Quando tornerò a stare bene? Perché passo dalla tristezza alla rabbia tanto velocemente? Sono queste le domande più frequenti che si pongono le persone che attraversano la fase del dolore dovuto al termine di una relazione. La fine di una storia e il dolore che ne deriva sono alcuni dei temi più affrontati dalla psicologia del mondo adulto.
A seguito di una rottura amorosa, la persona attraversa diverse fasi che compongono un vero e proprio “quadro” del dolore. In questo articolo vi spieghiamo quali sono queste fasi che susseguono al termine di una relazione.
È l’inizio del dolore, la fase in cui la persona non riesce a crederci, non ha ancora accettato la rottura e la nuova situazione. Emotivamente, nella fase di impatto o di shock si osserva un’assenza di reazione. La persona si comporta come se nulla fosse successo.
La fase di negazione è molto forte nelle persone che sono state “lasciate”, mentre è meno evidente in chi “ha lasciato”. Quello che succede è che chi ha voluto scrivere la parola fine alla relazione ha già attraversato la fase di negazione e shock. E per questo chi decide di porre fine alla storia ha già elaborato la nuova situazione e non vive la fase della negazione.
Una volta presa consapevolezza della rottura, la persona è capace di visualizzare quello che sta succedendo ed è pronta ad affrontare la seconda fase, quella della negazione della perdita.
“La fase della negazione è più evidente nelle persone che sono state lasciate mentre si nota meno in quelle che hanno lasciato.”
Tra le fasi di dolore che si attraversano al termine di una relazione, si trova quella della negazione. La persona è consapevole di ciò che ha perso, ma non vuole accettarlo. Si nega a questa accettazione e fantastica sul fatto che la persona persa possa tornare. Un esempio tipico di questa fase è l’idea che la rottura possa essere stata il frutto di un errore o il culmine di una litigata sfuggita di mano.
La mente, durante la fase della negazione, cerca di trovare delle soluzioni ai problemi, in modo da poter risanare la relazione. Questa fase ha una funzione adattiva. Una funzione che mira a guadagnare tempo per “digerire” la perdita, poter andare avanti con la propria routine e i propri impegni ed essere sempre più consapevole di quello che è cambiato.
In questa fase si comincia a vivere sulla propria pelle la sensazione della rottura. La persona inizia a rendersi conto che qualcosa è cambiato e non tornerà indietro. E proprio le conseguenze di questa perdita sono quelle che generano una profonda tristezza. Tristezza che si accompagna a una visione negativa del mondo, del futuro e di sé stessi.
Questa fase parte da un meccanismo psicologico che segue la Terapia Cognitiva di Beck, per arrivare a uno stato di profonda tristezza e depressione. La tristezza è un’emozione necessaria per poter comprendere davvero la perdita. Un’emozione che aiuta a connettersi con quanto successo e a cominciare pian piano a superare il dolore.
A seguito del termine di una relazione, la fase della colpa è una delle più caratteristiche. In altri tipi di sofferenza, la colpa non emerge in modo così marcato. Ed è proprio questa fase a essere una delle più difficili e complicate da superare dopo la rottura amorosa.
La colpa genera dei veri e propri rompicapo nei quali ci si interroga su cosa si possa aver detto o fatto per arrivare alla rottura. Il pensiero ossessivo orientato alla ricerca delle cause della rottura può arrivare a “strangolare” psicologicamente la persona, fiondandola in uno stato di grande ansia.
Caricarsi sulle spalle tutte le colpe della fine della relazione è controproducente e, soprattutto, molto ingiusto. La coppia altro non è che una squadra composta da due persone, e in virtù di questo le responsabilità di un’eventuale rottura sono sempre da condividere. Bisogna reinterpretare il senso di colpa che si prova per intenderlo come una responsabilità condivisa, in modo da poter dirigere i pensieri verso il futuro.
Quando la persona comincia a capire che le colpe, così come le responsabilità, non sono solo sue, proverà rabbia. Tra le fasi del dolore al termine di una relazione, quella della rabbia è la più positiva, quella che dà i maggiori benefici, perché se qualcuno scatena in noi questo sentimento, finiamo col volerlo evitare e col cercare di farlo uscire dalla nostra vita. E visto che stiamo affrontando una rottura, tanto meglio no?
Come mai la rabbia è l’emozione migliore che si possa provare dopo la fine di una storia? Perché la rabbia, se ben incanalata, può essere un motore molto potente. In primo luogo, tiene lontani dalla persona persa, e questo è un passo fondamentale per superare il trauma. Mantenere, a seguito della separazione, contatti con il proprio ex spinge verso le fasi di colpa e tristezza, che difficilmente permettono di superare la crisi.
In futuro magari, si potrà diventare buoni amici, ma non durante le fasi del dolore. Siccome la rabbia aiuta le persone a tenersi ben lontane da chi reca loro dolore, utilizzare la rabbia per migliorare e pensare di più a sé stessi è fondamentale. Fate però attenzione! Non bisogna restate bloccati in questa fase. Facendolo, la stessa rabbia che ci protegge finirebbe per ritorcersi contro di noi.
Se si è vissuto e utilizzato la rabbia in modo adeguato, si passerà alla fase dell’accettazione. Le emozioni in questa fase non sono interamente positive o gratificanti. Sono emozioni che permettono di vedere quanto successo come un’esperienza all’interno della propria vita, con tutti i suoi pro e i suoi contro.
“La colpa genera veri e propri rompicapo nei quali ci si interroga su cosa si possa aver detto o fatto per arrivare alla rottura”
Durante la fase dell’accettazione la persona inizia a prendere coscienza di quanto successo, a pensare e sé stessa e a dirigere la sua mente verso il futuro e non verso il passato. L’accettazione è la via definitiva per il superamento della rottura, e aiuta a pensare di costruire un futuro per sé stessi.
Infine, è importante tenere in considerazione il fatto che le fasi del dolore per i termine di una relazione non sono lineari e sempre correlate. Per capirne la successione, spesso sono indicativi i primi momenti successivi all’inizio del dolore. In sostanza, quanto più recente è la perdita, tanto più cangianti sono le fasi del dolore. Si può passare dalla fase 1 alla fase 3, per poi arrivare alla fase 2 e in seguito alla 4.
A seconda di quanto intensamente si lavori sulla perdita e sul dolore, l’eventuale retrocessione da una fase all’altra sarà meno frequente mentre gli avanzamenti da una fase all’altra più rapidi. Non sentitevi insicuri e cominciate a guardare al futuro con occhi diversi.
Source: lamenteemeravigliosa.it
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