La comunità scientifica concorda nell’attribuire la colpa dei cambiamenti climatici e dei loro effetti all’attività umana e alle emissioni di gas serra riversati nell’atmosfera per decenni, così come al prelievo smisurato di risorse. Gli effetti che attendono le prossime generazioni sono cataclismi che potrebbero portare alla fine del genere umano, o a trasformazioni che lascerebbero intatto davvero pochissimo di ciò che abbiamo oggi intorno. Nonostante questo ci coinvolga in prima persona, tendiamo ad assistere al declino dell’umanità come se fossimo semplici spettatori affacciati ad una finestra.
E’ vero, ci vogliono centinaia di anni perché si arrivi al collasso totale se non cambiamo rotta, ma pare proprio che per “svegliarci” un cataclisma debba essere ancora evidente già oggi o abbastanza imminente da farci riflettere. Poco importa se le conseguenze dei cambiamenti climatici sono davanti ai nostri occhi (siccità, allagamenti, migrazioni, ghiacciai che cedono all’innalzamento delle temperature, come nel caso del Larsen C …), continuiamo a cercare di limitare i danni a posteriori senza che, nella maggior parte dei casi, riflettiamo su come creare da oggi città resilienti e limitare le emissioni in maniera radicale.
C’è soltanto una possibilità remota che la temperatura non si alzi più di 2 gradi Celsius. Il punto di non ritorno è incarnato proprio da quei 2 gradi Celsius in più: un innalzamento della temperatura maggiore sarebbe fatale. Ma secondo gli scienziati la possibilità di riuscire a restare al di sotto di quel limite fino al 2100 è solo del 5%.
Su Nature Climate Change è stato pubbicato uno studio che mostra come la traiettoria seguita dalla temperatura globale sia poco rassicurante: la soglia limite di innalzamento fissata anche durante l’Accordo di Parigi sarà superata. E siamo in ritardo con i rimedi. C’è soltanto un flebile 5% di possibilità di non andare oltre i limiti e l’1% di possibilità di fare di meglio, contenendo l’innalzamento della temperatura fino a meno di 1,5 gradi Celsius al 2100.
Secondo Adrian Raftery dell’Università di Washington “gli obiettivi sono ancora raggiungibili ma nei prossimi 80 anni gli sforzi devono essere concentrati su tutti i fronti”. Lo scenario non è certo dei migliori. Ma ricordiamo che i 2 gradi Celsius come soglia limite sono stati teorizzati già nel 1977 (da William nordhouse, economista di Yale), che abbiamo fatto nel frattempo?
Sì, stiamo migliorando, ma non radicalmente. Secondo quest’ultimo studio, l’innalzamento delle temperature fino al 2100 è più probabile che si aggiri tra i 2 e i 4,9 gradi Celsius. La media prevista è di 3,2 gradi, comunque al di sopra del limite. I dati utilizzati sono quelli che già mostrano gli effetti delle politiche di contenimento delle emissioni già implementate, proiettati nel futuro (in sostanza, si tratta dei dati dell’Intergovernmental Panel on Climate Change). Servono azioni più incisive.
A sorpresa, non incide un parametro che spesso si considera cruciale: la popolazione. Ma il motivo è semplice: la popolazione crescerà soprattutto in zone come l’Africa, zone in cui le emissioni non vengono prodotte o sono molto basse. Zone che paradossalmente, più di altre, subiscono già gli effetti dei cambiamenti climatici generati dal mondo industrializzato.
Source: greenme.it
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