Si potrebbe raccontare come la storia di una giovane ragazza che si divide tra i lavori più disparati per realizzare il suo sogno; oppure una donna che si costruisce una vita lontana dalle convenzioni dell’America degli anni ’30 o ancora, un cuore impavido che diventa una celebrità internazionale. La vita di Amelia Earhart racchiude tante storie in sé, ma sicuramente parla di uno spirito avventuroso che ha segnato più di una generazione sorvolando il cielo sopra l’Oceano Atlantico – prima donna a farlo, prima da passeggera e poi da pilota, e prima persona ad attraversare in aereo sia l’oceano Atlantico che il Pacifico. Scomparsa misteriosamente durante l’ultimo tratto dell’ambizioso volo attorno alla terra nel 1937, viene dichiarata ufficialmente morta nel 1939, ma nonostante la sua tragica fine, il suo mito rimane immortale come quello di un animo indomito e di un’instancabile esploratrice dei cieli.
Amelia Earhart nasce il 24 luglio del 1897 ad Atchison, nel Kansas, dal matrimonio turbolento tra Amelia “Amy” Otis e Edwin Earhart; il padre infatti vorrebbe dare una stabilità economica alla famiglia ma non riesce a tenersi un lavoro e a liberarsi dalla piaga dell’alcolismo. La madre per proteggere Amelia e la sorella Muriel, nei momenti più difficili, le porta a vivere dai nonni. Nonostante gli sforzi per farla crescere come una ragazza per bene dell’upper-middle class, fin da subito Amelia si distingue per la sua indolenza rispetto alle convenzioni e per la passione per i giochi d’avventura e la vita all’aria aperta. A 10 anni i genitori tornano assieme e la famiglia girerà spesso per seguire il padre nei suoi diversi lavori; Amelia cambia quindi frequentemente scuola, facendo fatica a socializzare ma spiccando nelle materie scientifiche e negli sport. Frequenta la Hyde Park High School e, una volta diplomata, ha come unico obiettivo della sua vita quello di diventare autonoma. Qualsiasi cosa, pur di andare avanti con le proprie forze.
Dopo aver visto i militari feriti di ritorno dalla Prima Guerra Mondiale, si offre come volontaria per la Croce Rossa; grazie a questa esperienza, matura le sue due grandi passioni: quella per la medicina e quella per l’aviazione. Molti dei feriti infatti sono piloti e quando entra in contatto con questo mondo comincia ad alzare lo sguardo, passando il tempo libero a osservare le esercitazioni degli aviatori. Decide intanto di iscriversi a medicina, nel 1919 la prima volta, e nel 1925 la seconda, ma in entrambi i casi deve abbandonare, per via dei problemi finanziari e famigliari. Nel 1920 però, capisce che la sua strada non è la medicina: partecipa a uno show di aviazione a Long Beach, da passeggera, e non appena atterra realizza che è il volo il suo vero interesse: quella è la sua strada. Si taglia i capelli, si procura i vestiti adatti al mestiere e fa di tutto per guadagnarsi i soldi per andare a lezione dalla pioniera Anita “Neta” Snook; dalla fotografa alla guidatrice di camion, l’importante è guadagnare qualcosa per passare più tempo possibile tra i cieli – e i risultati non si fanno attendere.
Nell’estate del 1921 compra un Kinner Airster di seconda mano color giallo, che chiamerà “Il canarino”; nell’ottobre del 1922 realizza il record di altitudine femminile, portando l’aereo a 14,000 piedi (più di 4000 metri), mentre il 15 maggio del 1923 sarà la sedicesima donna a ottenere la licenza dalla Federation Aeronautique, la federazione aeronautica internazionale
Nel 1924 però, la famiglia va incontro a una grave crisi finanziaria; i genitori divorziano, Amelia vende l’aereo e riprova con l’università – ma di nuovo senza successo, dovendo abbandonare ancora gli studi per la mancanza di fondi. Trova così altri lavori, come operatrice sociale e insegnante, ma non perde di vista l’obiettivo: è ancora determinata a fare dell’aviazione la sua vita. Ritorna nel 1927 nell’ambiente, come membro della branca di Boston della American Aeronautical Society e lavorando per la Kinner Airplanes come agente commerciale; scrive pure diversi articoli sul mondo dell’aviazione, creandosi un certo seguito. A maggio di quell’anno, Lindbergh compie il primo volo New York – Parigi, facendo maturare una certa attesa sulla prima donna che avrebbe realizzato la stessa tratta. Ebbene, l’anno successivo arriva la chiamata dal capitano Hilton H. Railey, che le domanda se vuole partecipare alla traversata storica. La risposta non può essere che sì.
