzione di grassi, mentre sarebbe l’elevata assunzione di carboidrati a determinare un maggior rischio di mortalità cardiovascolare. Coloro che evitano di mangiare grassi, dicono gli scienziati, generalmente li sostituiscono con carboidrati come pane, pasta e riso, lasciando fuori dalla loro dieta nutrienti importanti e, secondo lo studio, un’alimentazione ricca di carboidrati è tra le più nocive, tanto che aumenta del 28% il rischio di morte prematura.
Conclusione? La ricerca consiglia di assumere il 35% di calorie proprio dal grasso. Per gli uomini significa 30 grammi al giorno, per le donne 20. Chi invece mangia più del 60% delle proprie calorie dai carboidrati ha un alto rischio di morte prematura.
Insomma, più grassi che carboidrati? Noi continuiamo a sostenere che l’unica arma vincente sia una dieta equilibrata che comprenda ogni tipo di alimento e nutrienti. In ogni caso, tuttavia, ricordatevi che sono i grassi alla base della dieta mediterranea che possono essere assunti con regolarità e fare perciò attenzione alla qualità dei grassi che scegliete: quelli da privilegiare sono i mononsaturi com l’olio di oliva e alcuni polinsaturi come gli Omega 3 del pesce o della frutta secca.
Source: greenme.it
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