PALERMO (ITALPRESS) – Ucciso semplicemente per aver fatto il proprio dovere di medico, respingendo le pressanti richieste di Cosa nostra di alterare una perizia ed evitare l’incriminazione di un boss: Paolo Giaccone se ne andava 42 anni fa, freddato da cinque proiettili tra i viali del Policlinico che oggi porta il suo nome. Lo hanno ricordato con una cerimonia sul luogo dell’eccidio gli ex colleghi e gli attuali dirigenti del dipartimento di Medicina legale, la direttrice generale del Policlinico Maria Grazia Furnari, il rettore dell’Università di Palermo Massimo Midiri, il presidente della scuola di Medicina Marcello Ciaccio, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, l’assessore regionale alla Salute Giovanna Volo, il prefetto di Palermo Massimo Mariani e i rappresentanti delle Forze dell’Ordine.
Oltre che come docente ordinario di Medicina legale, Giaccone esercitava la professione svolgendo consulenze per il Tribunale, in un periodo profondamente segnato dalla pervasività di Cosa nostra nel tessuto sociale ed economico della città. Nel 1981, dopo una sparatoria a Bagheria in cui persero la vita quattro persone, gli fu assegnato l’incarico di esaminare un’impronta digitale lasciata da uno dei killer: questi venne poi identificato in Giuseppe Marchese, esponente di spicco della cosca di corso dei Mille. Diverse furono le intimidazioni nei confronti di Giaccone affinchè modificasse la perizia e scagionasse Marchese, ma il medico fu irremovibile e il killer venne condannato all’ergastolo. L’11 agosto 1982 il drammatico epilogo, in una Palermo ancora scossa dall’omicidio di Pio La Torre e che tre settimane dopo sarebbe rimasta impietrita dalla strage di via Carini.
“E’ importante che Giaccone sia sempre un esempio di valore, lavoro e dedizione appassionata – sottolinea Furnari -. Era una figura che lavorava con passione e criterio in un periodo davvero brutto: anche se oggi ha cambiato fisionomia, la mafia c’è e la dobbiamo combattere ogni giorno lavorando con onestà e rifiutando ogni condizionamento esterno fatto di minacce, prevaricazioni e richieste sottintese. Non dobbiamo avere paura, ma essere coraggiosi e dire no quando ci viene chiesto qualcosa che non si può fare”.
Per Midiri “Giaccone è stato e continua a essere un riferimento dell’impegno civile e dell’essere eroi normali: è morto nell’esercizio delle sue funzioni di medico legale, perchè faceva il suo dovere e si è rifiutato di dare una risposta per così dire sbagliata o quantomeno condizionante il futuro giudiziario di un imputato. La sua lezione di vita e di etica deve essere un messaggio per le nuove generazioni, che Giaccone non l’hanno conosciuto e vivono la realtà di questo Policlinico intestato a lui: bisogna andare oltre il semplice momento commemorativo, perchè se non c’è memoria non c’è presente. La Palermo di oggi nasce dal sacrificio di Giaccone e di chi come lui è morto in un periodo devastante per la città e per la Sicilia”.
Ciaccio lo ricorda come “un esempio importante di legalità e di come bisogna svolgere la professione medica: in particolare, il medico legale coniuga medicina e giurisprudenza e può andare incontro a diversi pericoli. Il suo insegnamento deve essere un monito per tutti noi, ma soprattutto per le nuove generazioni: questa commemorazione è testimonianza del suo contributo e della correttezza professionale che lo ha sempre contraddistinto”.
Lagalla ne celebra la dedizione e la determinazione a non cedere alle pressioni mafiose: “Giaccone non era un magistrato o un uomo delle Forze dell’Ordine, pertanto non metteva il rischio un’esposizione primaria e diretta davanti a ogni cosa: era un uomo di studio e ricerca, che però è stato incrollabilmente fedele a se stesso e al suo lavoro fino a pagarne una conseguenza tragica in una stagione massacrante per Palermo. E’ giusto promuoverne un ricordo solenne ogni anno e mantenerne alta la memoria, proponendola ai più giovani”.
Per Volo “Giaccone è stato un grandissimo professionista e con il suo sacrificio ha insegnato a tutti noi che nel rispetto della professione e nell’assoluta onestà intellettuale si deve anche rischiare la vita: non possiamo e non dobbiamo mai avere dubbi su ciò che è giusto fare”.
Mariani sottolinea come “Giaccone ha dato la vita per ciò in cui credeva: il suo sacrificio è stato un ultimo atto di dedizione, ispirando coloro che in futuro avrebbero dovuto prendere il suo posto. La sua lezione vale non solo per gli studenti ma per chiunque segua le sue orme, anche nelle istituzioni: Palermo nel 1982 ha perso tre personalità di altissimo livello (La Torre, Giaccone e Dalla Chiesa, ndr), che hanno dato tutto affinchè questa città potesse affrancarsi dai mostri che la opprimevano”.
Alla commemorazione ha preso parte anche Milly Giaccone, figlia del medico legale: “E’ molto bello vedere che questo ricordo va avanti di anno in anno – afferma – La mia paura è che al di fuori dell’anniversario la sua figura venga un pò messa da parte rispetto alle altre vittime di mafia. Ora che sono in pensione vorrei girare un pò per le scuole e parlare di lui: papà era una persona colta e preparata, ma aveva anche un bel carattere. In famiglia parlava poco del suo lavoro a stretto contatto con la Procura, anche perchè mia madre aveva tanta paura per lui: con me invece ne parlava di più, perchè io ero già studentessa di Medicina e venivamo al Policlinico insieme. Non so se in cuor suo avesse capito fino a che punto era in pericolo”.
– foto xd8/Italpress –
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