L’incertezza ha a che fare con quel bisogno continuo che proviamo di sapere cosa accadrà, in modo da poter anticipare le nostre scelte, controllare il futuro e non farci cogliere alla sprovvista. È una sensazione che muove l’uomo. È una motivazione che ci incita, per esempio, a cercare sempre conferma di ciò che pensiamo o che ci suggeriscono i nostri sensi.
Anche se cambia a seconda della sua forza e dell’ambito in cui fa la sua comparsa, per alcune persone l’incertezza può arrivare ad essere insopportabile. È a questo punto che acquisisce il suo lato “stimolante”, perché la persona che ne soffre deve agire pur di ridurla, almeno finché non rientrerà in un livello sopportabile.
Ci sono persone che tollerano l’incertezza meglio di altre. Le persone che si trovano in una situazione di forte incertezza concentrano molte risorse cognitive nella sua risoluzione, soprattutto se hanno una bassa tolleranza. Per esempio, due persone possono fare un colloquio di lavoro e avere lo stesso bisogno di ottenere quel posto, ma la persona con la minore tolleranza all’incertezza di sicuro vorrà ottenere una risposta quanto prima. Per questo motivo, potrebbe non aspettare che l’azienda la ricontatti, ma farlo lei per prima.
D’altra parte, l’incertezza può fare la sua comparsa anche quando conosciamo una persona nuova: non sappiamo com’è, e questo può causarci una certa inquietudine. Poiché le nostre risorse cognitive sono limitate, i procedimenti euristici possono essere un ottimo strumento per ridurre velocemente l’incertezza. Queste strategie per limitare la sensazione di incertezza sono efficaci, ma hanno anche delle conseguenze negative, per esempio, la tendenza a stereotipare la gente o a cadere nei pregiudizi quando paragoniamo una persona ad altre o ad un gruppo.
Che cosa scatena l’incertezza?
A seguire vi parleremo di alcune delle cause che generano incertezza. Vi sentite identificati in alcune di esse?
- Una fonte di incertezza è la contraddizione tra le aspettative ed i segnali che ci lancia la realtà. Immaginate di aver appena concluso il colloquio di cui parlavamo prima: vi sembra che sia andato molto bene, quindi ve ne andate convinti che il posto sia vostro. Tuttavia, i giorni passano e nessuno vi telefona, un segno che spesso indica che qualcun altro è stato scelto al posto vostro. La sicurezza con cui siete usciti dal colloquio, quindi, si somma a questo segnale contraddittorio, il che fa crescere la sensazione di incertezza.
- Un’altra fonte di incertezza è la contrapposizione tra il comportamento ed i valori. Quando realizziamo delle azioni che non corrispondono ai nostri valori, la nostra incertezza aumenta. Per esempio, se vi trovate in una situazione di necessità economica e andate ad un colloquio di lavoro in un’azienda che non corrisponde per niente ai vostri ideali e che non vi piace, la vostra incertezza aumenterà. Un caso di questo tipo è ben esemplificato dalla tipica scena che si vede spesso nei film: un avvocato ambientalista che si trova a dover rappresentare un’azienda che non rispetta affatto l’ecosistema. Questi comportamenti possono generare stati di incertezza ansiosa, oltre ad una dissonanza cognitiva.
- Anche l’ingiustizia sociale è un elemento che può provocare un certo livello di incertezza. Le ingiustizie che viviamo ogni giorno in prima persona oppure attraverso chi soffre più di noi possono generarci una forte incertezza se non siamo in grado di risolverle. Il nostro senso di impotenza di fronte a queste ingiustizie ci fa dubitare della nostra capacità di controllare il futuro. In situazioni del genere può fare la sua comparsa una certa attrazione per le ideologie estreme e per i gruppi che promettono di eliminare una volta per tutte quelle ingiustizie.
L’incertezza e la psicologia sociale
Dal punto di vista della psicologia sociale, l’incertezza si può interpretare in diversi modi. Uno di questi è spiegandola come un bisogno di chiusura cognitiva. Questo bisogno può essere definito come il desiderio di dare una risposta immediata ad una domanda o ad un problema il cui contenuto è, però, confuso ed ambiguo.
