PALERMO (ITALPRESS) – Un combinato di ricadute legate a fattori culturali, economici e ambientali mette di fronte all’urgenza di ripensare un modello di sanità e di assistenza che abbia una visione globale, in cui salute e malattia sono il risultato di condizioni biologiche, ma anche di “determinanti” sociali che generano disuguaglianze di salute. A conferma, i 4 milioni di italiani che nel 2022 hanno rinunciato alle cure per le difficoltà di accesso alle cure primarie con le sue liste di attesa interminabili. Il cambio di passo è necessario e la Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) vuole fare la sua parte attraverso gli Omceo territoriali. Con questo obiettivo gli ordini d’Italia si sono riuniti a Roma per ribadire coralmente il loro manifesto: equità, sostenibilità e centralità della persona sono una sfida ineludibile. Un “cartello” che la Federazione nazionale, guidata da Filippo Anelli, porta avanti con un gruppo di lavoro coordinato da Musa Awad, consigliere dell’Ordine di Roma. Presente all’incontro, tra gli altri, il presidente Toti Amato, componente del direttivo Fnomceo, che ha dato voce all’Omceo di Palermo che presiede.
“Senza i professionisti della sanità – sottolinea Amato – non può esistere il Servizio sanitario nazionale. Gli ordini rappresentano i medici e la loro tutela a salvaguardia di un diritto fondamentale del cittadino: la salute. Dietro ogni pratica medica c’è un professionista spesso in burnout e la responsabilità di una vita umana e della sua dignità, in qualunque condizione sociale si trovi, così come dietro ogni turno di una lista d’attesa c’è un bisogno di salute che va trattato nel migliore modo possibile e nei tempi necessari. Un obiettivo che oggi non è facile perchè il numero dei medici e degli altri sanitari è insufficiente rispetto al fabbisogno, il carico di lavoro è altissimo e i loro ristori sono tra i più bassi d’Europa. Basta guardare i numeri. Servono 375 giorni per un’ecografia, 300 per una visita, più di 56 giorni per un intervento chirurgico per tumore alla mammella e 79 per un intervento di tumore prostatico. Il risultato è che 4 milioni di persone nel 2022 hanno rinunciato alle cure di cui avevano bisogno e diritto. Il povero non è riuscito a curarsi, il ricco si è rivolto al privato. Andiamo verso la povertà sanitaria e i numeri Censis sono inequivocabili: la spesa sanitaria privata è salita a quasi 40 miliardi di euro, registrando un incremento di oltre il 7% a fronte di una riduzione di circa il 3% della spesa pubblica sanitaria pubblica”.
I cambiamenti, secondo Amato, dovrebbero andare “nella direzione di ciò che stabilisce la Costituzione all’articolo 32: ‘La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigentì. Come più volte ha detto il presidente Anelli serve una rimodulazione dell’offerta sanitaria con un potenziamento della medicina territoriale per snellire gli accessi inappropriati al pronto soccorso e le liste d’attesa. Servono più risorse per medici, infermieri e organici, prevedendo retribuzioni ad hoc anche per gli straordinari. Ci vogliono concorsi e nuove assunzioni che tardano ad arrivare, da una parte per la scarsa attenzione dei vari governi che si sono avvicendati, dall’altra per i continui tagli alla spesa, trascurando che il valore della vita è il fondamento di tutti gli altri diritti. Lasciarsi guidare solo dal tecnicismo e dalla sostenibilità dei conti porta a meccanismi demolitori per tutti. La sanità è un investimento non una spesa ed è considerato tale da tutti gli economisti: ogni euro investito in sanità ne genera quasi il doppio, eppure l’azione dei governi è da oltre vent’anni in controtendenza. Come ha detto Sir Marmot, le diseguaglianze di salute sono evitabili perchè è una scelta dello Stato decidere su cosa investire ed intervenire”.
“Per garantire una salute universale – spiega Amato – non ci si può fermare al mondo sanitario, ma guardare al Servizio sanitario nazionale come determinante sociale. Senza un forte investimento su lavoro, istruzione, ambiente, la sanità continuerà nel suo declino, spegnendo la speranza dell’universalità delle cure. Il primo cambiamento va fatto sulle persone, investendo su tutti i determinanti che generano salute. La crisi della fiducia tra medici e pazienti in realtà è la rottura tra cittadini e Ssn, che ha dato priorità ai conti perdendo di vista la persona e rompendo il legame che una volta teneva insieme il sistema sanitario e il tessuto sociale. Il numero altissimo di contenziosi è solo una parte della conflittualità, il rischio oggi è di lasciare sempre più indietro i più fragili”.
– foto ufficio stampa Omceo Palermo –
(ITALPRESS).
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