Questa lettera parla dell’autismo. Della realtà che accompagna migliaia di famiglie. Della paura dell’ignoto. Del rifiuto da parte della società. Del rebus dell’autismo. Del dolore di migliaia di genitori di tutto il mondo.
Tuttavia, soprattutto, parla del dolore di un bambino, dell’incomprensione e dell’abbandono. Parla delle cose perse ed irrecuperabili, del bisogno di fare chiarezza e ripensare ai nostri atteggiamenti. Parla dell’inclusione sin dalla culla, non dell’integrazione.
Questa è la lettera scritta dalla mamma di un bambino affetto da autismo e pubblicata sulla sua pagina facebook “My Boy Blue”. In essa il bambino viene identificato con il blu, il colore con cui si rappresenta l’autismo per sensibilizzare la società. Perché è diventata un simbolo? Perché rappresenta quello che vivono giornalmente le famiglie e le persone che convivono con l’autismo.
Il blu ha la peculiarità di essere brillante come il mare in una giornata estiva e di scurirsi come fa un mare in tempesta. È una forma grafica di rappresentare le sfide da affrontare dopo la diagnosi di autismo.La lettera di “My Boy Blue” per far riflettere tutti
“Quando ho aperto questa pagina, mi sono ripromessa che quest’anno avrei fatto capire alle persone cos’è l’autismo. Il mio desiderio più grande per quest’anno è far capire a chi giudica. Quando scopri che stai per diventare mamma, sogni la prima volta che avrai il tuo bambino tra le braccia, sogni di vestirlo, ossessionandoti con ognuno dei suoi movimenti. Sogni la sua prima parola, la prima volta che applaudirà con le sue manine, la prima volta che si allontanerà da te e, certamente, i suoi primi passi. Tutte cose normali.
Bene, a casa mia queste cose sono ben lontane dalla normalità. Sì, ne avevamo qualcuna, ma sono scomparse. Le parole si sono perse, diversi momenti chiave sono andati perduti e molte lacrime sono state versate lungo il cammino. E il problema non è che mio figlio sia pigro. Non sta recitando. Il mio piccolo è come tuo figlio, gli piace ballare, gli piace essere abbracciato, piange quando cade e adora Topolino.
Tuttavia, è connesso in modo diverso. Le piccole cose che diamo tutti i giorni per scontato per lui sono le cose più difficili. Luci, suoni, odori o persino la presenza di qualcuno possono causare un sovraccarico che è troppo difficile da sopportare per il mio piccolino.
Le cose normali, come andare a fare shopping, giocare in un parco giochi per bambini o persino tagliare i capelli, possono essere insostenibili per lui. Alle persone che lo guardano perché canticchia, unitevi alla sua canzoncina, perché ai suoi occhi sta cantando la più bella canzone al mondo.
I bambini non notano le differenze, vogliono solo giocare, lasciateli fare. Alla signora che l’ha chiamato sfacciato al supermercato, provi a guardare le cose dalla sua prospettiva.
Agli amici che sono spariti, spero che l’autismo non bussi mai alla vostra porta. Io non cambierei il mio ometto per niente al mondo e se non riuscite a capire lui e come funziona il suo cervello, allora non meritate di fare parte della sua vita.
Stanno lottando battaglie che nessuno conosce e vi garantisco che un adulto non supererebbe nemmeno la metà degli ostacoli. Quest’anno, quindi, vi chiedo di pensare, invece di giudicare; di vivere un giorno nei panni del mio bambino e capirete che, in realtà, è un supereroe”.
L’autismo è un grande sconosciuto, dunque socialmente risulta persino inquietante. Così, Ángel Riviére, psicologo e studioso spagnolo, nel 1996, elaborò una piccola lista delle richieste che formulerebbe una persona affetta da autismo.
A seguire vi presentiamo punto per punto parte di questa riflessione:
Dobbiamo aiutare una persona affetta da autismo a proteggersi con uno scudo, dato che vede e sente con troppa intensità. Dobbiamo capire che non è sua intenzione essere “maleducato”, ma si comporta in un modo che non corrisponde alle nostre aspettative sociali.
Le persone affette da autismo non sono gusci vuoti, sono persone con carattere, sentimenti e bisogni. Non dobbiamo chiedere loro di essere “normali”, ma cercare di aiutarli e di non controllarli, lavorare dalla speranza per creare un mondo migliore.
Source: lamenteemeravigliosa.it
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