Amelia va a New York e compie il viaggio – ma da passeggera, dicendo di essere stata trasportata da una parte all’altra “come un sacco di patate” senza avere l’occasione di condurre lei stessa l’aereo. Per l’idea del tempo infatti, l’impresa era troppo pericolosa per una donna. Nonostante la delusione, al ritorno negli Stati Uniti viene accolta con tutti gli onori, con tanto di ricevimento alla Casa Bianca. Dopo Lucky Lind – il soprannome di Lindbergh – la stampa ora ha la sua Lady Lindy. È bella, è determinata e ha stile.
Nel 1928 pubblica, assieme a George Putnam, il libro sulla sua storia 20 Hrs., 40 Min (il minutaggio della sua traversata dell’Atlantico); è ormai una celebrità. L’interesse verso di lei è tale che tutti vogliono sapere di lei, vogliono addirittura i suoi vestiti – che è abituata a cucirsi lei stessa; crea quindi una linea di moda, e non è finita qui; poco dopo diventa associate editor della rivista Cosmopolitan. Tutte queste attività, che le permettono di creare dei fondi per le sue imprese, non le impediscono di continuare la sua carriera come rispettata aviatrice, stabilendo un nuovo record di altitudine (18,415 piedi corrispondenti a più di 5600 metri) e sostenendo la causa delle donne in aviazione con la Ninety-Nines: International Organization of Women Pilots (conosciuta anche come le 99) diventandone il primo presidente nel 1930.
Nel frattempo, Putnam si è separato dalla moglie e insiste per sposare Amelia; lei inizialmente rifiuta ma poi accetta, scrivendogli però due righe molto chiare su come fosse da intendere questa loro unione:
Voglio che tu capisca che non ti terrò legato a me con nessun tipo di medioevale codice di fedeltà, né mi voglio considerare allo stesso modo con te
Poco dopo i due pianificano il viaggio in solitaria che avrebbe portato Amelia a diventare la prima donna ad attraversare l’Atlantico, eguagliando l’impresa di Lindbergh. Parte il 20 maggio del 1932 da Harbour Grace, in Canada, e subito incontra difficoltà meteorologiche che la mettono a dura prova; dopo 15 ore la situazione va peggiorando e Amelia capisce che non potrà ripetere l’impresa di Lindbergh di arrivare in Francia. Riesce comunque ad atterrare in un paese dell’Irlanda del Nord; l’obiettivo è stato raggiunto. Diventa un vero e proprio eroe internazionale, ricevendo alte onorificenze da Francia e Stati Uniti; il successivo viaggio in solitaria – da Honolulu alla California – la rende la prima persona a sorvolare sia l’oceano Atlantico che il Pacifico. Alza sempre la posta ed è all’altezza dei suoi sogni, impossibili agli occhi degli altri, tracciando ogni volta nuovi limiti per se stessa e per il mondo, che la segue col fiato sospeso, incantato da tanta determinazione e caparbietà.
Tra il 1930 e il 1935 Amelia segna sette record di velocità e distanza con diversi aerei, ma rimane ancora una sfida; il giro del mondo. Non sarebbe la prima in assoluto a farlo, quindi decide di compierlo a modo suo ovvero seguendo la linea dell’equatore. Le tappe del viaggio sono partenza dalla California, Hawaii, Australia, India, Africa, Florida per poi tornare in California. Per quanto abbia arruolato un team di tre esperti, la missione presenta subito delle difficoltà; il maltempo li obbliga ad atterrare alle Hawaii. Dopo tre giorni provano a riprendere il volo, ma al decollo un problema tecnico impedisce loro di prendere quota. Si accumulano ritardi e stress; due componenti del team abbandonano l’impresa e rimangono alla fine Earhart e il pilota Steve Noonan a cercare di portare a termine l’impresa . Riescono a viaggiare senza problemi fino a quando, nei pressi delle Nukumanu Islands, una serie di complicazioni – carte non aggiornate, maltempo, carburante in esaurimento – portano i due a cercare un posto dove atterrare, ma senza riuscire a capire dove a causa delle difficoltà della comunicazione via radio. Ancora oggi non si sa esattamente cosa è successo, né dove sia finito l’aereo con Steve e Amelia. Scompaiono la mattina del 3 luglio 1937 e da allora ancora si cercano indizi che possano ricostruire la tragica fine dei due piloti.
Le versioni che si ipotizzano sono diverse: alcuni dicono che probabilmente i due hanno terminato il carburante e siano finiti in mare; altri che siano riusciti ad atterrare sulla Gardner Island conosciuta anche come Nikumaroro, e abbiano cercato di sopravvivere quanto più possibile lì. Per quanto le ricerche volute da George Putnam siano continuate per diverso tempo, il 5 gennaio 1939 Amelia Earhart viene dichiarata morta.
Purtroppo il mistero rimarrà insoluto, ma il ricordo di Amelia senz’altro continua a ispirare ragazze e ragazzi, che magari come lei stanno accettando i lavori più disparati per coltivare il proprio sogno o stanno cercando di spostare i proprio limiti un po’ più il là, rispetto alle convenzioni del proprio tempo e alle proprie convinzioni.
Source: freedamedia.it
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