Si avvicina il closing per la cessione del Milan: entro il 3 marzo – data concordata con Fininvest – la holding di Berlusconi potrebbe finire in mano cinese. Fonti vicine a Sino Europe Sport (SES, il fondo guidato da Li Yonghong che sta per acquisire la società ) hanno confermato ad AgiChina che gli investitori della cordata cinese verranno in Italia entro il 3 marzo per incontrare Fininvest e chiudere l’operazione.
Chi sono i protagonisti
Il Cda ha convocato l’assemblea dei soci che nominerà la nuova dirigenza del club rossonero, con prima convocazione il primo marzo e la seconda il 3. L’intenzione di Sino Europe Sport sarebbe di chiudere in seconda convocazione. Fininvest non ha ancora reso nota la lista definitiva degli investitori, ma sembra che arriveranno da Hong Kong i soldi con cui verrà saldata la caparra: ai 200 milioni di euro già versati, se ne aggiungeranno altri 320, cui vanno sommate le garanzie bancarie, arrivando così a 700 milioni. E’ di questi giorni la notizia secondo cui il fondo SES avrebbe rimborsato il finanziamento di poco più di 100 milioni di euro (830 milioni di dollari di Hong Kong) effettuato da una holding delle Isole Vergini (Willy Shine International Holding Limited) a favore di Rossoneri Sport Investment, la società di SES registrata a Hong Kong.
Un complicato giro di soldi. Spiegato
Eppure, da mesi si rincorrono dubbi e indiscrezioni sulla solidità dell’operazione. “I cinesi assicurano che l’impegno finanziario verrà rispettato con o senza l’autorizzazione del governo”, sottolineano le fonti.
Sul ritardo del closing, slittato diverse volte, pesano vari fattori:
“In assenza delle autorizzazioni da Pechino, SES ha percorso una strada parallela – sottolineano le fonti – impegnando capitali che sono già fuori dalla Cina. Sono soldi dei medesimi investitori che compongono la cordata. Non sappiamo se appartengono a tutti i soci o solo ad alcuni di questi, ovvero coloro che avevano capitali già disponibili all’estero”.
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A pochi giorni dal closing, permangono dubbi anche sulla composizione della cordata. Molti i nomi usciti nelle ultime settimane:
Secondo quanto appreso da AgiChina, la conferma ufficiale dovrebbe arrivare a giorni e i nomi finora trapelati – “grandi nomi” – dovrebbero essere confermati. La partecipazione di Huarong (colosso finanziario pubblico con un fatturato di 11,3 miliardi di dollari) è data per certa. Inoltre il gruppo non sarebbe composto da 4-5 società, come sembrava inizialmente, bensì da almeno 8-9.
Ma sull’operazione Milan-cordata cinese si concentrano i sospetti di chi crede che dietro ci sia “fuffa”, e che il Milan rischi di diventare “un club di cioccapiatti” (“tirapacchi” in dialetto bolognese). Lo dice Alberto Forchielli, managing partner e fondatore del Fondo Mandarin, che già nel giugno scorso spiegava i suoi dubbi sulla solidità dell’acquisizione.
“I soldi per l’acquisto del Milan alla fine arriveranno da fondi offshore e non saranno gli stessi che Sino Europe Sport diceva di aver raccolto. Non sappiamo di chi siano i soldi con i quali i rossoneri stanno per essere comprati”. “Oddio, neanche prima che Sino Europe versasse la caparra a Fininvest sapevamo di chi fossero i soldi, oggi men che mai – aggiunge . Ma che non si tratti dei capitali delle stesse persone non me lo toglie dalla testa nessuno”.
Non è solo l’introduzione di controlli più stringenti sull’export di capitale ad aver reso questo affare così incerto. “L’acquisizione dell’Inter è andata liscia perché Suning è un investitore solido, credibile, e con una strategia di comunicazione efficace”, scandisce Forchielli. Ma secondo chi lavora a stretto contatto con SES, è difficile fare un confronto con l’altra squadra milanese, di cui si ignora l’intera durata dell’operazione, circolata sulla stampa a cose fatte. SES avrebbe commesso il grande errore di rendere noto l’interesse sul Milan in largo anticipo sulla tabella di marcia, alimentando aspettative. E infatti oggi la comunicazione del fondo è affidata a una società italiana.
Una cosa è certa. La mancata autorizzazione del governo cinese potrebbe mutare sostanzialmente la natura dell’acquisizione: il nulla osta di Pechino serve ad autorizzare l’esportazione del capitale e l’acquisto di quote in una società straniera. In assenza dei permessi, non si tratterà più di acquisto di quote ma di sponsorizzazione, diventando quindi un’operazione puramente commerciale. E a quel punto, addio permessi: per la legge cinese gli investitori possono portar fuori quanti capitali vogliono. “Non potranno più fare il reverse Ipo”, spiega Forchielli.
Lo schema che Sino Europe intendeva seguire prevedeva infatti la fusione con una società vuota già quotata – una “shell company” – rendendo automatica la quotazione del club rossonero per due miliardi di euro. Che rispetto ai 700 spesi per l’acquisto, era un bell’affare. Ma oggi, probabilmente costretti a concludere l’operazione con una società offshore, questo meccanismo non è più possibile. “Vari padroni con soldi arrivati da chissà dove con l’unico scopo di fare un affare”, dice ancora Forchielli, convinto che “l’unico modo per salvare i rossoneri da un futuro a tinte fosche è tenersi la caparra di Sino Europe e andare avanti con Berlusconi. E fine delle trasmissioni”.
Source: agi.it/sport
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