Covid e lavoro, Montalcini: “Spesso le donne scelgono l’assistenza per gli stereotipi”
Fonte: DIRE – Link articolo
“Esiste ancora una questione di genere nel mondo del lavoro, ma spesso siamo proprio noi donne che non ci ribelliamo ad un sistema che prevede di dover dimostrare sempre piu’ rispetto ad un uomo per avere un posto di lavoro, assorbendo stereotipi, senza rendercene conto, anche in ambito familiare”. Lo ha detto Piera Levi Montalcini, ingegenera e presidente dell’Associazione Levi- Montalcini nel corso del Fisco Talk su “Covid, donne e lavoro” condotto da Angela Travagli, sul canale Youtube Fisco Channel creato per dare voce a professionisti, imprenditori, giornalisti e cittadini su temi fiscali e giuslavoristici.
“Anche nel settore della ricerca- di cui ci occupiamo- e che non e’ valorizzato perche si ritiene non garantisca risultati economici immediati, lavorano tantissime donne- con gli stipendi che conosciamo- ma molti – questo un luogo comune diffuso – credono che tante queste donne possano adattarsi e guadagnare poco, perche’ hanno degli uomini che le mantengono. E’ un pensiero profondamente sbagliato, cosi’ come e’ assurdo pensare che la scienza sia un mondo dedicato solo ai maschi. La divisione dei lavori e’ anacronistica, ormai non c’e’ piu’ bisogno nemmeno della forza fisica, soppiantata dalla tecnologia- ha continuato Levi Montalcini– La verita’ e’ che spesso le donne scelgono professioni che hanno a che fare con l’assistenza e la cura, perche’ e’ un ambito considerato nostro e non ci si pone quindi il confronto con l’uomo. Il fatto poi di poter raggiungere posti apicali dipende secondo me dal fatto che i maschi sono capaci di fare gruppo anche per mantenere lo status quo, mentre noi donne no”.
Nel corso del talk, questi i dati emersi sulla situazione lavorativa delle donne, riportati dalla conduttrice: “Il tasso di occupazione femminile in Italia e’ il 50%, fanalino di coda rispetto a tanti paesi europei e con un gap rispetto all’occupazione maschile di circa 18 punti. Un dato gia’ fragile, e questa pandemia non fara’ altro che acuire questa situazione. Il 27% delle donne lascia il lavoro gia’ al primo figlio, il 40,9% al primo figlio chiede un part time perche’ sconta l’assenza di welfare. Con i ritorni al lavoro dal 4 maggio in poi- di cui 72% uomini- molte donne saranno costrette ancora a casa con i figli per le scuole chiuse, cercando di lavorare in smart working ma dovendo comunque badare anche a tutto il resto”.
Ne e’ convinta anche Isa Maggi, coordinatrice e presidente degli Stati Generali delle donne, impegnata per proporre modelli economici concreti a misura di donna, che ha spiegato come “nel mondo del lavoro esista una ghettizzazione. Questa pandemia lascera’ un segno su tutti, e aggravera’ l’occupazione femminile. In questo momento per esempio, piu’ che un bonus baby sitter, sarebbe piu’ utile la creazione di micro imprese femminili, che in collaborazione con il Comune e comitati di quartiere possano aiutare le donne con i figli; di sicuro comunque anche lo smart working dovrebbe essere stabilito su fasce orarie in accordo con i tempi di una famiglia. Il dibattito sulla parita’ di genere purtroppo non rientra ancora nelle agende politiche, e lo dimostrano anche le task force del governo con pochissime donne”.
Nel corso del dibattito Roberta Bortolucci, presidente del Centro Studi Progetto Donna, ha tracciato un bilancio della vita lavorativa di una donna, spiegando che “le vite professionali uomo/donna sono molto diverse. Gli uomini solitamente hanno una linea dritta fino alla pensione, per la donna invece il processo e’ diverso, ci sono varie interruzioni come la maternita’- in alcuni casi non e’ neanche facile rientrare nel ruolo lasciato- o spesso in eta’ adulta donne che sono costrette a lasciare il lavoro per seguire i genitori ormai anziani, con una perdita economica grandissima. Le aziende infatti le hanno formate per anni e al momento della massima competenza si butta via tutto- ha spiegato Bortolucci- Oggi sappiamo che valorizzare le donne per arrivare a processi decisionali porta grandissimi vantaggi economici per societa’ ed imprese, portare piu’ donne al lavoro poi vuol dire sviluppare nuovi lavori, in vari settori. Uomini e donne sicuramente portano diverse competenze nelle imprese, e in un momento come questo in cui cambieranno tutti gli assetti e gli equilibri, le competenza femminili piu’ empatiche e di relazione potrebbero venire fuori meglio”.
Infine un punto di vista sociale/sanitario sul lockdown vissuto dalle donne. L’Associazione di promozione sociale Progetto San Giorgio con Elisabetta Fabbri, psicologa, ha creato nel territorio di Ferrara il progetto ‘Siamo con te’. “Siamo partiti a meta’ marzo per offrire potenziamento e supporto psicologico gratuito alla collettivita’ con telefonate ad un numero attivo tutti i giorni feriali e il sabato sulle problematiche connesse al Covid. Se nella prima fase c’era solo la paura sanitaria, nella fase due sono emersi disagi diversi, con un aumento delle telefonate perche’ e’ aumentato il disagio psico sociale- ha raccontato la psicologa- Secondo il Cnop il 31% italiani ha disturbi d’ansia, non dorme, soffre di attacchi panico, etc e il 60% pensa che avra’ bisogno di supporto per tornare alla vita di prima. La maggioranza di queste persone sono donne e giovani, che con maggior naturalezza e sensibilita’ sono in grado di cercare aiuto. Per quanto riguarda il nostro servizio, l’80% circa delle nostre chiamate vengono da donne, quasi tutte lavoratrici, che si trovano a gestire grandi fragilita’: sono sole, magari madri che si ritrovano a rispondere alle esigenze di tutti h24, a seguire i figli con le lezioni online, con uomini non abituati che fanno fatica ad entrare in un equilibrio fatto di esigenze diverse. Queste donne sentono di aver perso i confini personali e hanno iniziato a soffrire di ansia e panico. Ci sono poi i conflitti di coppie separate, e le libere professioniste, imprenditrici spesso sole abituate a ritmi serrati che ora sono chiuse in casa e con la paura del risvolto economico. Sono convinta che queste donne avranno la capacita’ di rialzarsi- ha concluso Fabbri- ma se non gli forniamo strumenti e spazio rischiamo un’ulteriore penalizzazione della componente femminile nel mondo del lavoro”.
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