Con accelerazioni e decelerazioni, rimandi al domani e decisioni improvvise, attivismo dell’innovazione e pensiero creativo, si chiude un anno alla ricerca della giusta misura
Ogni anno si chiude con un pensiero a quanto abbiamo vissuto, attraversato, osservato. L’unica direzione possibile, il futuro, non ci sottrae dall’opportunità di ripercorrere questo 2017 per riflettere, tra premesse e promesse. In effetti, l’inizio dell’anno è stato tutt’altro che leggero: nelle IDC Predictions, l’avvento della Digital Economy (DX) in tutta la sua forza ci ha chiamato a nuovi ruoli, regole e responsabilità. Sono queste che sempre più vengono richieste ai manager coinvolti nei processi di trasformazione digitale. Sono le stesse che abilitano il successo. E sono sempre le stesse che entrano in gioco quando, per esempio, sistemi e processi vengono colpiti da cyberattack e bisogna intervenire in logica di crisis management. Il 2017 non ci ha risparmiato sotto questo fronte. È stato un anno bilanciato. Nonostante la velocità e le urgenze, nei primi mesi dell’anno le survey IDC hanno messo in evidenza in Europa e Italia priorità di business al confine tra il conservativo e l’innovazione. Razionalizzazione, efficienza, produttività da un lato. Sviluppi digitali ed espansione in nuovi segmenti di mercato e geografie dall’altro. Nello stesso periodo si sono mossi i passi necessari per avvicinarsi alla normativa GDPR, passando velocemente dalla consapevolezza all’esplorazione. Un notevole attivismo di partner e stakeholder nell’ecosistema ha favorito via via una crescente sensibilità nelle aziende italiane, che oggi sono attive sui vari fronti del processo di adeguamento. Il percorso non è facile e le percezioni raccolte nel corso delle indagini 2017 presso le aziende italiane ci trasferiscono ostacoli lungo uno spettro di contesti: data management, data encryption, adattamento delle security policy, education interna, mettere in atto sistemi e processi per prevenire e mitigare l’esposizione ai rischi. Vedremo gli sviluppi nel 2018. L’entrata in vigore fra pochi mesi farà da ago della bilancia. Molti osservatori hanno gli occhi puntati sul “D-day”.
Nel frattempo, tante storie ci raccontano il percorso di nuovi paradigmi quali l’IoT tra “use case” conosciuti e non. La IDC European IoT Survey 2017 evidenzia per il nostro Paese ai primissimi posti la sfera della “Customer behavior analysis and interaction”: si pensi alle sperimentazioni in ambito Retail, Banking e in generale alla trasformazione degli ambienti fisici e dei luoghi pubblici che abilitano nuovi processi grazie a tecnologie interattive. Non sorprende trovare inoltre l’ambito “asset management” tra gli altri contesti interessati da iniziative IoT: industry 4.0, digital building & facility, predictive maintenance sono solo alcuni dei principali driver di trasformazione. C’è poi un’altra sfera di iniziative, altrettanto significativa, che si fa strada sull’onda delle innovazioni che riguardano i processi di logistica, assistenza remota e distribuita di infrastrutture, fleet management, staff location, logistic management diventano use case rilevanti in molte organizzazioni che unificano e digitalizzano processi end-to-end nel proprio ecosistema. Cambiamenti significativi nel passaggio dal 2016 al 2018 che evidenziano maturità e penetrazione dell’era digitale. Non è difficile quindi immaginare che il modello di osservazione della roadmap della digital transformation – mentre si rafforza sulle 5 dimensioni che IDC ha tracciato negli anni scorsi come cardini del modello DX (vision e leadership; omnichannel; information management; operation; worksource and talent management) – evolva ora verso nuovi concetti. Si iniziano quindi a rafforzare nuovi requisiti della DX: misurazione delle performance; capacità e pratiche organizzative che incorporino il digital nel business; messa a punto di una roadmap per gli use case; disegnare una digital platform “for scale”, etc.
L’IT sta chiedendo nuove leve. Dai talenti, alle nuove competenze, a nuove pratiche. Cambiano i processi di reporting, analisi, cambia il modello IT e questo si ripercuote sul modo in cui il consumo IT si contrattualizza, si misura. Lo shift di processi e risorse verso i provider va a ridefinire un nuovo ambiente, nuovi spazi non solo infrastrutturali o applicativi. I provider intravedono nuove opportunità in questo momento, sono in grado di intercettare nuove esigenze di capacità, elasticità, flessibilità. Ma su entrambi i fronti, nuovi processi devono essere definiti, coordinati, messi in atto, da quelli commerciali a quelli amministrativi, a quelli finanziari e contrattuali. Molte parti in gioco allo stesso tavolo. Trasparenza, comunicazione, chiarezza sono indispensabili. Potrà apparire sorprendente, ma non è affatto scontata la domanda sul “perché” le aziende devono fare tutto ciò. In confronti più o meno informali, alcuni manager non nascondono la propria sincerità nel trasferire che, ancora oggi, un certo stile di management o di direzione aziendale – non sempre legato al fattore generazionale o alla velocità di cambiamento di specifici settori – non sia particolarmente consapevole o non veda di buon occhio la necessità del cambiamento a fronte degli stravolgimenti epocali che stiamo vivendo. Basti guardare non solo come le piattaforme social e il mondo interconnesso hanno stravolto gli equilibri socioeconomici. Diamo uno sguardo alle nostre strade. Sono un miscuglio di vecchio e nuovo, forse prevale ancora di più il primo, ma si stanno trasformando molto velocemente. Digital signage, veicoli e sensori intelligenti, mobilità urbana e sistemi di parcheggio intelligenti, strade e ambienti sempre più pervasi da tecnologia, tonnellate di cartone da smaltire per effetto dell’eCommerce. Consumer e customer engagement impazzano. Il bello, o il paradosso, è che il tema engagement è citato da tutte le aziende come un driver significativo del cambiamento. Le aziende sono sempre più spinte dalla necessità di affermare una maggiore rilevanza e lasciare un segno nell’esperienza dei clienti. Non a caso è al primo posto (46%) degli obiettivi che le aziende italiane segnalano in questo 2017 nella trasformazione digitale. È l’engagement che sta trascinando intere industrie, anche B2B, nella rivoluzione 4.0. Al secondo posto dei “perché” in questo 2017 le aziende italiane pongono attenzione alla ricerca della ottimizzazione delle Operations, all’eccellenza operativa come una delle chiavi per la velocizzazione e l’efficienza dei processi. Al terzo posto, fa capolino il fine ultimo dell’azienda nel mondo profit e competitivo: la generazione di flussi di revenue tramite canali e processi digitali. Siamo consapevoli di quanta strada è stata percorsa. Sappiamo anche che velocità e time-to-market sono importanti in Italia, ma dobbiamo sviluppare maggiori capacità di misurazione, governance, controllo. Sappiamo che molti sforzi possono apparire sterili, l’era digitale ci ha abituato a consumare energie non sempre portate a segno, ma è un rischio necessario. A volte serve solo a essere più consapevoli che lo sguardo deve essere ancora più avanti e in alto, per poter cogliere le sfide, collocarle nella giusta prospettiva e disegnare possibili strategie. Accade oggi. È da qui che ripartiamo verso il 2018.
Source: www.datamanager.it
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