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25 anni di PDF, il formato più usato per presentare e scambiare documenti

Il Portable Document Format, comunemente indicato con la sigla PDF, compie 25 anni: è il formato di file sviluppato da Adobe nel 1993 per rappresentare documenti di testo e immagini in modo indipendente dall’hardware e dal software utilizzati per generarli o per visualizzarli.

Il sito TheRegister ricorda quanto raccontato da John Warnock, co-fondatore di Adobe, spiegando che il formato nacque da una dimostrazione pensata per la LaserWriter che Steve Jobs doveva presentare.

L’intuizione di Steve Jobs e di John Warnock

Il co-fondatore di Apple intuì immediatamente le potenzialità dell’accoppiata linguaggio PostScript e della LaserWriter – una delle prime laser sul mercato (presentata nel 1985) – strumenti che insieme a PageMaker, ebbero un ruolo fondamentale nell’avvio della rivoluzione del desktop publishing.

Nel 1983 John Warnock aveva lasciato la Xerox per fondare la Adobe Systems e mettere in commercio una stampante laser basata sul PostScript (un linguaggio di descrizione della pagina interpretato, particolarmente adatto per la descrizione di pagine e immagini). Jobs era al corrente del lavoro di Warnock, riuscì a trattare con lui e ottenere la licenza d’uso del PostScript dalla Adobe per produrre una stampante laser in casa Apple.

Per la presentazione della stampante, la Casa di Cupertino e Adobe volevano dimostrare le potenzialità della LaserWriter con esempi concreti. Warnock pensò che sarebbe stato grandioso mostrare la stampa di qualcosa di complesso ma familiare e programmò lui stesso il codice PostScript per ottenere la stampa del modulo per le imposte noto come IRS (Internal Revenue Service). Lavorare con il PostScript all’epoca significava programmare le varie caselle di testo, dei riquadri che dovevano comparire modulo, delle caselle di controllo e così via, elementi vari che obbligarono Warnock a creare svariate subroutine e utilities.

Per stampare la pagina creata da Warnock erano richiesti 2 minuti e 45 secondi, tempi che fecero inorridire Steve Jobs. Esaminando in seguito le linee di codice PostScript, Warnock provò un diverso approccio rendendosi conto che era possibile ridefinire alcuni operatori applicando una diversa semantica dagli originali e che era sostanzialmente possibile riprogrammare alcuni parametri e ridurre le dimensioni del file finale. Alla fine del lavoro, la nuova versione del modulo IRS poteva essere stampata in 22 secondi.

La tecnica di “appiattimento” del file era conosciuta dal team PostScript come “graph binder” (grossomodo “agglomeratore grafico”) ma rimase per diversi anni una tecnologia “dormiente” in Adobe. All’epoca a Warnock interessava essere sicuro che le stampanti PostScript si vendessero bene. A un certo punto Adobe cominciò a sperimentare altri usi del linguaggio PostScript, incluso un meccanismo per il trattamento delle immagini nell’ambito di un motore grafico denominato Display PostScript (DPS), tecnologia alla quale nessuno sembrava essere interessato tranne Steve Jobs, che decise di integrarla nei suoi computer NeXT (il sistema operativo, NeXTSTEP, lo ricordiamo, fornì le basi del nuovo sistema operativo Apple, quello che oggi conosciamo come macOS).

Un formato di interscambio

Nel 1991 con la diffusione delle reti di uffici, Warnock cominciò a pensare all’uso del graph binder per ridurre le dimensioni dei documenti pensando a un meccanismo che avrebbe reso più facile interpretarli ed eseguire il rendering tra piattaforme diverse, senza necessariamente bisogno di passare per il linguaggio PostScript. Scrisse un documento su come si sarebbe potuto arrivare a questo, battezzando il progetto “Camelot”. La tecnologia alla quale faceva riferimento Warnock era denominata “Interchange PostScript” (IPS), permetteva di superare i limiti degli allora ultra presenti fax e potenzialmente di produrre “documenti remoti” di qualità tenendo conto delle potenzialità del PostScript integrato già all’epoca in oltre 100 stampanti.

“Immaginate la possibilità di inviare documenti completi di testo e grafica (giornali, articoli di riviste, manuali tecnici, ecc.) tramite posta elettronica via rete. Questi documenti potrebbero essere visualizzati da qualunque macchina e il documento selezionato stampato localmente. Questa possibilità cambierebbe davvero il modo in cui l’informazione è gestita. Potrebbe essere possibile accedere a grandi archivi di documenti centralizzati e gestiti da stampare in remoto selettivamente. Questo permetterebbe di risparmiare milioni di dollari sui costi per l’inventario dei documenti”.

