In Italia, circa tre milioni di donne soffrono di endometriosi, una malattia cronica, complessa, e unicamente femminile, che consiste – sintetizzando molto – nella crescita del tessuto che riveste l’utero, cioè l’endometrio, in zone del corpo in cui non dovrebbe esserci. Si tratta di una patologia estremamente dolorosa e invalidante, di cui però si parla ancora troppo poco.
Certo, la decisione di alcune donne celebri, come Lena Dunham o Susan Sarandon, di condividere pubblicamente la propria esperienza con la malattia, ha aiutato a creare una maggiore sensibilizzazione sul tema, soprattutto in alcuni paesi. Ma le donne che ne soffrono si sentono ancora nell’ombra e lamentano a gran voce il disagio causato da una società poco informata, da tempi estremamente lunghi di diagnosi (alla volte ci vogliono parecchi anni per individuare la malattia), da spese sanitarie troppo elevate, specialmente se si considera che stiamo parlando di una patologia cronica. Il primo passo per provare a migliorare le cose è parlarne, cercare di normalizzare il dialogo, coinvolgendo anche chi non soffre di questa malattia, perché è solo insieme che si possono cambiare davvero le cose.
Per questo motivo, abbiamo deciso di metterci in contatto con il Professor Pietro Giulio Signorile, presidente e fondatore della Fondazione Italiana Endometriosi, che dal 2007 opera nel campo della malattia, allo scopo di migliorarne le ricerche, le cure e di offrire supporto a chi ne soffre – anche tramite la recente attivazione di una Community su Facebook, dove tutte le donne possono confrontarsi tra loro, condividendo esperienze e consigli.
D: Spieghiamolo a chi non lo sa: che cos’è l’endometriosi? Da che sintomi è caratterizzata? Esiste in varie forme, e se sì, quali?
R: L’Endometriosi consiste nella presenza dell’endometrio al di fuori della cavità uterina. L’endometrio è il tessuto normalmente presente all’interno dell’utero, responsabile del ciclo mestruale femminile. Nel momento in cui esso si trova, in maniera anomala, al di fuori della cavità uterina, provoca infiammazione e formazione di cisti nell’apparato genitale femminile. La somma di questi fattori causa dolori cronici e possibile infertilità. Esistono vari gradi di gravità della malattia denominati stadi, dal primo, il più lieve, al quarto, che è il più grave.
D: È una malattia genetica? Si manifesta con l’inizio del ciclo o può accadere che si faccia sentire più avanti?
R: In parte sì, perché è il risultato della combinazione di molteplici fattori genetici, di cui, però, come dimostrato da numerosi studi scientifici, non esiste prevedibilità.
Per questo, l’endometriosi si definisce come poliformismo genetico, con cui per la specifica patologia si intende il comportamento anomalo delle cellule, dettato da molteplici fattori. Queste cellule anziché comportarsi in maniera normale vanno ad accumularsi in modo anomalo e in posizione impropria, sotto forma di cisti che creano infiammazione cronica. La malattia si può sviluppare in un lasso di tempo che va dal periodo prepuberale a quello appena posteriore alle prime mestruazioni. Allo stesso tempo, ci sono molto donne che si accorgono di avere l’endometriosi anche dopo anni dal primo ciclo, fino a che i sintomi non diventano evidenti. Può crescere nel tempo a causa degli ormoni estrogeni che tutte le donne producono normalmente dalle loro ovaie, perché è una malattia estrogeno-dipendente.
D: L’endometriosi può essere molto difficile da diagnosticare: come avviene la diagnosi? A parte il dolore, esistono dei sintomi inequivocabili che possono metterci in allarme?
R: La malattia è di difficile diagnosi e ha dei sintomi che non vanno mai sottovalutati. Il dolore mestruale e premestruale intenso è uno di quelli inequivocabili, così come lo sono il dolore intenso ovulatorio, il dolore nei rapporti sessuali, la stanchezza fisica cronica, i disturbi intestinali associati al ciclo mestruale, il dolore rettale, l’emicrania e l’infertilità. Per una patologia come l’endometriosi è fondamentale un percorso continuativo insieme a uno specialista. Può sembrare banale, ma non lo è. Il percorso medico-paziente permette di approfondire ogni sintomo e indagare nella storia clinica specifica del paziente, per intervenire con terapie ad hoc. Tra gli esami da fare certamente vi sono visite ginecologiche ed esplorazioni rettali, risonanza magnetica, esami del sangue specifici, e ecografie pelviche transvaginali.
