Uno sciopero globale organizzato dalle donne di oltre 40 paesi, contro la violenza maschile in tutte le sue forme. Sarà questo l’8 marzo di quest’anno. In Italia lo sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo (lavoro di cura) è stato promosso da “Non una di meno” che già il 26 novembre hanno portato a Roma più di 200mila persone in una grande manifestazione contro la violenza sulle donne e che, il giorno seguente, si sono riunite in assemblea per l’inizio della scrittura di un piano femminista contro la violenza.
A lanciare lo sciopero delle donne oltre che “Non una di meno” anche la Women’s March, il movimento americano responsabile delle proteste contro il presidente Donald Trump dello scorso 21 gennaio, e da tanti altri gruppi di tutto il mondo. Compreso l’argentino “Ni una menos” da cui è partito il “paro internacionall”. Lo sciopero vrà modalità un po’ diverse nei vari paesi, ma l’idea di fondo è la stessa: protestare contro le forme di disuguaglianza tra uomini e donne tuttora presenti nel mondo, come il cosiddetto “gender wage gap“, cioè il divario tra gli stipendi di uomini e donne. Le donne non lavoreranno per un giorno e non faranno acquisti, in modo da rendere evidente il valore del loro lavoro e anche quello del loro ruolo di consumatrici.
Secondo i dati del Censis e dell’Ocse l’Italia è quella piazzata in modo peggiore in Europa sulle differenze di genere. Gli uomini italiani dedicano in media solo 100 minuti al giorno per aiutare le donne nei lavori domestici. Le donne percepiscono salari inferiori agli uomini sia nel settore privato (-19,6%) che nel pubblico (-3,7%). Per assolvere ai loro molteplici compiti, le donne accettano più degli uomini il part time involontario (60,3%, Italia terza dopo Grecia e Cipro).
In Italia ci saranno cortei, assemblee in piazza e in vari edifici pubblici: scuole, ospedali e università. I sindacati Usi, Slai Cobas, Cobas, Confederazione dei Comitati di Base, Usb, Sial Cobas, Usi-Ait, Usb, Sgb, Flc e Cgil hanno aderito allo sciopero, per cui la maggior parte dei servizi di trasporto saranno sospesi e anche molti insegnanti sciopereranno.
Si sciopera “per un reddito di autodeterminazione, per resistere al ricatto della precarietà, per un salario minimo europeo, perché nessuna donna, spesso migrante, sia messa a lavoro nelle case in cambio di sotto-salari e assenza di tutele”. Si parla anche della «trasformazione dei Centri Antiviolenza in servizi assistenziali» stabilita con un emendamento della Legge di Stabilità del 2015, che di fatto obbliga le donne che dopo aver subìto violenza decidono di rivolgersi al pronto soccorso ad avviare un percorso giudiziario: questa misura è stata molto criticata al momento della sua introduzione dai Centri Antiviolenza e dalle associazioni che si occupano di aiutare le donne che hanno subito violenze, poiché queste donne spesso sono riluttanti a denunciare chi abusa di loro e quindi c’è il rischio che non si facciano curare e non si rivolgano ai Centri Antiviolenza. Sempre sul tema della violenza sulle donne, le scioperanti chiederanno la piena applicazione della Convenzione di Istanbul, che è stata ratificata dall’Italia ma senza un vero recepimento.
Libere di scegliere, pronte a reagire è lo slogan di oggi e l’appuntamento è a Garbatella davanti alla Regione Lazio. Poi alle 17 tutte al corteo al Colosseo.
Source: lanuovaecologia.it