ROMA (ITALPRESS) – 8,7 miliardi di euro, al netto dell’IRPEF nazionale e delle addizionali regionali e comunali: è quanto manca nelle tasche dei dipendenti nell’anno 2020 che, a causa del Covid-19, sono stati in cassa integrazione.
Va alla Lombardia il primato della maggior perdita delle retribuzioni nette, pari al 25,5% del totale nazionale (2,2 miliardi di euro), seguita dal Veneto dove i cassaintegrati perdono oltre 964 milioni di euro netti, dall’Emilia Romagna (840 milioni di euro netti) e dal Piemonte (745 milioni di euro netti).
E’ quanto emerge da un’analisi condotta dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della UIL che ha elaborato i dati Inps delle ore autorizzate di cassa integrazione salariale su cui sono state condotte le simulazioni.
Quanto incide questa perdita sulle singole retribuzioni mensili dei dipendenti?
“Tra riduzione dello stipendio e mancati ratei di tredicesima e quattordicesima – spiega Ivana Veronese, Segretaria Confederale UIL – in due mesi le buste paga si sono alleggerite mediamente dal 9,6% al 39%, a seconda delle ore di cassa integrazione.
A fronte di circa 4,3 miliardi di ore di cassa integrazione autorizzate nell’anno 2020, numeri mai raggiunti in precedenza, i 7 milioni di beneficiari hanno perso, mediamente, 1.243 euro netti pro-capite annui. Da una nostra simulazione un dipendente in cassa integrazione per tre mesi a zero ore (con un reddito lordo annuo 20.980), tra riduzione dello stipendio e mancati ratei di tredicesima e quattordicesima, perderebbe 1.611 euro netti annui; con sei mesi di cassa integrazione, lo stesso dipendente subirebbe una riduzione pari a 3.229 euro netti annui, mentre con nove mesi di cassa integrazione la riduzione ammonterebbe a 4.898 euro netti annui; infine, con dodici mesi la riduzione sarebbe pari a 6.611 euro annui”.
“Pertanto, nella riforma più complessiva degli ammortizzatori sociali – sottolinea Ivana Veronese – che si sta discutendo in questo momento, oltre che della necessità di velocizzare e semplificare le procedure, occorre tenere ben presente il tema della revisione dei tetti massimi del sussidio della cassa integrazione e della loro rivalutazione, fissati oggi per Legge, a 998,18 euro lordi mensili per retribuzioni inferiori o pari a 2.159,48 e a 1.199,72 per retribuzioni superiori a 2.159,48 euro.
Per la UIL, oltre all’innalzamento dei massimali – incalza Ivana Veronese – la rivalutazione dei sussidi dovrebbe essere ancorata agli aumenti contrattuali e non soltanto al tasso di inflazione annua che, come noto, negli ultimi anni ha registrato indici molto vicini allo zero.
(ITALPRESS).
Va alla Lombardia il primato della maggior perdita delle retribuzioni nette, pari al 25,5% del totale nazionale (2,2 miliardi di euro), seguita dal Veneto dove i cassaintegrati perdono oltre 964 milioni di euro netti, dall’Emilia Romagna (840 milioni di euro netti) e dal Piemonte (745 milioni di euro netti).
E’ quanto emerge da un’analisi condotta dal Servizio Lavoro, Coesione e Territorio della UIL che ha elaborato i dati Inps delle ore autorizzate di cassa integrazione salariale su cui sono state condotte le simulazioni.
Quanto incide questa perdita sulle singole retribuzioni mensili dei dipendenti?
“Tra riduzione dello stipendio e mancati ratei di tredicesima e quattordicesima – spiega Ivana Veronese, Segretaria Confederale UIL – in due mesi le buste paga si sono alleggerite mediamente dal 9,6% al 39%, a seconda delle ore di cassa integrazione.
A fronte di circa 4,3 miliardi di ore di cassa integrazione autorizzate nell’anno 2020, numeri mai raggiunti in precedenza, i 7 milioni di beneficiari hanno perso, mediamente, 1.243 euro netti pro-capite annui. Da una nostra simulazione un dipendente in cassa integrazione per tre mesi a zero ore (con un reddito lordo annuo 20.980), tra riduzione dello stipendio e mancati ratei di tredicesima e quattordicesima, perderebbe 1.611 euro netti annui; con sei mesi di cassa integrazione, lo stesso dipendente subirebbe una riduzione pari a 3.229 euro netti annui, mentre con nove mesi di cassa integrazione la riduzione ammonterebbe a 4.898 euro netti annui; infine, con dodici mesi la riduzione sarebbe pari a 6.611 euro annui”.
“Pertanto, nella riforma più complessiva degli ammortizzatori sociali – sottolinea Ivana Veronese – che si sta discutendo in questo momento, oltre che della necessità di velocizzare e semplificare le procedure, occorre tenere ben presente il tema della revisione dei tetti massimi del sussidio della cassa integrazione e della loro rivalutazione, fissati oggi per Legge, a 998,18 euro lordi mensili per retribuzioni inferiori o pari a 2.159,48 e a 1.199,72 per retribuzioni superiori a 2.159,48 euro.
Per la UIL, oltre all’innalzamento dei massimali – incalza Ivana Veronese – la rivalutazione dei sussidi dovrebbe essere ancorata agli aumenti contrattuali e non soltanto al tasso di inflazione annua che, come noto, negli ultimi anni ha registrato indici molto vicini allo zero.
(ITALPRESS).