D: Perché ancora troppi ginecologi sottovalutano i dolori e i sintomi che le donne descrivono?
R: Storicamente si è a lungo pensato che le donne fossero in grado di sopportare il dolore, per via della loro capacità procreativa. Il dolore mestruale per secoli è stato considerato una normale risposta dell’organismo; se in più aggiungiamo che l’endometriosi è davvero difficile da diagnosticare, le cose si complicano. Questi motivi hanno spinto a una sottovalutazione del sintomo. Per fortuna le cose stanno cambiando: la maggiore consapevolezza e informazione sulla malattia si spera vada a ridurre il numero di cattive diagnosi.
D: Quali sono i metodi per agire sulla malattia?
R: Le medicine a base di ormoni hanno un’azione temporanea, il che significa che i sintomi si riaffacciano quando la terapia viene sospesa. Altri farmaci soppressori degli estrogeni hanno efficacia temporanea sui sintomi, ma determinano effetti collaterali e vanno assunti per un tempo limitato. La rimozione della malattia con chirurgia mininvasiva laparoscopica, che garantisce l’asportazione completa del tessuto ectopico, è oggi l’unica opzione realmente terapeutica per l’endometriosi.
D: Molte donne lamentano i costi proibitivi dei medicinali che devono assumere per la malattia: perché, nonostante sia così diffusa, il Sistema Sanitario non le aiuta? A chi possono rivolgersi per trovare sostegno in tal senso?
R: Sono in corso varie azioni a livello delle singole Regioni per dispensare i farmaci con il ticket: ogni Regione, però, decide secondo il suo budget. Bisogna che anche le donne si mobilitino per ottenere di più.
D: Ultimamente si è parlato molto della decisione di Lena Dunham, attrice e sceneggiatrice statunitense, di sottoporsi a isterectomia per porre fine ai dolori causati dall’endometriosi: l’isterectomia è davvero una soluzione?
R: No, purtroppo no. Infatti la stessa Lena Dunham, poco dopo l’intervento, ha subito dichiarato di aver riscontrato di nuovo tutti i sintomi e i derivati dolori. Tale procedura infatti non risolve la sintomatologia e la malattia, senza contare che porta a una irrimediabile perdita di capacità riproduttiva. Per questo non viene consigliata nelle linee guida del trattamento dell’endometriosi.
D: A parte le terapie farmacologiche, esistono metodi o comportamenti che possono migliorare la vita di una donna che soffre di endometriosi? L’alimentazione, ad esempio, che ruolo gioca?
R: L’alimentazione basata sulla riduzione dei cibi pro-infiammatori e sull’aumento della assunzione dei cibi antinfiammatori, associata a integratori alimentari dedicati, che riducono l’infiammazione, ha un effetto sui sintomi della malattia, e permette di migliorare la qualità di vita della paziente. L’alimentazione dedicata è stata proposta per la prima volta dalla nostra Fondazione Italiana Endometriosi oltre dieci anni fa e ha davvero un ruolo importante. I risultati sono oggi confermati da diversi studi.
D: L’endometriosi è una delle principali cause di infertilità femminile: può spiegarci meglio in che modo le due cose sono connesse, quali sono i reali rischi di infertilità e cosa si può fare per arginarli?
R: L’endometriosi è causa di infertilità per il 40% delle donne che ne soffre. Sono numeri davvero alti. Ricordo che in Italia si stima che il numero di donne affette sia di circa 3 milioni, e 176 milioni nel mondo. Le principali cause di infertilità da endometriosi sono due. Prima di tutto il danneggiamento delle riserve ovariche, nelle donne che hanno, per motivi congeniti, una carenza di ovociti. In questo caso gli accumuli di tessuto anomalo e le infiammazioni causate dalla malattia danneggiano le già minime riserve ovariche dei soggetti interessati provocando infertilità.
