Anna Wintour è la persona più influente nel mondo della moda. Non è una modella, non è un’attrice famosa, non è di certo simpatica, eppure la conoscono tutti, anche chi non lavora nel settore. Perfino mio padre riesce a darle un volto, un nome e una descrizione: “quella di Vogue America”.
Con quel bob corto castano, lo sguardo bardato dietro gli occhialoni scuri di Chanel, la bocca arricciata in un’espressione dura, l’editor in chief di Vogue USA è riuscita a diventare la persona più ammirata e odiata del fashion business. Che si ami o si odi, è innegabile che Anna Wintour regni come unica sovrana nel mondo della moda. Se fossimo dentro Game of Thrones sarebbe senza dubbio Cersei Lannister, superba e – ammettiamolo – talentuosa regina che non ha nessuna intenzione di deporre regno e armi.
Anna ha dimostrato determinazione fin dalla giovane età. Nata a Londra da padre inglese e madre americana, la sua è una famiglia benestante dell’upper class; cresce con quattro fratelli e un padre editor presso l’Evening Standard, che è anche il suo più grande fan, il primo a profetizzare che da grande sarebbe diventata editor di Vogue. Nonostante provenga da una famiglia molto agiata, tende fin dall’adolescenza a ribellarsi ai genitori e ad avere una sua visione dell’arte, della moda e della vita: decide di lasciare la prestigiosa scuola che frequenta – dice di averlo fatto anche per colpa di quelle orrende uniformi marroni – e di buttarsi a capofitto nell’atmosfera della Swinging London. Esaltata dalla rivoluzione femminile compiuta da Mary Quant e dalla sua minigonna, Anna inizia a indossare gonne ben più corte di quelle dell’uniforme della scuola e a frequentare i posti più cool della città, gli stessi frequentati anche dai Beatles e dai Rolling Stones. È in quel periodo – quindi a soli 15 anni – che riesce a trovare IL taglio di capelli della vita: quel caschetto corto che non ha mai più mollato. Determinata a far avverare la profezia del padre, a cui assomiglia per creatività e caparbietà, Anna inizia a lavorare come editor per alcuni magazine inglesi: parte da Harper’s & Queen (oggi Harper’s Bazaar) e nel corso degli anni, grazie al suo talento, colleziona una serie di lavori per riviste sempre più grosse e importanti.
Nel 1975 decide di fare un ulteriore passo: si trasferisce a New York dove prosegue la sua strada verso la poltrona di Vogue. Inizia a farsi un nome, grazie al suo fiuto per i trend e al suo modo di collaborare con stilisti, makeup artist e fotografi emergenti che le fa guadagnare visibilità. Ma anche Anna è umana e dopo 9 mesi di collaborazione si trova ad affrontare un licenziamento da Harpers Bazaar. Nel libro Winners: And How They Succeed racconta quell’evento come un momento determinante per la formazione del suo carattere e del suo modo di lavorare:
Tutti dovrebbero essere licenziati almeno una volta nella loro carriera perché la perfezione non esiste. È importante avere delle battute d’arresto, perché è così che funziona la vita vera.
Infatti questo incidente non la ferma e – 13 anni dopo – Conde Nast la assume come editor in chief. Anna ha ben chiaro cosa vuole fare con il suo potere e con la sua nuova responsabilità: portare nuova linfa vitale alla rivista, chiamare a sé nuovi designer emergenti, introdurre l’inaspettato nella consolidata rivista di moda e allargare l’orizzonte culturale del lettore. E lo fa fin dal primo numero, Novembre del 1988, con una copertina dove una modella indossa una costosissima felpa di Christian Lacroix con un paio di blue jeans.
La sua carriera prosegue con successo e nel beato anonimato fino a quando, nel 2003, esce il best seller Il diavolo veste Prada, scritto dalla sua ex assistente Lauren Weisberger. La Weisberger nega che il personaggio di Miranda Priestly, la spietata e glamour editor che tutto pretende e mai dà, sia ispirata ad Anna, ma nel settore le voci corrono e in tanti dichiarano ai media una somiglianza impressionante con la vera Wintour: stesso carattere, stesso modo di comportarsi con i sottoposti, senza contare che negli anni le è stato appiccicato il nome di Regina di ghiaccio. Con l’uscita del film e la splendida interpretazione di Meryl Streep, Anna Wintour diventa un nome sulla bocca di tutti, anche di chi non ha interesse per la moda, tant’è che la sede di Vogue diventa il luogo verso cui gli sconosciuti puntano il dito, esclamando il suo nome ogni volta che entra ed esce da quelle porte. Ma con la solita classe inglese che la contraddistingue, Anna esce vincente anche da quell’impietoso ritratto, anzi ci guadagna pure. In un’intervista dirà: “a uno dei nostri pranzi Miuccia (Prada) si avvicina e mi dice: Anna questo libro fa bene ad entrambe”.
