Accettare una situazione che ci si è rivolta contro e non si è sviluppata come previsto non significa darsi per vinto. Molto spesso chiniamo il capo e ci abbandoniamo alle circostanze che non ci piacciono, dinanzi alle quali non possiamo fare nulla. Tuttavia, anche se ci sembra difficile crederlo, agire in questo modo non è nemmeno lontanamente sinonimo di sottomissione.
Concepire l’accettazione in questo modo altro non è che una credenza che dobbiamo riformulare. Come molte altre cose, può farci commettere errori che ci impediscono di affrontare le circostanze nel modo più adeguato. Oggi vi aiuteremo a demolire tale credenza affinché possiate vedere l’accettazione con altri occhi e smetterla di associarla alla rassegnazione.
Dire di “sì” alla vita, così com’è, così come viene non significa darsi per vinto.
Il concetto di accettazione radicale è stato sviluppato da Marsha M. Linehan, ma è conosciuto grazie a Tara Branch, entrambe psicologhe. Un concetto che affonda le sue radici nella filosofia buddista e che ci invita ad abbandonare tutte le aspettative, frutto di credenze, che ci portano a soffrire invano. A tale scopo, dobbiamo arrenderci e smetterla di opporci a quello che è impossibile cambiare (o a quello che è possibile cambiare: un cambiamento che inizia con l’accettazione del problema e non con la sua negazione).
Tuttavia, non confondiamo resa con vittimismo. Non dobbiamo accettare tale relazione come logica, in modo che la suddetta accettazione ci induca a rifugiarci nelle lamentele. L’accettazione radicale consiste nell’apprezzare quello che succede da una diversa prospettiva, nella quale succede tutto in modo preciso, che non ci è dato cambiare, ma dinanzi al quale abbiamo la capacità di decidere la nostra reazione.
Immaginate di rimanere senza lavoro. Avete qualche risparmio e percepirete la disoccupazione. Vi negate, però, ad accettare la realtà. Siete furiosi e tristi al contempo per la situazione. Vi hanno fatto uscire a calci dalla vostra zona di comfort e adesso vi trovate persi e senza speranze.
Accettare questa situazione senza lamentarvi, senza deprimervi e come un’opportunità non sembra essere la tendenza naturale, almeno per molti. Non è nemmeno ben visto: gli altri potrebbero pensare “Ah, non gli importa tanto del lavoro”, “È normale che l’abbiano licenziato con un tale atteggiamento”…frasi che motivano la lamentela e l’atteggiamento vittimista facilitando la nostra condizione di barche alla deriva.
Nella società nella quale viviamo viene premiato lo “stare male”. Se chiediamo a qualcuno “come stai?” e ci risponde “molto bene” o “meglio che mai”, probabilmente lo considereremo un “esaltato”.
Come reagireste, invece, se accettaste radicalmente la situazione? Vi licenziano, provate tutte le emozioni descritte, vi permettete di esprimerle e poi vi controllate. Vi fermate per osservare la situazione e dire “D’accordo, questo è quanto successo, non lo posso cambiare, come gestisco la situazione?“. Ci sono molteplici modi per non darsi per vinto.
Potete approfittare della situazione per seguire un corso o imparare nuove conoscenze che vi serviranno in futuro, potete cercare un nuovo posto di lavoro e considerare questa opportunità come un’esperienza per crescite in ambito professionale…potete attuare migliaia di azioni invece di restare seduti e darvi per vinti lamentandovi. Le circostanze sono quelle che sono, ma siete voi a decidere quale cammino intraprendere. Vi hanno dato le carte con cui giocare, adesso le avete tra le mani e dovete ingegnarvi per vincere la partita.
Se cambiare strategia o prendere una pausa prima di continuare ad insistere vi sembra negativo, lo è ancora di più rifiutare la realtà (tranne come strategia di difesa dinanzi ad un impatto emotivo molto forte. Ad esempio, la perdita di una persona cara). Si tratta di un atteggiamento davvero sfiancante, nocivo e che porta ad inciampare più volte sulla stessa pietra: la testardaggine e senza la minima intenzione di imparare.
È vero che la realtà a volte fa molto male. Tuttavia, rifiutarsi di accettala o darsi per vinto trasformerà il proprio dolore in sofferenza. Le nostre lamentele non verranno udite, tutti quei “perché a me?” non avranno risposta. Le cose succedono senza spiegazione, non ci deve essere un motivo apparente. Noi, però, abbiamo l’ultima parola, il potere di decidere verso dove dirigerci.
Non siamo vittime, a meno che non desideriamo crederlo. In questo caso, alimenteremo i pensieri ruminativi e ci immergeremo in un vortice colmo di negatività. Parliamo di un tunnel con due salite indesiderabili: la depressione e l’ansia. Forse pensiamo di meritarcelo perché abbiamo scelto l’opzione più complicata, ma dobbiamo ricordare che il sentiero che ci richiede maggiore sforzo non dev’essere per forza il migliore per noi.
Iniziate, dunque, ad accettare le situazioni come il punto di partenza per cambiarle. Consideratele opportunità per decidere un nuovo cammino e per imparare da esse. Scappare non darà alcun risultato e rifiutarsi di farsi carico di quello che succede ancora meno. Accettarlo, invece, lungi dal condannarci, è solo il primo passo verso la vittoria.
Source: lamenteemeravigliosa.it
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