Il documento di presentazione di Warnock

Da Camelot a Carousel

Warnock presentò il concetto in pubblico a San Jose alla Seybold Conference di quell’anno, cambiando il nome della tecnologia da “Camelot” in “Carousel”, con sollievo dei promoter francesi di Adobe che non dovevano vendere un software con un nome sinonimo di “patacca”, “robaccia”. Entusiasta dai riscontri positivi, fu creato un piccolo gruppo di programmatori che crearono il prototipo del “motore” che consentiva di eseguire il rendering sul display di file “appiattati” dal graph binder. Furono poi assunti due esperti informatici chiave per ridefinire il sistema. Doug Brotz si occupò di trovare un modo per far funzionare il graph binder dentro l’interprete PostScript e gestire le varie tecnologie dei font dell’epoca (Type 1, Type 2 e Type 3); a Peter Hibbard fu affidato il compito di definire un formato di file flessibile ed estensibile, elaborando un subset del COS (“Carousel” Object Structure) per la gestione di oggetti di vario tipo.

Il frutto del loro lavoro fu presentato nel 1992 alla Comdex Fall, una delle più importanti fiere informatiche dell’epoca, ottenendo il riconoscimento “Best of Comdex”. La commercializzazione fu avviata il 15 giugno 1983 cambiando il nome di quello che ora era un pacchetto di utility in “Acrobat“. Il pacchetto comprendeva un driver per la creazione di una stampante virtuale che consentiva di creare file PostScript da qualsiasi applicazione, l’Acrobat Distiller per convertire i file PostScript nel nuovo formato di interscambio, Acrobat Exchange per convertire, visualizzare e stampare i file e Acrobat Reader solo per visualizzare e stampare. Il formato di interscambio none era più denominato IPS ma “PDF”, acronimo di “Portable Document Format”.

Finalmente era possibile creare un documento, ad esempio con Word, WordPrefect o altre applicazioni, e inviarlo a una altra persona avendo la sicurezza che poteva essere visualizzato allo stesso identico modo, anche se il destinatario non aveva il programma usato da noi.

Il formato non cominciò a diffondersi subito ma rimase almeno fino alla fine degli anni ’90 una curiosità per addetti ai lavori. Anche la strategia dei prezzi Adobe non aiutava: la versione Personal edition di Acrobat nel 1993 costava 693$, la Network edition arriva a 2495$; i colleghi che avevano bisogno semplicemente di visualizzare e stampare un file con Acrobat Reader dovevano sborsare 50$.

L’esplosione nel mondo della prestampa

Si sono susseguite nel corso degli anni varie versioni del formato di file PDF, ma la versione che cominciò a scuotere il mercato fu il PDF 1.2 (nato con Acrobat 3.0) con il supporto dello spazio colore CMYK, la gestione degli inchiostri SPOT e specifiche funzionalità per il prepress come la sostituzione delle immagini OPI (segnaposti per immagini a bassa risoluzione, automaticamente sostituite con equivalenti immagini ad alta risoluzione nella creazione delle pellicole), gestione delle impostazione dei mezzitoni, impostazioni di sovrastampa e altre funzionalità apprezzata particolarmente nel mondo del desktop publishing.

Gli sviluppatori di applicazioni per il mondo del prepress, cominciarono a creare plugin per Acrobat, il PDF era supportato dai Raster image processor (RIP) per la produzione di stampe, piccole e grandi realtà cominciarono ad accettare il PDF, formato che permetteva di avere la sicurezza di mandare in stampa ciò che il cliente vedeva sullo schermo, senza bisogno di interventi per immagini mancati, font mancanti, layout sconnessi, ecc.

Nel 1998 nel corso di un incontro a Ghent (Belgio) tra aziende di prepress si evidenziò la necessità di creare un riferimento per l’output ideale per l’elaborazione RIP e per le stampanti digitali. Nacquero gli standard PDF/X definiti dall’International Organization for Standardization (ISO). Gli standard PDF/X si applicano allo scambio di contenuti grafici. Durante la conversione PDF, il file viene verificato rispetto ai requisiti; se il PDF non è conforme allo standard ISO selezionato, viene visualizzato un messaggio che chiede all’utente di scegliere tra l’annullamento della conversione o la creazione di un file non compatibile.

Tutti possono leggerlo

Con Acrobat 3.0 arrivò anche il Reader gratuito, elemento che ha permesso la diffusione globale del formato. Oggi il formato PDF è diventato uno standard aperto incluso nella categoria ISO (International Organization for Standardization). I file PDF possono contenere collegamenti e pulsanti, campi modulo, audio, video e funzionalità di business logic. Inoltre, possono essere firmati elettronicamente e sono facili da visualizzare con il software gratuito di Adobe ma anche con reader di terze parti.

La visione di Warnock è viva e continua a evolversi. Quando salviamo un documento in formato Adobe PDF, il risultato finale corrisponde esattamente alle aspettative, mantenendo inalterati tutti i dati del file originale, anche quando testo, grafica, fogli di calcolo e altri elementi sono combinati in un unico file. Sono nate versioni per scopi speciali (ad esempio PDF/A per l’archiviazione, PDF/E per la progettazione e PDF/X per la stampa) e anche formati in grado di soddisfare vari standard di accessibilità e quindi rendere i contenuti più fruibili dalle persone diversamente abili. E pensare che tutto nacque dalla creazione di un banale modulo per pagare le tasse…

Source: www.macitynet.it

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