In secondo luogo la possibile carenza di proteine prodotte dall’endometrio, causate dalle modifiche delle pelvi (aderenze), dall’infiammazione cronica dei tessuti dei genitali interni e dalla modifica che la malattia può causare all’endometrio. Queste proteine, anche dette proteine di adesione, hanno il compito di far aderire l’embrione alla parete della cavità uterina. L’asportazione della malattia rimuove le aderenze e ripristina, nella maggior parte dei casi, la situazione biochimica dell’endometrio, aumentando la fertilità.
D: Cosa succede all’endometriosi con la menopausa?
R: Normalmente con la cessazione della produzione ovarica degli estrogeni (menopausa), anche l’endometriosi recede, e cessa la sua attività di funzionamento. Detto questo, possono sempre verificarsi eccezioni che richiedono un monitoraggio approfondito e specialistico della paziente.
D: Nonostante colpisca una donna su dieci, di endometriosi si parla ancora troppo poco: secondo lei perché?
R: Spesso si tende a sottovalutare l’entità della sintomatologia, e non sempre si ascolta con la dovuta attenzione quello che il paziente cerca di comunicare. Inoltre la difficoltà a diagnosticare la malattia e la difficoltà ad intraprendere il giusto percorso di cure fa sì che si tenda un po’ a nascondere il problema o a reinviarne l’eventuale soluzione.
Bisogna anche ricordare che è una malattia di genere, e pertanto soffre un po’ a causa di questa sua caratteristica. Infine non vi è ancora una piena consapevolezza a mostrare la malattia da parte di alcune donne, che quasi se ne vergognano e non la accettano.
D: Cosa pensa della legge sul congedo mestruale? È davvero utile?
R: No, penso di no, non sono d’accordo a porre una normale funzione femminile, biologica e naturale, su un piano di tutela, come se il soggetto femminile avesse per natura un handicap. Piuttosto reputo sia importante tutelare le donne affette da endometriosi in quanto hanno una vera e importante patologia. Ad oggi è riconosciuta solo con un piccolo punteggio di invalidità civile, ma non si considerano le reali difficoltà che una malattia come l’endometriosi può portare sul luogo di lavoro.
D: Oltre all’aspetto fisico della malattia, esiste anche quello psicologico, che non è meno importante, anzi. E spesso proprio questo aspetto è legato anche alla reazione che la società ha alla malattia: quali sono, secondo lei, gli accorgimenti più importanti che una società dovrebbe avere per essere di aiuto alle donne che soffrono di endometriosi?
R: Tutela sul posto di lavoro, pari dignità con le altre malattie, estendere la consapevolezza con azioni di informazione corrette su media e social, fondi dedicati alla libera ricerca scientifica con progetti di ricerca traslazionali, infine come già suggerito dall’indagine conoscitiva sulla malattia del Senato della Repubblica Italiana del 2006, implementare la formazione del personale sanitario su tale patologia.
D: La Fondazione Italiana Endometriosi si batte per tre cause legate alla malattia: la ricerca, il sostegno e la cura, e, a proposito di sostegno, ha da poco dato vita a una community online che ha proprio questo scopo. Ci racconta un po’ di questa community e delle donne che ne fanno parte?
R: Siamo sul campo per questa malattia da oltre vent’anni e come Fondazione da 11. Il nostro principale obiettivo è e rimane la ricerca scientifica, dove in poco tempo abbiamo ottenuto importanti risultati e riconoscimenti. Ovviamente non abbiamo mai trascurato il sostegno alle donne. Per questa ragione, abbiamo fondato la Community Endometriosi, un gruppo privato dedicato alle donne e mediato dal nostro team. La Community ci ha dato la possibilità di diffondere in diretta e in modo semplice e pulito le direttive scientifiche sulla malattia; è diventata quasi subito un luogo di confronto, una fonte di informazione e aggiornamento sulla ricerca; ma soprattutto è uno spazio di sostegno psicologico, dove si possono fare domande, condividere le proprie esperienze e leggere ricette di piatti in linea con le indicazioni alimentari utili a contrastare la malattia. Le donne che hanno risposto in massa a tale iniziativa hanno mostrato con il loro entusiasmo che vi era un’assoluta necessità di confronto e dialogo e che c’è ancora tanto lavoro da fare.
Source: freedamedia.it
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