Penso che sia puro intrattenimento e tutto quello che trasforma la moda in qualcosa di glamour e interessante è ottimo per il nostro settore. Quindi lo sostengo al 100%.
Nel 2011 Anna sfrutta questa esposizione mediatica per lanciarsi nel progetto September Issue, un video documentario diretto da R.J. Cutler che racconta come nasce la speciale edizione di settembre di Vogue, da sempre la più ricca e importante dell’anno. Nella moda Settembre è il mese della rinascita: è il vero capodanno. Per la prima volta, il documentario regala agli spettatori l’accesso alla fantastica vita del team di Vogue, svelando le dinamiche tra l’iconica editor in chief e il suo team più stretto. Il rapporto che viene raccontato meglio è quello con Grace Coddington, la creative director della rivista, che affianca Anna fin dall’inizio. La sua figura ne esce da una parte mitigata – è una donna sicura ma che sa trattare con altre persone. Wow! – dall’altro vengono sottolineate le sue grandi doti manageriali. Anna Wintour è un mix di espressioni glaciali, battute caustiche e sguardi imbarazzati rivolti alla telecamera. Avete presente la regia di Modern Family, quando i personaggi lanciano sguardi alla telecamera mentre uno dei membri della famiglia sta dicendo qualcosa di terribile? Ecco, lei lo fa quando a parlare è qualche sfortunato del team Vogue.
Ma Anna Wintour non è solo Vogue: nel 2015 è stata nominata direttore artistico di Condé Nast, il che significa che può mettere mano a tutti gli altri magazine del gruppo, specie se sono in perdita. Una super consigliera capace di gestire riviste come Lucky e Condé Nast Traveler.
Oltre a questo c’è il suo ruolo come madrina del Met Gala, il gran ballo di beneficenza che si tiene ogni anno a New York. Anna ha iniziato nel 1999 e da allora la sua impronta è diventata sempre più incisiva, rimodellando quello che era un evento locale nell’evento fashion più importante del mondo. Sotto il suo regno il Gala ha raccolto più di 145 milioni di dollari e il costo del biglietto è salito fino ai 25.000 dollari.
Anna Wintour ha giocato un ruolo fondamentale anche nella campagna di Hillary Clinton, sostenendola fin dagli inizi con raccolte fondi, lodando la sua “feroce intelligenza e la sua notevole esperienza”, offrendole abbondante spazio su Vogue e i suoi preziosi consigli di stile. Infatti, a guidare la candidata democratica verso il mondo power suits (completi giacca e pantalone), dal fitting perfetto, c’è proprio la signora Wintour che per questa campagna raccoglie a sé tutti i migliori designer americani in circolazione. Ok, Hillary non ha vinto, ma pensate al cambiamento che hanno attuato insieme: i temi del corpo, del peso e dello stile sono sempre stati utilizzati dai media per abbattere la Clinton, e, invece, grazie alla guida della direttrice di Vogue, ha saputo rappresentare un modello di donna di successo positivo, che non ha paura di parlare di stile, perché parlarne non significa essere superficiali o meno capaci. Amen!
Il resto è leggenda. Anna nel corso degli ultimi anni è riuscita a portarci tutti dalla sua, tifiamo per le sue occhiatacce, per il suo humor inglese e non ci disturba se nelle interviste televisive indossa gli occhiali da sole. Secondo alcune indiscrezioni Anna Wintour riceve uno stipendio di due milioni di dollari, più un bonus per i vestiti di 200.000 dollari, e si vocifera che abbia lo stesso paio di Manolo Blahnik in diverse tonalità nude così da indossarle anche quando si abbronza. Eppure, nonostante questo, è impossibile odiarla: guardatela in questo video dove con Amy Schumer in cui si scambiano il lavoro per un giorno. È tutta finzione, è come essere dentro una puntata di Inside Amy Schumer, eppure è tutto perfetto: l’editor in chief di Vogue che si dà della glaciale da sola e che spacca a una serata di stand up comedy. Wintour is coming…
Source: freedamedia.it
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