E, anche, permette di avere risposte e consigli personalizzati.
Alcune delle cose che si imparano però sono valide per la maggior parte delle persone: eccone 8, da tenere sempre ben presente (non solo al bisogno).
L’ambiente affettivo e relazionale dei primissimi anni di vita è fondamentale perchè determina, in ogni bambino, il suo modo di guardare e interpretare il mondo, il suo sentirsi al sicuro o in pericolo, la sua autostima. Genitori attenti (e sì, in particolare la madre, specialmente nei primi due anni), responsivi, permettono di crescere con un buon ottimale livello di fiducia in se stessi e negli altri, con un attaccamento sicuro. Non solo: da adulti, tendiamo a ricercare nel/nella partner le caratteristiche del genitore del sesso opposto al nostro, con tutte le conseguenze che da ciò deriva.
Riconoscere che molti meccanismi sono stati “ereditati”, comprendere che questo è successo perchè anche i genitori sono stati figli che hanno ereditato modelli e difficoltà, aiuta a far pace con il passato, ad amare in modo più consapevole le proprie radici e a proiettarsi in avanti, nella vita, con la consapevolezza che – sempre – si può cambiare. Come il contadino fa sedimentare le deiezioni animali, le “lavora” in modo che si trasformino in letame e con questo poi concima il terreno, così che crescano piante rigogliose, ricche di frutti succosi e fiori spettacolari, così noi possiamo far tesoro delle difficoltà più o meno grandi incontrate: diventano la nostra asticella da superare, il talento che siamo chiamati a sviluppare.
In alcune situazioni non riusciamo a spiegarci il comportamento degli altri: non comprendiamo perché abbiano detto o fatto questo o quello. La verità è che ciò che per uno può essere assurdo, per un altro è la normalità: dipende dall’atmosfera in cui si è cresciuti, dalle esperienze fatte. Una persona può affermare di voler andare a destra e poi, concretamente, i suoi passi lo portano a sinistra anche se ribadisce di tenersi sempre a destra. Due sono le verità da tenere sempre a mente: la prima è che ognuno di noi ha il suo vissuto, il suo modo di intendere e vivere le emozioni, le situazioni, i problemi; la seconda è che – molte volte – il pensiero e la volontà razionale sono “trasformati” da quello che si muove tra inconscio e subconscio (e può volerci molto tempo e molto lavoro personale per “vederlo”).
Fatta questa premessa, resta interessante per noi capire perché nella nostra vita abbiamo incontrato quella situazione, ci siamo ritrovati in quel contesto, in quel momento: qual è la parte utile, l’insegnamento nascosto, lo stimolo a crescere che ci è “venuto incontro”?
Ognuno di noi reagisce alle situazioni in base a come queste “risuonano” dentro. A tutti forse è capitato di dire a qualcuno: “Sto soffrendo per quello che mi hai fatto” sentendosi rispondere: “Scusa ma cosa ho fatto?”. Ognuno ha il suo vissuto: quello che una persona può vivere come un’aggressione, un’indelicatezza per un’altra non rappresenta nulla di che. Per facilitare il dialogo, quindi, meglio partire da se stessi, attenendosi ad una descrizione “giornalistica” degli eventi, per raccontare i propri sentimenti, stato d’animo. Ad esempio, dire: “quando mi hai detto questo e quello, io mi sono sentita ferita, triste, spaesata” predispone chi ci ascolta in modo diverso rispetto ad una frase accusatoria come “le tue parole mi hanno ferita”.
Se vogliamo cambiare una situazione relazionale, affettiva, la prima cosa che possiamo fare è cominciare da noi stessi: è questo il terreno di gioco più impegnativo e, al tempo stesso, l’unico su cui abbiamo responsabilità e possibilità di azione. Gli altri cambieranno, e modificheranno di conseguenza le loro scelte, i loro comportamenti, solo quando, se e come lo vorranno: rientra nel libero arbitrio e dipende dalle loro possibilità (anche se è vero, come ricorda l’approccio sistemico, che tutto è collegato: se una parte si modifica, ci sono delle buone possibilità che questo abbia un’influenza attiva e trasformativa anche sul resto).
Assumersi la responsabilità del proprio contributo (conscio o inconscio) alla situazione, del proprio sentire, pensare – senza puntare il dito contro gli altri, senza accusare – consente di creare un ambiente adatto al dialogo e al confronto.
Confrontarsi con gli altri è importante, aiuta a riflettere, a guardare le cose da nuovi punti di vista e può portare a cambiare, anche, idea. Questo diventa positivo e arricchente solo se si ha una buona consapevolezza di sé, dei propri interessi ed obiettivi.
Lasciarsi ispirare dagli altri può essere fantastico ma aderire a modelli altrui, seppur magari vincenti, ci allontana dal nostro Sè e pone le basi per una vita che diventerà, nel profondo, infelice.
Nel proprio nido sicuro, nulla di nuovo può succedere: nella vita personale, professionale, relazionale, negli interessi. Bisogna osare, provare cose nuove, frequentare luoghi diversi, aprirsi al mondo effervescente e magico delle possibilità che la vita offre.
Chi sta fermo nelle proprie abitudini e conoscenze, lentamente muore, come ricorda una poesia di Neruda. Aprirsi, provare, sperimentare – con la voglia di bene per sé e per gli altri – consente di imparare, crescere, migliorare, fare buoni incontri. Che è poi la vita.
Può capitare di non sentirsi rispettati nei propri spazi o addirittura invasi: la suocera che infastidisce e mette il becco dove non dovrebbe; il vicino che utilizza non solo i suoi spazi condominiali ma anche i tuoi; il collega di lavoro che cerca di farti le scarpe. Spesso queste situazioni si risolvono quando si prende consapevolezza del proprio “territorio”, si fissano i confini e si sceglie come, chi, se e quando gli altri possono “entrare”.
Avere consapevolezza del proprio posto (nei vari ambiti della vita) e, di conseguenza, definire i confini aumenta la forza e l’autorevolezza personale. Questo “cambio” verrà percepito anche dagli altri: magari i comportamenti inappropriati continueranno ma chi li agirà non avrà più vita facile come prima.
Uscire dalle abitudini, dai percorsi sempre fatti, dalle credenze che ci accompagnano da sempre non è banale. Una volta individuato un obiettivo, una direzione, l’attenzione deve spostarsi sul cammino: un passo alla volta. Ogni viaggio comincia con un passo. E poi viene quello successivo. E così via.
Ogni giorno, per almeno tre settimane, guardare ai passi fatti, come migliorarli, renderli più efficaci il giorno successivo (senza preoccuparsi del risultato finale).
Ogni situazione stressante richiede energie nuove, impreviste: è necessario tirare fuori i talenti non ancora utilizzati; serve uno sforzo che allena e consolida le conoscenze già acquisite; richiede un punto di vista creativo, nuovo. Per quanto sfidante, impegnativa, la si può vedere come un’opportunità e non una “sfortuna”: l’approccio con cui la si affronta fa sempre la differenza.
L’esperienza fa crescere, aiuta ad ampliare lo sguardo: queste nuove conoscenze potranno essere utilizzate successivamente in modo costruttivo, per migliorare la propria vita e quella degli altri. Senza ripetere gli stessi errori.
Source: greenme.it
L'informazione della testata giornalistica di LA7 diretta da Enrico Mentana