La teoria del bisogno di chiusura nasce da un’analisi epistemica (insieme di conoscenze che condizionano il modo di capire ed interpretare il mondo) in cui la motivazione della chiusura, o l’incertezza, soddisfano il bisogno essenziale di fermare quella costante ricerca di informazione.
Quando ci sentiamo incerti, quindi, cerchiamo delle informazioni che ci sembrino abbastanza veritiere da ridurre quella stessa incertezza. Quando le troviamo, quelle informazioni diventano una conoscenza indispensabile nella nostra vita quotidiana.
Il bisogno di chiusura cognitiva va alla ricerca della cristallizzazione e la semplificazione della stessa conoscenza. Questa ricerca di informazioni che genera conoscenza causa la comparsa della differenza tra le convinzioni di una persona o di un’altra, a seconda delle informazioni che ognuno di noi seleziona.
Per esempio, se per ridurre l’incertezza che vi causa l’attesa dei risultati del colloquio di lavoro, accettate l’idea che non vi prenderanno mai, mentre un’altra persona accetta l’idea che stiano valutando con attenzione le caratteristiche di ogni candidato, avrete idee molto diverse e sempliciste su come funziona quell’azienda. E anche le vostre aspettative, con il passare dei giorni, si affievoliranno sempre più.
Naturalmente queste convinzioni che create sul funzionamento dell’azienda possono cambiare. Anche le persone con il più alto bisogno di chiusura cognitiva possono, in alcuni casi, essere temporaneamente aperte ad altre idee, mentre cercano la loro chiusura.
Se qualche settimana dopo vi chiamano per un colloquio con un’altra azienda, poi, probabilmente direte ai responsabili che volete conoscerne in fretta l’esito. E, se anche loro non vi ricontattano subito, ricomincerete a sentirvi incerti e cercherete dei modi per ridurre questa sensazione.
In questo caso, la vostra interpretazione che siate stati scartati non vale più, perché sapete che ve l’avrebbero comunque comunicato. Il bisogno di chiusura, quindi, vi farà entrare in uno stato di “urgenza” e cercherete un’altra interpretazione plausibile, il prima possibile. Per esempio, potreste convincervi che l’azienda abbia deciso di farvi un secondo colloquio.
Una volta ottenuta la chiusura cognitiva, le persone che hanno un forte bisogno di chiusura tendono a far permanere le loro convinzioni ed i loro giudizi il più a lungo possibile, senza mai aprirsi a nuove possibilità. La nuova idea sul comportamento dell’azienda è più resistente rispetto alla prima, e non la cambierete finché non arriveranno delle informazioni che la contraddicano chiaramente, per esempio la comunicazione che non vi hanno presi.
Che cosa succede quando abbiamo un alto bisogno di chiusura?
Una volta risvegliato, il bisogno di chiusura può influire su un ampio spettro di fenomeni di gruppo. Lo scopo del bisogno di chiusura è creare una realtà condivisa e coerente con un gruppo. Se le informazioni che ci dà il gruppo non riducono il nostro bisogno, cercheremo un altro gruppo che riesca a farlo.
Le persone con un forte bisogno di chiusura cognitiva si preoccupano di ridurre l’incertezza molto velocemente, e non di farlo nel modo corretto. Per questo motivo, si formano un’opinione spesso affrettata e molto limitata delle situazioni e delle persone. Spesso basano i loro giudizi su stereotipi comuni e possono, quindi, sviluppare convinzioni errate. Cercano anche meno alternative quando arriva il momento di risolvere un problema, sono meno empatici con chi la pensa in modo diverso da loro e non sono bravi a spiegare a parole i loro pensieri agli altri.
Avere un alto bisogno di chiusura significa volere a tutti i costi superare l’incertezza, anche accettando la prima informazione che otteniamo. Da questa verranno tratte conclusioni accettate in modo convinto e difficilmente questionabili. Chi ha una bassa tolleranza all’incertezza, inoltre, predilige i contesti sociali ordinati, prevedibili e familiari.
Le credenze e le norme sociali condivise dai membri di un gruppo ci apportano certezze su com’è il mondo, come dobbiamo reagire di fronte a diverse situazioni. Per questo motivo, i gruppi sono sempre un contesto arricchente per queste persone, oltre a rappresentare la loro principale fonte di certezze e di conoscenza.