L’attenzione verso le fasce più deboli della popolazione fu un principio cardine del giornalismo d’inizio Novecento, ispirato dalle teorie sociologiche della celebre Scuola di Chicago. Da qui infatti derivarono l’approccio giornalistico di raccontare la realtà, partecipandovi in prima persona, e il cosiddetto muckraking, la tecnica di “battere i marciapiedi” alla ricerca della vita marginale e nascosta della metropoli.
La fase tra le due guerre vide fiorire due nuovi tipi di stampa periodica, ripresi dalla tradizione britannica, dove, rispetto al testo, assumevano un ruolo prioritario le fotografie e le illustrazioni. Uno era rappresentato dai tabloid, l’altro dai newsmagazine, i settimanali d’attualità di cui il TIME fu il primo esempio negli USA.
La rivista, lanciata nelle edicole il 3 marzo 1923, venne fondata quasi per gioco da due studenti di Yale, Henry Luce e Briton Hadden. Intenzionati a chiamarla inizialmente Facts, i due, già colleghi al Yale Daily News, non nutrivano grandi aspettative dal loro progetto. Tuttavia già dal primo numero avevano conferito al giornale alcuni aspetti identitari, su tutti l’immagine di copertina riservata a un personaggio pubblico.
Sul numero d’esordio toccò a Joseph G. Cannon (presidente della Camera dei rappresentanti degli USA dal 1903 al 1911 e tra i politici più influenti della storia americana) inaugurare la serie di volti noti, locali e non, che aprivano le notizie della settimana. Sfruttando la risonanza che offrivano altri media come la radio e il cinema, TIME aumentò la sua popolarità toccando gli altri continenti.
Di conseguenza apparve necessario aprire altre sedi per altrettante edizioni della rivista, da destinare al pubblico europeo (unitamente a quello africano e dell’America Latina), asiatico e del Sud del Pacifico (per Australia e Nuova Zelanda).
Dal 1927 fu introdotta l’iniziativa Man of the Year, con la quale veniva designata la personalità più influente dell’anno tra quelle segnalate settimanalmente, dedicandole una copertina speciale. Una giuria interna alla Redazione decideva tra una rosa di finalisti, tenendo conto, anche in maniera non vincolante, delle indicazioni dei lettori. Il primo a esserne insignito fu il famoso aviatore Charles Lindbergh, che nel 1927 compì la prima traversata aerea dell’Oceano Atlantico, senza scalo.
Da Mahatma Gandhi alla regina Elisabetta II, nel corso del secolo si alternarono politici, scienziati, premi Nobel, uomini di cultura e spettacolo. I presidenti degli Stati Uniti d’America, soprattutto nel primo ventennio, fecero la parte del leone, con Franklin D. Roosevelt che ottenne tre copertine, record tuttora imbattuto. Primo italiano a riceverlo fu papa Giovanni XIII, seguito più tardi da Giovanni Paolo II. Se le immagini di feroci dittatori come Hitler e Stalin suscitarono forti critiche, con grande sorpresa nel 1982 venne accolta la scelta di assegnarlo al computer.
Rinominato Person of the Year dal 1999, il premio conobbe in questa nuova versione alcune importanti eccezioni, nel vederlo assegnato non a un singolo individuo, ma a gruppi di persone come i manifestanti della “Primavera araba” (2011) o persino all’intera galassia di utenti del web, per i loro preziosi contributi (2006). Dopo papa Francesco nel 2013, l’anno seguente è stato attribuito agli “Ebola fighters”, ossia gli operatori sanitari impegnati a debellare il virus letale nell’Africa occidentale. Altri premiati sono stati Angela Merkel (2015) e Donald Trump (2016). Nel 2017 è stato nuovamente assegnato a un gruppo: Silence Breakers, composto da donne che hanno subito e denunciato molestie.
Pubblicato a New York City, TIME è attualmente il più diffuso settimanale al mondo (26 milioni di lettori in totale, di cui 20 milioni solo negli USA) ed è tra i più autorevoli della stampa internazionale.