Una relazione lungimirante e dettagliata, quella redatta da scienziati che appartengono a 13 agenzie federali e che si inserisce nel National Climate Assessment richiesto dal congresso ogni quattro anni.
Il New York Times è riuscito ad ottenerne una copia riservata.
“Le prove del cambiamento climatico sono abbondanti, dall’alto dell’atmosfera alla profondità degli oceani, si legge nel rapporto.
Un duro colpo per i negazionisti capitanati da Trump, tant’è che adesso si teme, che il presidente americano, possa rallentare o addirittura bloccare gli studi sull’impatto che i cambiamenti climatici stanno avendo negli Stati Uniti.
Secondo gli scienziati, l’innalzamento delle temperature registrato negli ultimi sessant’anni è dovuto all’azione dell’uomo. Si legge nello studio:
“Dal 1880 al 2015 le temperature sono aumentate di 1,6 gradi Fahrenheit e le cause sono da considerarsi legate al comportamento degli esseri umani. La situazione è addirittura precipitata con un drammatico aumento delle temperature che ha portato al clima più caldo degli ultimi 1500 anni”.
E ancora, dice il rapporto che non è ancora stato approvato dall’amministrazione Trump:
“Ci sono evidenze che dimostrano come le attività umane, specialmente le emissioni di gas serra, sono le principali responsabili per i cambiamenti climatici rilevati nell’era industriale. Non ci sono altre spiegazioni alternative, non si tratta di cicli naturali che possano spiegare questi cambiamenti climatici”.
Il pericolo non è solo il negazionismo della Casa Bianca dopo il ritiro dagli Accordi di Parigi, ma anche il fatto, che a capo dell’Epa, l’Environmental Protection Agency, c’è il direttore Scott Pruitt, da sempre scettico.
Il rapporto cita poi le ondate di calore del 2013 in Europa e del 2013 in Australia come prove dell’effetto dell’attività umana sulle temperature estreme.
Secondo i dati raccolti, tutto il territorio degli Stati Uniti è stato toccato dai cambiamenti climatici e le temperature medie cresceranno fra i 2,8 e i 4,8 gradi entro la fine del secolo a seconda del livello delle future emissioni inquinanti.
Particolarmente allarmante è il riscaldamento climatico in Alaska e nell’Artico, che procede due volte più in fretta rispetto alla media globale, con conseguenze sul livello di innalzamento dei mari che pongono a rischio le comunità costiere.
Source: greenme.it
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